Corte di Cassazione – S.U.P. – Sentenza 20 ottobre 2011 n. 37954. Non integra il reato di appropriazione indebita, ma mero illecito civile, la condotta del datore di lavoro che ha omesso di versare al cessionario la quota di retribuzione dovuta al lavoratore e da questo ceduta al terzo

Il testo integrale[1]

Corte di cassazione – S.U.P. – Sentenza 20 ottobre 2011 n. 37954

Così deciso le Sezioni unite penali della Cassazione, con il provvedimento del 20 ottobre 2011 n. 37954, annullando, ritenendo il  il fatto non sussistente, la precedente condanna di primo grado, confermata dalla Corte di appello di Lecce, a nove mesi di reclusione e 600 euro di multa.

Il caso

Le doglianze erano basate sul presupposto che il legale rappresentante di una società si era appropriato appropriato, per 5 mesi consecutivi, del denaro che una dipendente aveva ceduto pro solvendo ad una banca a seguito di un prestito erogatole, pur facendo figurare il prelievo in busta paga.

Però per le Sezioni Unite non ricorrendo alcuna ipotesi di conferimento di denaro ab externo, il mero inadempimento ad opera del datore di lavoro dell’obbligazione di retribuire, con il proprio patrimonio, il dipendente e di far fronte per esso o in sua vece agli obblighi fiscali, retributivi o previdenziali, non integra la nozione di appropriazione di denaro altrui richiesta per la configurazione del delitto di cui all’art. 646[2] del codice penale. Non può ritenersi responsabile di appropriazione indebita colui che non adempia ad obbligazioni pecuniarie cui avrebbe dovuto far fronte con quote del proprio patrimonio non conferite e vincolate a tale scopo.

La suprema corte afferma perciò il seguente principio di diritto

non integra il reato di appropriazione indebita, ma mero illecito civile, la condotta del datore di lavoro che ha omesso di versare al cessionario la quota di retribuzione dovuta al lavoratore e da questo ceduta al terzo”.

Sorrento  21 ottobre 2011.                                                             Avv. Renato D’Isa


[1] Testo consultabile e scaricabile dal portale giuridico del Sole24Ore – Guida al Diritto

[2] Articolo 646 – Appropriazione indebita

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni.

Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.

Si procede d’ufficio, se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle circostanze indicate nel n. 11 dell’articolo 61.

Procedibilità: a querela di parte; d’ufficio (3° comma): v., peraltro, art. 649
Competenza: Tribunale monocratico
Arresto: facoltativo.
Fermo: no
Custodia cautelare in carcere: si (ex art. 391, comma 5 c.p.p.)
Altre misure cautelari personali: si (ex art. 391, comma 5 c.p.p.)
Termine di prescrizione: 6 anni

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