Corte di Cassazione, s.u.p., sentenza 16 marzo 2017, n. 12621

Nel caso in cui l’azione di prevenzione patrimoniale prosegua o sia esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso, la confisca può riguardare non solo i beni pervenuti a titolo di successione ereditaria ma anche quelli che, la momento del decesso, erano comunque nella disponibilità del soggetto pericoloso, perché erano stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite penali

sentenza 16 marzo 2017, n. 12621

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE PENALI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo – Presidente

Dott. CONTI Giovanni – Consigliere

Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Consigliere

Dott. MAZZEI Antonella – Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);

2. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);

3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso il decreto del 08/01/2015 della Corte di appello di Roma;

visti gli atti, il decreto impugnato e i ricorsi;

udita la relazione del componente Gaetano De Amicis;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. BIRRITTERI Luigi, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto emesso in data 8 gennaio 2015 la Corte di appello di Roma, pronunciando sugli appelli proposti avverso i decreti emessi dal Tribunale di Roma nelle date del 5 maggio, 10 giugno e 14 luglio 2014, ha confermato la misura di prevenzione patrimoniale della confisca di numerosi beni nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) (rispettivamente moglie e figlia di (OMISSIS), deceduto in data (OMISSIS)), di (OMISSIS) e (OMISSIS) (genitori di (OMISSIS)), nonche’ di (OMISSIS) (fratello di (OMISSIS)).

1.1. La Corte d’appello ha posto in rilievo il fatto che l’azione di prevenzione patrimoniale era stata esercitata il 14 febbraio 2013, ossia entro il termine di cinque anni dal decesso di (OMISSIS), nei cui confronti era stato formulato, ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 1, lettera b), il giudizio incidentale di pericolosita’ cd. generica, previsto dalla vigente disposizione dell’articolo 18, comma 3, Decreto Legislativo cit., ed ancora prima dalla disposizione di cui al Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, articolo 10, modificato dalla Legge di conversione 24 luglio 2008, n. 125.

La misura della confisca, in particolare, ha avuto per oggetto sia beni acquistati per successione dalle eredi di (OMISSIS) ( (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente moglie e figlia del predetto), sia beni fittiziamente intestati in vita dal de cuius al fratello ed ai genitori, oltre a beni che questi ultimi avevano acquistato direttamente dalle eredi (OMISSIS)- (OMISSIS) (con atto formalmente dichiarato nullo dai giudici di merito), perche’ ritenuti frutto di fittizie intestazioni, in quanto espressione di una attivita’ di reimpiego, assumendo, quale indice di fittizieta’ della intestazione, la sproporzione fra i redditi di tali soggetti ed il valore degli acquisti.

Con riferimento alle intestazioni fittizie a favore del fratello e dei genitori, peraltro, la Corte di appello non ha pronunciato la formale dichiarazione di nullita’ degli atti di disposizione ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26, comma 1.

2. Avverso il suindicato decreto hanno proposto ricorso per cassazione i terzi interessati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

3. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ articolato in tre motivi.

Con il primo motivo si deduce l’erronea applicazione di legge in relazione alla violazione del divieto di retroattivita’, sul rilievo che la possibilita’ di applicare la confisca di prevenzione in modo disgiunto e’ stata introdotta soltanto a partire dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, dunque in epoca successiva al decesso di (OMISSIS).

Con il secondo motivo si censura il vizio dell’assenza o apparenza di motivazione con riferimento alla confisca dei terreni acquistati dai coniugi nell’anno 2002, non essendovi prova della ritenuta intestazione fittizia.

Con il terzo motivo si prospetta il vizio dell’assenza o apparenza di motivazione in relazione ai beni immobili acquistati dai ricorrenti nel 2013 per effetto dell’atto stipulato con le eredi (OMISSIS) e (OMISSIS), poiche’ era stata fornita prova documentale dell’effettivita’ dell’acquisto.

4. Il primo motivo dedotto a sostegno del ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ incentrato sulla medesima questione inerente al divieto di applicazione retroattiva della citata disciplina in tema di confisca cd. “disgiunta”.

Con il secondo motivo si deduce il vizio di assenza o apparenza della motivazione in relazione alla confisca dei terreni acquistati nel 2002, rivendicandosi la effettivita’ dell’acquisto e contestandosi l’esistenza di concreti elementi indicativi della fittizieta’ della relativa intestazione.

5. Con requisitoria del 5 novembre 2015 il Procuratore generale ha preliminarmente evidenziato il difetto di legittimazione sul rilievo che i difensori dei ricorrenti risultano muniti di semplice procura ad litem, non qualificabile come procura speciale ai sensi dell’articolo 100 c.p.p..

Nel merito, ha segnalato l’infondatezza del primo motivo e l’inammissibilita’ degli ulteriori due motivi, sul duplice rilievo: a) quanto al primo motivo, che le modifiche introdotte dalle L. n. 125 del 2008, e L. n. 94 del 2009, non hanno modificato la natura della confisca di prevenzione, rimanendo tuttora valida l’assimilazione dell’istituto alle misure di sicurezza, con la conseguente applicabilita’, in caso di successioni di leggi nel tempo, della regola prevista dall’articolo 200 c.p.; b) quanto alle residue doglianze, che il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione, personali e reali, e’ ammesso solo per violazione di legge e non per vizi di motivazione.

6. Con ordinanza del 9 novembre 2016, la Prima Sezione ha rimesso i ricorsi alle Sezioni Unite, prospettando, in punto di ricognizione dei contenuti precettivi della disposizione di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 18, comma 3, un contrasto interpretativo con quanto affermato dalla Sesta Sezione penale nella decisione del 16 dicembre 2015, n. 579, Rappa, Rv. 265576, con particolare riferimento al rapporto tra i destinatari formali dell’azione di prevenzione patrimoniale – ossia i successori a titolo universale o particolare – e la tipologia dei beni oggetto di potenziale sequestro e confisca.

Secondo la Sezione rimettente occorre chiarire, entro tale prospettiva, se la tipologia di confisca prevista dall’articolo 18, comma 3, possa essere estesa a tutti i beni che al momento del decesso erano riferibili al soggetto socialmente pericoloso, secondo i principi contenuti nel Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 20 e 24, ovvero se la confiscabilita’ dei beni sia limitata solo a quelli formalmente caduti in successione, “con tendenziale coincidenza (tranne l’ipotesi in cui il bene possa giuridicamente rientrare a mezzo di azione incidentale di simulazione nel compendio ereditario) dei destinatari dell’azione e della perimetrazione della confiscabilita’ dei beni, nella misura in cui dette entita’ patrimoniali siano state ricevute per successione”.

L’ordinanza di rimessione non ritiene condivisibile l’assunto secondo cui la procedura prevista dall’articolo 18, comma 3, possa svolgersi esclusivamente nei confronti dei successori ed essere destinata al recupero di beni loro pervenuti, salva la possibilita’ di trattare incidentalmente posizioni relative a beni fittiziamente intestati o trasferiti a terzi nella misura in cui, ai sensi dell’articolo 26, comma 1, Decreto Legislativo cit., risulti una dichiarazione di nullita’ dell’atto di disposizione, con rientro prioritario di detti beni nel patrimonio degli eredi ed eventuale, successiva, confisca.

Il tenore letterale della norma, infatti, muovendo da una lettura coordinata del significato da attribuire al combinato disposto del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 20, 23 e 24, destinati ad integrare in modo coerente ed organico la specifica previsione normativa della confisca disgiunta infraquinquennale, non sembra ostare all’ablazione di tutti i beni “riferibili” al de cuius al momento del decesso, siano o meno pervenuti agli intestatari per successione o attraverso una precedente intestazione fittizia.

7. Con decreto del 10 novembre 2016 il Primo Presidente ha assegnato i ricorsi alle Sezioni Unite e ne ha disposto la trattazione all’odierna udienza camerale.

8. Ad integrazione della requisitoria il Procuratore generale ha svolto ulteriori osservazioni con memoria del 1 dicembre 2016, ritenendo preferibile un’interpretazione non meramente letterale, ma logico-sistematica dell’articolo 18, che permetta di considerare successori a titolo particolare anche coloro i quali dal decesso del de cuius ricavino una ingiustificata locupletazione derivante dal mutamento della loro posizione giuridica (ossia da meri prestanome ad effettivi proprietari di beni illecitamente acquisiti), in considerazione dell’intento del legislatore di prescindere, con le novita’ introdotte nel “codice antimafia”, dal rilievo della intestazione formale del bene confiscabile a soggetti diversi dall’effettivo dominus.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Occorre affrontare per il suo carattere di pregiudizialita’ la questione, prospettata dal Procuratore generale, circa il difetto di legittimazione dei ricorrenti sul rilievo che essi, nella qualita’ di terzi intestatari di beni illecitamente acquisiti dal defunto (OMISSIS), non possono stare in giudizio personalmente, ma solo attraverso un difensore munito di procura speciale alle liti, ai sensi dell’articolo 100 c.p.p..

Al riguardo, in effetti, questa Corte (Sez. U, n. 47239 del 30/10/2014, Borrelli, Rv. 260894) ha affermato il principio secondo cui e’ inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il decreto che dispone la misura di prevenzione della confisca dal difensore del terzo interessato non munito di procura speciale ex articolo 100 c.p.p., precisando che, in tal caso, non puo’ trovare applicazione la disposizione di cui all’articolo 182 c.p.c., comma 2, per la regolarizzazione del difetto di rappresentanza. Tuttavia, la Corte ha richiamato l’esigenza di considerare non necessario il ricorso a formule sacramentali nella redazione della procura speciale, ritenendo che sia consentito interpretare l’atto, al fine di ricostruire la effettiva portata della volonta’ della parte.

Nel caso in esame, le nomine dei difensori poste in calce ai ricorsi contengono un esplicito riferimento al giudizio di legittimita’ (“per il presente procedimento di Cassazione”) e sono espresse “conferendo agli stessi ogni piu’ ampio potere previsto, al fine di meglio adempiere al proprio mandato”.

Sussiste, pertanto, una chiara ed univoca volonta’ delle parti di conferire procura speciale ai loro difensori per il presente grado di giudizio.

2. La questione di diritto per la quale i ricorsi sono stati rimessi alle Sezioni Unite puo’ sinteticamente riassumersi nei termini di seguito indicati:

“Se, a seguito dell’azione di prevenzione patrimoniale esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso nei confronti dei successori a titolo universale o particolare, la confisca possa avere ad oggetto solo i beni a questi pervenuti per successione ereditaria ovvero riguardi anche i beni che, al momento del decesso, erano nella disponibilita’ di fatto del de cuius ma fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, e, in tale ultimo caso, se sia o meno necessaria, rispetto alla confisca, la declaratoria di nullita’ dei relativi atti di disposizione, prevista dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26, comma 1”.

L’oggetto della questione, pertanto, si articola in due distinti quesiti, riguardanti: l’uno, la possibilita’ di estendere l’oggetto dell’azione di prevenzione patrimoniale, esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso, ai beni fittiziamente trasferiti o intestati in vita dal de cuius e, quindi, nella disponibilita’ indiretta di quest’ultimo fino al momento del decesso; l’altro, la necessita’ o meno che la confisca del bene del terzo sia accompagnata dalla declaratoria di nullita’ dei relativi atti di disposizione negoziale.

3. I profili centrali della questione posta all’attenzione delle Sezioni Unite (ossia, la definizione della nozione di successore a titolo universale o particolare, con la relativa delimitazione dell’oggetto della confisca, e la declaratoria di nullita’ degli atti di disposizione in caso di fittizieta’ dell’operazione), pur non esplicitamente dedotti nei motivi a sostegno dei ricorsi, integrano questioni giuridiche il cui esame risulta strettamente connesso all’oggetto del devolutum.

Nel caso in esame, infatti, risultano confiscati beni non caduti in successione, ma formalmente acquistati – prima del decesso del soggetto pericoloso – da soggetti diversi, senza che la statuizione di confisca sia stata preceduta da una espressa dichiarazione di nullita’ degli atti negoziali; mentre risulta confiscato un bene caduto in successione ma – in seguito – ceduto dagli eredi a terzi, con l’intervenuta pronuncia, in tal caso, della declaratoria di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26.

Ne discende che il tema della corretta individuazione dei profili involgenti la ricostruzione dei presupposti e dei limiti di applicazione dell’istituto disciplinato dall’articolo 26 non solo viene ad integrare una questione giuridica rilevabile d’ufficio, ma si presenta in rapporto di stretta connessione rispetto all’oggetto del giudizio di legittimita’, imponendo una affermazione di principio da parte delle Sezioni Unite, anche in ragione della diversita’ delle soluzioni al riguardo adottate dai giudici di merito.

4. Il nuovo regime normativo introdotto dal Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, consente l’adozione di misure patrimoniali sia quando il soggetto destinatario della loro applicazione muoia nel corso del procedimento di prevenzione, sia nell’ipotesi in cui cio’ avvenga prima della sua instaurazione.

Nell’un caso, il procedimento gia’ avviato nei confronti del proposto prosegue, alla sua morte, nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa (articolo 18, comma 2); nell’altro caso, invece, la proposta di confisca puo’ essere avanzata nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare del soggetto nei confronti del quale poteva essere disposta, purche’ entro il termine di cinque anni dal suo decesso (comma 3).

La formulazione letterale della disposizione che rileva nella fattispecie qui esaminata – ossia l’articolo 18, comma 3 (secondo cui “Il procedimento di prevenzione patrimoniale puo’ essere iniziato anche in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta la confisca; in tal caso la richiesta di applicazione della misura di prevenzione puo’ essere proposta nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare entro il termine di cinque anni dal decesso”) – e’ sostanzialmente sovrapponibile, sia pure con lievi variazioni lessicali, a quella del L. 31 maggio 1965, n. 575, articolo 2 ter, a seguito della modifica introdotta dal Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, articolo 10, comma 1, lettera d), n. 4, convertito dalla L. 24 luglio 2008, n. 125.

4.1. Gia’ in passato la Corte aveva raggiunto un sicuro approdo ermeneutico, affermando il principio della non caducazione della confisca per effetto della morte del proposto, se intervenuta prima della definitivita’ del provvedimento di prevenzione, a condizione che i relativi presupposti – della sua appartenenza ad un’associazione di tipo mafioso e della indimostrata legittima provenienza dei beni confiscati – fossero stati giudizialmente accertati (Sez. U, n. 18 del 17/07/1996, Simonelli, Rv. 205262).

Una linea interpretativa, questa, che ha spezzato il nesso di presupposizione tra i due tipi di misure, consentendo l’instaurazione del procedimento di prevenzione patrimoniale “disgiuntamente” dalla proposta di misure personali, fermo restando il necessario accertamento incidentale della pericolosita’ del proposto, ancorche’ non attuale.

Il principio di reciproca autonomia tra le misure personali e patrimoniali previsto dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, articolo 2 bis, comma 6 bis, nel testo modificato dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, articolo 2, comma 22 – consente di applicare la confisca anche in assenza di richieste di misure personali e, addirittura, a prescindere dal requisito della pericolosita’ del proposto al momento dell’adozione della misura, ma affida comunque al giudice il compito di verificare in via incidentale la riconducibilita’ del proposto nella categoria dei soggetti che possono essere destinatari dell’azione di prevenzione (Sez. 1, n. 5361 del 13/01/2011, Altavilla, Rv. 249800), richiedendo che tale pericolosita’ sia accertata con riferimento al momento dell’acquisto del bene oggetto della pretesa ablatoria (Sez. 6, n. 10153 del 18/10/2012, dep. 2013, Coli’, Rv. 254545; Sez. 6, n. 46068 del 25/09/2014, Di Biase, Rv. 261082).

4.2. La disposizione contenuta nel Decreto Legislativo n. 158 del 2011, articolo 18, comma 1, a sua volta, ribadisce, in coerenza con la linea di sviluppo tracciata dal legislatore, il principio di reciproca autonomia tra le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali, con la conseguenza che, nel nuovo assetto normativo, la morte del proposto non impedisce l’applicazione delle misure ablative, quand’anche sia intervenuta prima dell’adozione dei provvedimenti di sequestro e di confisca e senza che, a carico del proposto, si renda necessaria la preventiva applicazione di misure personali.

La novita’ della riforma comporta che la cessazione della pericolosita’ del soggetto (qualunque sia la ragione che non consenta di applicare la misura di prevenzione, e quindi anche la sua morte) non puo’ avere l’effetto di impedire l’aggressione del bene di colui che lo ha illecitamente acquisito quando era pericoloso. Per tali ragioni, anche a seguito della morte della persona, quel bene risulta aggredibile, prevalendo le esigenze della sua ablazione sulla terzieta’ degli aventi causa che ricevono un cespite acquisito illecitamente dal de cuius (Sez. 6, n. 10153 del 18/10/2012, dep. 2013, Coli’).

Inoltre, al fine di evitare che i successori del de cuius, che potrebbero essere del tutto estranei ai circuiti criminali, si trovino esposti sine die alla possibilita’ dell’aggressione dei beni cosi’ acquisiti, il legislatore ha previsto un lasso di tempo dal decesso del soggetto, entro il quale l’iniziativa di prevenzione patrimoniale deve essere esercitata nei loro confronti.

4.3. Lo scopo perseguito dal legislatore e’ stato individuato nell’intento di eliminare dal circuito economico, collegato ad attivita’ e soggetti criminosi, beni dei quali non venga fornita una dimostrazione di lecita acquisizione (Sez. U., n. 4880 del 26 giugno 2014, dep. 2015, Spinelli, Rv. 262604), scopo che la Corte costituzionale ha ritenuto in linea con il quadro dei principi delineato dalla Costituzione, con le sentenza n. 21 e n. 216 del 2012.

In particolare, la Corte ha escluso ogni validita’ dell’assunto secondo cui gli eredi non possono difendersi dimostrando che il bene non e’ nella disponibilita’ indiretta del proposto, “in quanto non sussiste alcuna ragione giuridica per escludere che, allo scopo di impedire la confisca, i successori possano far valere i propri diritti legittimamente acquisiti e, dunque, il fatto che i beni da confiscare neanche indirettamente appartenevano al de cuius”.

La qualita’ di successore, infatti, non preclude la possibilita’ di far valere il proprio autonomo diritto sul bene oggetto della proposta di confisca, cosi’ escludendosi ogni pericolo di vulnus al diritto di difesa e al principio del contraddittorio che deriverebbe da un giudizio formulato con riferimento ad una persona che non puo’ parteciparvi.

5. Alla luce di tali considerazioni deve ritenersi che le nozioni di “erede” e di “successore a titolo universale o particolare”, cui fa riferimento il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 18, commi 2 e 3, sono quelle proprie del codice civile, senza alcuna possibilita’ di dare rilievo all’anomala figura di erede o successore “di fatto” (Sez. 6, n. 579 del 16/12/2015, dep. 2016, Rappa, Rv. 265576).

Il legislatore, al riguardo, ha operato un consapevole richiamo a termini ed istituti che trovano specifica definizione nella pertinente disciplina civilistica, sicche’ deve escludersi alcuna interpretazione di tipo analogico.

Pur affiorando dal testo normativo talune divergenze lessicali nella formulazione delle previsioni del comma 2 (eredi o aventi causa del soggetto proposto per l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale) e dell’articolo 18, comma 3, (successori a titolo universale o particolare), il riferimento alla disciplina del codice civile consente di individuare con certezza tali figure, poiche’ se la nozione di successore a titolo universale integra quella dell’erede che subentra nella totalita’ del patrimonio de cuius, ovvero in una sua quota, la connessa definizione di successore a titolo particolare sta ad indicare la posizione di colui che subentra in uno o piu’ diritti specificamente individuati dal de cuius (il legatario), in parziale sovrapposizione con la piu’ ampia area semantica della nozione di “aventi causa”, che fa riferimento al coinvolgimento anche di terzi intestatari di beni loro trasferiti in vita dal proposto.

6. Profilo problematico diverso, ma strettamente connesso a quello esaminato, e’ il tema riguardante la estensione della confisca ai beni dal de cuius fittiziamente intestati in vita a soggetti diversi dagli eredi, nonche’ ai beni caduti in successione, ma dagli eredi trasferiti a terzi prima della proposizione dell’azione patrimoniale nei loro confronti eventualmente esercitata.

Al riguardo occorre anzitutto distinguere, anche ai fini del riparto dell’onere di allegazione, tra i soggetti chiamati in giudizio in luogo della persona che poteva essere (quando era in vita) oggetto della proposta di applicazione della misura, ossia i successori a titolo universale o particolare, e i terzi intestatari del de cuius, che tali rimangono anche dopo l’intervenuta successione.

I primi, nei cui confronti la proposta deve essere avanzata rispettando un preciso limite di sbarramento temporale nella ricorrenza dell’ipotesi prevista dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 18, comma 3, esercitano i medesimi diritti e facolta’ del proposto con riferimento ai beni per i quali sono subentrati al de cuius, essendo loro riservati “i mezzi probatori e i rimedi impugnatori previsti per il de cuius” (in forza delle citate sentenze n. 21 e n. 216 del 2102 della Corte cost.).

I secondi, invece, possono o meno coincidere con le figure dei successori: puo’ infatti accadere che il successore sia anche terzo intestatario del proposto con riferimento ad alcuni beni oggetto di determinati atti traslativi (sicche’, a seguito della morte di quest’ultimo, egli assume nel procedimento la duplice veste di erede, subentrato e citato al posto del de cuius, e di formale titolare del bene che esercita, in quanto tale, i propri diritti di terzo intestatario); cosi’ come puo’ verificarsi l’ipotesi che il terzo intestatario del de cuius sia una persona diversa dal successore e che, in forza di tale specifica qualita’, venga citato dall’autorita’ procedente.

Al riguardo, il legislatore ha opportunamente stabilito un preciso limite temporale di garanzia rispetto alla possibilita’ di avviare azioni patrimoniali sine die, delineando nella citata previsione dell’articolo 18, comma 3, un arco temporale entro cui l’iniziativa di prevenzione patrimoniale puo’ essere utilmente esercitata: da un lato, e’ stata fissata la decorrenza del termine quinquennale dalla morte della persona (dies a quo), dall’altro e’ stata individuata, quale termine finale (dies ad quem), la data di presentazione della proposta di applicazione della misura di prevenzione nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare.

Nel rispetto di tale termine, perentoriamente fissato dal legislatore quale condizione di legittimita’ dell’azione di prevenzione, e’ possibile procedere, quale che sia la fonte di acquisto, sia in relazione ai beni indicati nella proposta, sia riguardo ai beni che eventualmente vengano individuati in seguito, purche’ riferibili, direttamente o indirettamente, ad atti dispositivi del de cuius.

Ne discende, pertanto, che il successivo rinvenimento di altri beni, siano essi pervenuti ai successori ovvero a terzi intestatari del de cuius, richiede necessariamente la presentazione di un’ulteriore, autonoma, proposta di applicazione della misura patrimoniale, che puo’ ritenersi tempestiva solo se presentata entro il suindicato limite temporale (Sez. 6, n. 579 del 16/12/2015, dep. 2016, Rappa, cit.).

7. Esaminando ora i termini del contrasto interpretativo e’ significativo rilevare come la decisione da ultimo citata e l’ordinanza di rimessione approdino alle medesime conclusioni, ritenendo che la presenza, imprescindibile, dei successori a titolo universale o particolare nel procedimento di prevenzione post mortem non esclude la possibilita’ di estendere l’azione patrimoniale ai beni fittiziamente intestati dal proposto in vita a terzi.

Le due impostazioni ermeneutiche sembrano divaricarsi, invece, nella corretta individuazione del limite di confiscabilita’ dei beni dal de cuius intestati in vita a terzi.

7.1. Nella sentenza Rappa si distingue il profilo dell’individuazione dei soggetti nei confronti dei quali puo’ essere proseguita o intrapresa l’azione di prevenzione patrimoniale da quello inerente la necessita’ di accertare la reale consistenza del patrimonio ereditario, si’ da ricomprendervi quei beni impropriamente pervenuti a disposizione di terzi.

Muovendo da tale prospettiva si afferma che, nel caso di sopravvenuto accertamento di beni non individuati al momento dell’instaurazione del procedimento, e’ necessario esercitare una autonoma azione patrimoniale, soggetta anch’essa al perentorio termine fissato dall’articolo 18, comma 3, Decreto Legislativo cit..

La Corte si limita ad affermare che l’apprensione del bene del terzo non puo’ trovare alcuna legittimazione attraverso il riferimento ad una nozione atecnica di erede, ma deve fondarsi sull’accertamento dell’apparente intestazione in capo al terzo, realizzata dal proposto attraverso atti di disposizione patrimoniale passibili di nullita’ ai sensi dell’articolo 26, Decreto Legislativo cit..

Siffatta pronuncia, tuttavia, non chiarisce la portata applicativa di tale norma, ne’ esplicita la valenza pregiudiziale della declaratoria di nullita’ rispetto alla confisca.

7.2. Diversa, invece, la prospettiva seguita nell’ordinanza di rimessione, secondo cui l‘esegesi della norma deve combinarsi con la considerazione della sua dimensione finalistica, rappresentata dalla necessita’ di assicurare la confisca di tutti i beni che – a seguito di una ricognizione in contraddittorio dei relativi presupposti di legge – siano “ricollegabili” all’agire del soggetto pericoloso.

Si perviene, in tal modo, alla conclusione secondo cui le previsioni dell’articolo 18 non implicano un restringimento dell’azione di prevenzione patrimoniale ai beni ricevuti dagli eredi, poiche’ essa deve ritenersi giustificata esclusivamente dalla primaria esigenza di individuare un contraddittore valido sul tema pregiudiziale dell’accertamento della pericolosita’ del de cuius, senza condizionare il tema del recupero dei beni accumulati in vita, attraverso una prioritaria dichiarazione di nullita’ degli atti negoziali ai sensi dell’articolo 26, comma 1, Decreto Legislativo cit..

8. Poste tali premesse, e richiamate le considerazioni dianzi esposte in tema di individuazione degli elementi distintivi fra i soggetti chiamati in giudizio in luogo del de cuius, deve ritenersi che colgono maggiormente nel segno le implicazioni di ordine logico-sistematico e finalistico sottese alla linea interpretativa prospettata nell’ordinanza di rimessione, sul condivisibile rilievo che l’azione patrimoniale deve essere rapportata, in armonia con le connotazioni assunte dal nuovo regime della prevenzione, ai beni individuabili nella disponibilita’, anche di fatto, del de cuius al momento del decesso, a chiunque formalmente intestati, con l’ovvia necessita’, li’ dove si tratti di soggetti “terzi” rispetto ai successori, di disporre una integrazione del contraddittorio nelle forme indicate dall’articolo 23 d.lgs. cit. per le “altre persone interessate”.

L’azione patrimoniale, pertanto, puo’ essere orientata sui beni frutto di attivita’ illecite o che ne costituiscano il reimpiego – secondo la generale disposizione di chiusura contenuta nell’articolo 18, comma 4, che consente l’inizio o la prosecuzione del procedimento finanche nelle ipotesi di assenza, residenza o dimora all’estero del soggetto proponibile per la misura – a chiunque pervenuti o formalmente intestati dal de cuius (successori universali e particolari o terzi intestatari), coinvolgendoli nel procedimento applicativo a norma dell’articolo 18, commi 2 e 3, articolo 20, comma 1, articolo 22, comma 2, articolo 23, commi 2 e 4, articolo 24, comma 1, articolo 25, e articolo 26, comma 1: disposizioni volte a colpire, all’esito di un accertamento svolto nel rispetto del contraddittorio con tutti i soggetti interessati, l’illecita accumulazione patrimoniale fittiziamente intestata o trasferita a chiunque, ovvero a rimediarvi per l’equivalente quando cio’ non sia possibile.

8.1. Occorre prendere le mosse non solo dall’ampia nozione di disponibilita’ “a qualsiasi titolo” del bene, sia in forma diretta che indiretta, rispettivamente impiegata nell’articolo 24, comma 1, e articolo 20, comma 1, Decreto Legislativo cit., ma anche dal presupposto, chiaramente messo in rilievo nella piu’ recente elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, Spinelli, Rv. 262604), della generale confiscabilita’ dei beni che si trovino nella disponibilita’ del soggetto pericoloso al momento del decesso, e che, in quanto tali, presentano uno stigma tendenzialmente indissolubile e indipendente dalla persistenza in vita del soggetto potenziale destinatario della misura patrimoniale.

Nella stessa prospettiva si inscrive l’ampia estensione dei poteri di indagine funzionali all’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale ai sensi dell’articolo 19, Decreto Legislativo cit., che consente un’attivita’ investigativa a forma libera, non soggetta a limitazioni temporali, sia da parte degli organi titolari del potere di proposta, sia attraverso le iniziative eventualmente disposte ex officio dal tribunale durante il corso del procedimento di prevenzione: attivita’, questa, che puo’ essere svolta nei confronti di coloro che possono assumere la qualita’ di terzo intestatario e nei confronti di tutti coloro per i quali e’ possibile accertare i presupposti della operativita’ delle presunzioni previste dall’articolo 26 Decreto Legislativo cit..

8.2. Sulla base di tali considerazioni deve ritenersi che le finalita’ e l’ampia estensione dei contenuti dell’azione di prevenzione patrimoniale – indirizzata dal legislatore verso il recupero di beni la cui illecita disponibilita’ da parte del de cuius prosegue a qualsiasi titolo, dunque anche nei termini di una “signoria di fatto” (Sez. 6, n. 10153 del 18/10/2012, dep. 2013, Coli’, in motivazione), nei successori a titolo universale o particolare, ovvero nei terzi interessati ex articolo 23, Decreto Legislativo cit. – non presuppongono, ai fini della materiale apprensione, il preventivo transito temporaneo dei beni all’interno del patrimonio ereditario, ne’ possono subire limitazioni di ordine soggettivo sul piano della instaurazione del contraddittorio, non essendovi alcun rapporto di necessaria identificazione tra i destinatari formali dell’azione (i successori del soggetto indiziato di pericolosita’) e i titolari dei diritti sui beni aggredibili nel procedimento di prevenzione (da coinvolgere nel contraddittorio come parti eventuali).

Analoghe limitazioni alla proponibilita’ dell’azione devono escludersi con riferimento alla esigenza, in tesi prospettabile, di un preventivo obbligo giudiziale – dalla legge non contemplato – di declaratoria della nullita’ dell’atto dispositivo ai fini della validita’ della misura ablativa.

8.3. Problema diverso da quelli ora considerati, anche se ad essi strettamente connesso, e’ quello ipotizzato dal Procuratore generale in relazione a quelle situazioni in cui non sia formalmente individuabile un compendio ereditario, per avere la persona pericolosa gia’ provveduto a dismettere in vita l’intero suo patrimonio in favore degli stretti congiunti ovvero di terzi intestatari.

La soluzione del problema non puo’ essere quella di attribuire alle formule lessicali utilizzate nell’articolo 18 un’accezione atecnica, in grado di ricomprendere fra i successori del proposto anche i soggetti subentrati in vita a quest’ultimo nella titolarita’ apparente di determinati beni, ma va ricercata nelle possibilita’, gia’ offerte dall’ordinamento attraverso la previsione della norma incriminatrice del delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui al Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 quinquies, convertito dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, di sanzionare quelle condotte, realizzate da persone potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione e aventi ad oggetto finanche beni di lecita provenienza, che siano finalizzate a non far figurare la loro disponibilita’ di beni o di altre utilita’ fittiziamente intestate, a prescindere dalla relativa provenienza (Sez. 2, n. 13448 del 16/12/2015, dep. 2016, Zummo, Rv. 266438).

Ne’ vi e’ sovrapposizione fra la condotta incriminata – il cui disvalore si esaurisce mediante l’utilizzazione di meccanismi interpositori in grado di determinare la (solo) formale attribuzione (Sez. U., n. 8 del 28 febbraio 2001, Ferrarese, in motivazione) – ed il meccanismo delle presunzioni di fittizieta’ destinate ad agevolare le misure di prevenzione patrimoniale, poiche’ l’applicabilita’ del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26, comma 2, (e nel previgente sistema della L. n. 575 del 1965, articolo 2 ter, u.c.) non esclude la possibilita’ di configurare, eventualmente anche a titolo di concorso, nei confronti dei soggetti che partecipano alle operazioni di trasferimento o di intestazione fittizia, il reato di trasferimento di valori di cui all’articolo 12 quinquies, trattandosi di norme relative a situazioni aventi presupposti operativi ad effetti completamente differenti (Sez. 2, n. 5595 del 27/10/2011, dep. 2012, Cuscina’, Rv. 252696; Sez. 6, n. 20769 del 06/05/2014, Barresi, Rv. 259609; Sez. 6, n. 37375 del 06/05/2014, Filardo, Rv. 261656; Sez. 2, n. 13915 del 09/12/2015, dep. 2016, Scriva, Rv. 266386).

Forme di tutela, dunque, particolarmente incisive, quelle predisposte dal legislatore per colpire l’intento elusivo della esecuzione di un provvedimento, anche solo potenziale, in materia di prevenzione patrimoniale. Esse, peraltro, sono rafforzate, per un verso, dalla possibilita’ di fare ricorso alla particolare ipotesi di confisca di cui al Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 sexies, convertito dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, e, per altro verso, dalla eventuale applicazione della specifica disciplina del sequestro o confisca per equivalente di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 25, in quanto finalizzata, senza alcuna delimitazione temporale e nei confronti di qualsiasi persona venga fatta oggetto di una proposta di misura (ivi compresi gli eredi), a colpire le condotte elusive delle misure di prevenzione patrimoniale per un valore corrispondente a quello dei beni ad esse assoggettabili, finanche nelle ipotesi di legittimo trasferimento a terzi in buona fede.

9. Deve ora essere affrontata la connessa questione problematica inerente il significato da attribuire alla declaratoria di nullita’ prescritta dall’articolo 26 d.lgs. cit., la sua collocazione all’interno del procedimento di prevenzione e l’eventuale incidenza sul provvedimento di confisca.

Occorre stabilire, in particolare, se l’apprensione dei beni fittiziamente intestati o trasferiti a terzi dal soggetto indiziato di pericolosita’ debba o meno essere preceduta, quale condizione di validita’, dalla declaratoria di nullita’ dei relativi atti di disposizione negoziale.

L’articolo 26, comma 1, nel recepire il tenore letterale dell’abrogata disposizione di cui alla L. n. 575 del 1965, articolo 2 ter, per effetto delle modifiche apportate dal Decreto Legge 23 maggio 2008 n. 92, convertito dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, stabilisce, con una formulazione “aperta”, comprensiva di ogni atto che realizzi il concreto risultato di una volontaria attribuzione del bene al fine di eluderne l’apprensione statale, che “quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con il decreto che dispone la confisca il giudice dichiara la nullita’ dei relativi atti di disposizione”.

Sotto nessun profilo sembra possibile rintracciare, nella formulazione lessicale della citata disposizione, la presenza di un elemento normativo cui condizionare in senso pregiudiziale la validita’ dell’ablazione del bene apparentemente riconducibile al terzo.

Al di la’ del problematico inquadramento teorico della declaratoria prevista dall’articolo 26, e della sua utilita’ pratica, la tesi della pregiudizialita’ non solo non trova alcun seguito nella giurisprudenza e nella riflessione dottrinale, ma non sembra ricevere alcun appiglio esegetico neanche alla luce di una oggettiva analisi del dato testuale, la cui formulazione, nulla aggiungendo a quanto gia’ previsto dall’articolo 24, Decreto Legislativo cit., individua nell’accertamento giudiziale della fittizieta’ della intestazione o del trasferimento del bene il presupposto del provvedimento ablativo, contestualizzando la dichiarazione di nullita’ dei relativi atti di disposizione al momento della emissione del decreto di confisca.

Non si tratta, dunque, di una condizione di validita’ della misura patrimoniale, ma di una conseguenza scaturente dall’adozione del provvedimento ablativo, preordinata al conseguimento di finalita’ di certezza pubblica e di stabilizzazione dei rapporti giuridici, facendo salva la opponibilita’ del provvedimento ablativo ai terzi interessati cui sia stato garantito un effettivo contraddittorio all’interno del procedimento di prevenzione.

Sotto altro profilo occorre tuttavia rilevare che se, da un lato, l’effetto della declaratoria di nullita’ del trasferimento puo’ individuarsi nella sottrazione del bene, con efficacia ex tunc, dal patrimonio del fittizio intestatario – in quanto tale produttiva di un irrimediabile pregiudizio delle ragioni dei rispettivi creditori, con l’invalidita’ a cascata di tutti gli atti successivi a quello concluso fra il proposto (ovvero il successore) e l’intestatario fittizio -, dall’altro lato la portata applicativa della previsione sembra assumere una marginale incidenza pratica, ove si considerino le implicazioni sottese al formale riconoscimento della natura originaria dell’acquisto del bene confiscato, atteso che l’articolo 45, comma 1, Decreto Legislativo cit. ha previsto che “a seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi”.

In altri termini, alla disposizione dell’articolo 26 cit. e’ attribuibile una valenza meramente esplicativa, ossia di formale ricognizione “esterna”, dell’effetto di acquisizione al patrimonio dello Stato che la confisca, ove disposta nel rispetto del contraddittorio con i terzi interessati, e’ per se’ stessa in grado di produrre. Cio’ comporta, in definitiva, che, li’ dove ai terzi sia garantito il contraddittorio, la nullita’ degli atti di disposizione, anche se non espressamente dichiarata dal giudice, deve comunque intendersi come un effetto tipico del provvedimento ablativo; in assenza del contraddittorio, invece, la relativa declaratoria, quand’anche sia stata formalmente pronunziata ai sensi dell’articolo 26, Decreto Legislativo cit., risulterebbe inutiliter data.

L’omessa declaratoria di nullita’, come gia’ affermato da questa Corte, e’ priva di sanzioni processuali e non produce vizi rilevanti ai sensi dell’articolo 177 c.p.p. e ss., (Sez. 6, n. 10153 del 2013, Coli’, cit., in motivazione).

Cio’ non toglie, tuttavia, che la previsione di tale incombente processuale configuri un obbligo conseguenziale all’accertamento della fittizieta’, la cui osservanza e’ dalla legge imposta al giudice, tenuto a dichiararla, al di fuori di qualsiasi valutazione discrezionale, al ricorrere dei presupposti normativamente stabiliti (Sez. 5, n. 18532 del 19/12/2012, dep. 2013, Vitale, non mass.; Sez. 6, n. 1268 del 30/10/2013, dep. 2014, Nicastri, non mass.).

All’eventuale omissione dell’adempimento dichiarativo, peraltro, ben puo’ rimediarsi facendo ricorso, anche d’ufficio, alla procedura prevista dall’articolo 130 cod. proc. pen., non ostandovi la mancata impugnazione del pubblico ministero (Sez. 5, n. 18532 del 2013, Vitale, cit.).

10. Alle questioni sinora affrontate si ricollega quella, che pure interessa la fattispecie esaminata, attinente ai limiti della confisca dei beni trasferiti dai successori del de cuius a terzi.

Al riguardo possono configurarsi due distinte condotte distrattive da parte dell’erede: una, volta a conservare il bene nella propria disponibilita’ di fatto; l’altra, a sostituirlo con il controvalore del prezzo della sua alienazione. A tali ipotesi, peraltro, si aggiunge la variabile delle implicazioni legate al rilievo della specifica condizione soggettiva del terzo, il cui necessario apprezzamento impone di articolare con maggiore ampiezza il quadro delle possibili fattispecie.

Nel caso di accertata intestazione fittizia, nulla osta all’applicazione dell’articolo 26, comma 1, d.lgs. cit., il cui tenore letterale (a differenza della successiva previsione del secondo comma) non consente di escludere, in assenza di formali riferimenti al “proposto”, la figura del successore. Il combinato disposto dell’articolo 18, comma 3, e articolo 26, comma 1, Decreto Legislativo cit., legittima, dunque, l’apprensione del bene che si accerti essere stato dai successori del de cuius fittiziamente trasferito a terzi in mala fede, perche’ consapevoli dell’intento elusivo perseguito dal loro dante causa.

Nella diversa ipotesi in cui il successore abbia realmente alienato il bene pervenutogli dal de cuius a terzi in buona fede, sostituendolo con il controvalore di un’effettiva operazione negoziale, la fuoriuscita del cespite dal compendio ereditario ne recide radicalmente il rapporto con la sua originaria provenienza illecita, escludendone l’apprensione per effetto di un provvedimento ablativo.

Cio’, tuttavia, non comporta alcuna rinuncia all’obiettivo di colpire l’illecito arricchimento a suo tempo maturato dal de cuius, che ben potrebbe essere conseguito, ricorrendone i presupposti, attraverso il ricorso all’istituto della confisca per equivalente prevista dall’articolo 25, Decreto Legislativo cit., dovendo la stessa ritenersi applicabile, oltre che al proposto, anche ai suoi successori, i quali subentrano, in prosecuzione o per effetto di un’autonoma proposta, come destinatari dell’azione di prevenzione patrimoniale, nella posizione propria del soggetto gia’ proposto, ovvero del potenziale destinatario della misura che ne costituisce l’oggetto.

A conforto di tale opzione ermeneutica, si rileva che nella Relazione ministeriale illustrativa del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, si legge che il rischio di una lacuna normativa, al riguardo evidenziata nel parere espresso dalle Commissioni giustizia di Camera e Senato, non e’ in realta’ tale, in quanto “la confisca per equivalente e’ gia’ applicabile nei confronti di qualunque persona nei cui confronti e’ proposta la misura di prevenzione, quindi anche nei confronti degli eredi”.

11. Ulteriore questione da affrontare concerne l’ambito di applicazione delle presunzioni previste dall’articolo 26, comma 2, d.lgs. cit. (riproduttivo del disposto di cui alla L. n. 575 del 1965, articolo 2 ter, comma 13, introdotto dal Decreto Legge n. 92 del 2008, convertito dalla L. n. 125 del 2008), poiche’ nella fattispecie in esame la Corte territoriale vi ha fatto ricorso, ritenendone l’operativita’ con riferimento a taluni beni trasferiti dagli eredi a terzi (qui ricorrenti).

Occorre stabilire, in particolare, se tali presunzioni siano riferibili esclusivamente agli atti realizzati dal soggetto portatore di pericolosita’, ovvero se le stesse si estendano anche gli atti dei suoi successori.

Il quesito va risolto nel senso della prima delle alternative ora indicate.

11.1. L’articolo 26, comma 2, Decreto Legislativo cit., stabilisce, in assonanza con il meccanismo proprio dell’istituto della revocatoria fallimentare, che, ai fini di cui al comma 1, si presumono fittizi, fino a prova contraria: a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell’ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonche’ dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado; b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione.

La previsione e’ disgiunta rispetto a quella delineata nel comma 1, nel senso che alla portata generale di quest’ultima, valida per tutti i casi di interposizione fittizia, segue l’articolazione di un duplice meccanismo di presunzioni iuris tantum, operanti in relazione ad evenienze specificamente individuate dal legislatore sulla base di predeterminati limiti di ordine soggettivo e temporale, ovvero modulati sulla considerazione della peculiare tipologia dell’atto (intestazione gratuita o fiduciaria).

La particolare ampiezza della formulazione – che utilizza la dizione congiunta “trasferimenti” e “intestazioni” – sta ad indicare lo sforzo del legislatore di ricomprendervi, alla stregua dell’id quod plerumque accidit, qualunque atto idoneo a determinare la disponibilita’ formale del bene in capo ad altri, valorizzando, sul piano interpretativo, la ratio antielusiva della norma.

Sulla base di tali presunzioni, si introduce un’inversione dell’onere della prova a carico del terzo, intestatario formale, che deve dimostrare il carattere reale, non fittizio, dell’atto di disposizione, deducendo la fonte dei mezzi di pagamento o della capacita’ reddituale idonea a giustificare l’acquisto con risorse proprie e commisurate al valore del bene. Se la prova e’ fornita, la confisca non puo’ essere pronunciata perche’ il bene deve reputarsi appartenere effettivamente al terzo (anche se il proposto puo’ subire, comunque, la confisca per equivalente); se la prova non e’ fornita, il giudice ordina la confisca, perche’ il bene si presume del proposto, e dichiara la nullita’ dell’atto di trasferimento.

L’articolo 26, comma 2, lettera a), in particolare, introduce nel sistema un’ulteriore presunzione, dotata di propria autonomia, che se, da un lato, non fa venire meno quella prevista dall’articolo 19, comma 3, Decreto Legislativo cit. – relativa a determinate figure soggettive (coniuge, figli e coloro che, nell’ultimo quinquennio, hanno convissuto con il proposto) per le quali continua ad essere previsto l’obbligo delle indagini patrimoniali -, dall’altro lato, si estende su una piu’ ampia platea di soggetti (l’ascendente, i parenti entro il sesto grado e gli affini entro il quarto), per i quali sono presunte iuris tantum le operazioni intervenute a qualunque titolo, gratuito ovvero oneroso, entro un arco temporale definito nei due anni antecedenti la presentazione della proposta.

Al riguardo la Corte ha precisato che il rapporto esistente fra il proposto ed il coniuge, i figli e gli altri conviventi costituisce, pur al di fuori dei casi oggetto delle specifiche presunzioni di cui all’articolo 26, comma 2, Decreto Legislativo cit., una circostanza di fatto significativa, con elevata probabilita’, della fittizieta’ della intestazione di beni dei quali il proposto non puo’ dimostrare la lecita provenienza, quando il terzo familiare convivente, che risulta formalmente titolare dei cespiti, e’ sprovvisto di effettiva capacita’ economica (Sez. 1, n. 17743 del 07/03/2014, Rienzi, Rv. 259608; Sez. 1, n. 23520 del 05/03/2013, Sollecito, non mass.; Sez. 1, n. 19623 del 22/02/2012, Spinelli, non mass.).

Deve altresi’ rilevarsi come il meccanismo presuntivo – che nel caso degli atti a titolo oneroso si estende ai parenti sino al sesto grado ed agli affini sino al quarto, mentre per gli atti a titolo gratuito o fiduciario si applica nei confronti di tutti, anche dei terzi estranei – operi in deroga alla disposizione di cui all’articolo 24, Decreto Legislativo cit., ove in linea generale si prevede che incombe sull’accusa l’onere di provare, sulla base di elementi fattuali connotati dai requisiti della gravita’, precisione e concordanza, la sussistenza della disponibilita’ dei beni in capo al proposto (Sez. 2, n. 6977 del 09/02/2011, Battaglia, Rv. 249364).

11.2. La questione problematica in esame non e’ stata sinora specificamente affrontata dalla Corte di cassazione, anche se l’ordinanza di rimessione ha espresso riserve in merito ad una possibile interpretazione estensiva, ritenendo la norma esclusivamente riferibile agli atti realizzati dal soggetto portatore di pericolosita’.

In effetti, la ratio giustificatrice della previsione risiede essenzialmente nell’agevolazione del percorso probatorio che il giudice deve seguire nell’accertamento dell’illecito arricchimento patrimoniale del soggetto mafioso o indiziato di pericolosita’, neutralizzando quei tentativi, notoriamente diffusi in particolare nei contesti di criminalita’ organizzata, di sottrarre i beni all’azione di prevenzione instaurata a fini ablativi, attraverso intestazioni fittizie in favore di persone che si assumono depositarie della fiducia del proposto, in ragione della loro prossimita’ e vicinanza nella sfera delle relazioni familiari.

Il contenuto della disposizione, circoscritto come e’, anche nella sua formulazione letterale, alla relazione che stringe i soggetti ivi indicati al proposto, riveste una portata eccezionale, come tale non suscettibile di applicazioni analogiche o estensive, che significherebbero trasferire al rapporto fra l’erede e gli stretti suoi congiunti quella presunzione di fittizieta’ dell’intestazione che il legislatore ha inteso tipizzare e parametrare in funzione della persona del proposto e della sua accertata pericolosita’.

L’istituto della confisca post mortem nei confronti dei successori consente di assoggettare alla misura di prevenzione beni illegittimamente acquisiti dal de cuius e successivamente transitati nel patrimonio del successore, non anche i beni del successore, che, come tale, e’ terzo incolpevole rispetto al procedimento di prevenzione e alla conseguente adozione della misura ablativa.

Ne discende che, in mancanza di inequivoche indicazioni letterali, l’estensione delle presunzioni di fittizieta’ nei confronti del successore della persona indiziata di pericolosita’ non puo’ desumersi dalla ratio della previsione, che ha per scopo quello di impedire i trasferimenti elusivi del bene dalla persona pericolosa ad altri soggetti, sulla base di un ragionevole sospetto che ne colpisce i comportamenti proprio in virtu’ di questa sua peculiare condizione. Il successore, potenzialmente destinatario della misura preventiva ai sensi dell’articolo 18, non puo’ essere a sua volta sospettato di una generale intenzione elusiva, salvo non si provi la presenza di uno specifico intento fraudolento (nel qual caso potra’ trovare applicazione l’altro istituto della confisca per equivalente di cui all’articolo 25 Decreto Legislativo cit.), giacche’ la possibilita’ che egli sia sottoposto alla misura ablativa dipende da una condizione oggettiva, riconducibile al fatto di essere succeduto al de cuius nella titolarita’ del bene di originaria provenienza illecita.

Entro tale prospettiva ermeneutica, del resto, si e’ gia’ orientata questa Corte (Sez. 6, n. 10153 del 2013, Coli’, cit.), che, sia pure con riferimento alla diversa ipotesi di un trasferimento operato, sempre in ambito strettamente familiare, dall’intestatario fittizio del bene ad un terzo, ha stabilito il principio secondo cui il doppio passaggio traslativo dei beni immobili oggetto del provvedimento di confisca, in assenza di elementi dimostrativi idonei a rivelare l’oggettiva incidenza di un diretto intervento del proposto, determina l’inoperativita’ del meccanismo presuntivo delineato dalla L. n. 575 del 1965, articolo 2 ter, comma 14. Norma, questa, trasfusa nella vigente disposizione dell’articolo 26, il cui ambito di applicazione non puo’ automaticamente allargarsi fino a ricomprendere una sequela di atti traslativi la cui causa illecita non emerga sicuramente da un intervento posto in essere, nell’arco temporale ivi considerato, dal soggetto nei confronti del quale la confisca potrebbe essere disposta, se non al prezzo di una pericolosa attenuazione del necessario elemento di collegamento del bene con l’accertamento di pericolosita’ sociale del soggetto premorto.

11.3. La non operativita’ delle regole sulle presunzioni di fittizieta’ delle intestazioni e dei trasferimenti operati in favore di terzi comporta l’applicazione della disciplina generale sulla prova della disponibilita’ indiretta dei beni in capo al soggetto proposto, ovvero proponibile in quanto portatore di pericolosita’, secondo quanto prevedono le disposizioni normative di cui agli articoli 20 e 24 Decreto Legislativo cit..

Occorre provare l’esistenza di situazioni che avallino concretamente l’ipotesi del carattere puramente formale dell’intestazione e, corrispondentemente, del permanere della disponibilita’ dei beni nella effettiva ed autonoma disponibilita’ di fatto del proposto.

La disponibilita’ dei beni in capo al soggetto indiziato di pericolosita’, infatti, non e’ riconducibile, secondo una pacifica linea interpretativa (Sez. 2, n. 35628 del 23/06/2004, Palumbo, Rv. 229726; Sez. 2, n. 6977 del 2011, Battaglia, cit.; Sez. 5, n. 14287 del 23/01/2013, Savastano, non mass.), esclusivamente alla presenza di una relazione materiale o naturalistica, ma va rigorosamente accertata con riferimento a tutte le situazioni nelle quali l’utilizzo dei beni, pur formalmente schermato attraverso l’interposizione di un terzo, ricade nella sfera degli interessi economici o comunque nella signoria di fatto del proposto, che ne risulti essere l’effettivo dominus, potendone determinare la destinazione o l’impiego.

Al riguardo questa Corte (Sez. 6, n. 1268 del 2014, Nicastri, cit., in motivazione) ha affermato che il circoscritto ambito di applicazione delle presunzioni stabilite dall’articolo 26, comma 2, non comporta che, al di fuori dei presupposti di funzionamento di tali regole, i rapporti di parentela, affinita’ e convivenza ivi esplicitati siano circostanze prive di sensibile rilievo nell’ottica della declaratoria di nullita’ motivata dalla fittizieta’, ma significa solo che le stesse, lungi dal giustificare l’inversione probatoria imposta ex lege, “finiranno per costituire uno dei possibili momenti logici utili per pervenire alla possibile affermazione della interposizione senza che operi la presunzione di legge”.

In tal senso, nel novero delle situazioni concretamente rilevanti ai fini dell’individuazione del carattere puramente formale dell’intestazione possono farsi rientrare le circostanze e gli elementi indiziari piu’ diversi, come quelli inerenti alla prossimita’ delle relazioni in ambito familiare (ivi comprese quelle con le persone destinatarie delle regole presuntive fissate dall’articolo 26), ovvero ai rapporti di tipo affettivo e sentimentale, lavorativo e di collaborazione, poiche’ sintomatici, tutti, di un piu’ intenso legame che puo’ rendere particolarmente agevole l’operazione di fittizia intestazione da parte del proposto.

Ulteriori elementi indicativi ai fini dell’accertamento della disponibilita’ indiretta possono utilmente inferirsi dalla eventuale intromissione del proposto nella gestione del bene, ovvero dalla incapacita’ del terzo, sotto il profilo economico, di acquisirne la titolarita’, specie nell’ipotesi in cui il terzo intestatario non alleghi circostanze idonee a prospettare una diversa configurazione del rapporto, o una diversa provenienza delle risorse necessarie all’acquisto del bene.

Si tratta di indizi pregnanti, la cui valorizzazione all’interno del procedimento di prevenzione patrimoniale e’ ritenuta particolarmente opportuna (Sez. 6, n. 47983 del 27/11/2012, D’Alessandro, Rv. 254282; Sez. 6, n. 18807 del 30/10/2012, dep. 2013, Martino, Rv. 255091; Sez. 5, n. 20743 del 07/05/2014, D’Agostino, non mass.), poiche’ essi, specie se esaminati unitariamente, contribuiscono a formare la prova necessaria per la individuazione del reale dominus dell’operazione e la conseguente adozione del provvedimento ablativo.

Siffatto modus procedendi e’ perfettamente compatibile, del resto, con i principi che regolano la distribuzione dell’onere della prova, giacche’ non si tratta di addossare al terzo, sia esso estraneo ovvero legato da un rapporto di parentela, l’onere di provare la corrispondenza fra titolarita’ formale ed effettiva, ma di valorizzare gli elementi indiziari legittimamente acquisiti (relazione del terzo col proposto, sproporzione tra acquisti e capacita’ reddituali, intromissione del proposto nella gestione del bene) per risolvere le problematiche connesse all’accertamento della disponibilita’ indiretta (Sez. 5, n. 29137 del 15/05/2015, Masellis, non mass.).

12. In conclusione, le questioni poste dall’ordinanza di rimessione vanno risolte enunciando i seguenti principi di diritto:

“In tema di misure di prevenzione patrimoniale, le nozioni di erede e di successore a titolo universale o particolare di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 18, commi 2 e 3, sono quelle proprie del codice civile”.

“Nell’ipotesi in cui l’azione di prevenzione patrimoniale prosegua ovvero sia esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso, la confisca puo’ avere ad oggetto non solo i beni pervenuti a titolo di successione ereditaria, ma anche i beni che, al momento del decesso, erano comunque nella disponibilita’ del de cuius, per essere stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi”.

“Nell’ipotesi in cui il giudice accerti la fittizieta’ dell’intestazione o del trasferimento di beni a terzi, la declaratoria di nullita’ prevista dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26, comma 1, non e’ pregiudiziale ai fini della validita’ della confisca, ma costituisce un obbligo conseguenziale all’accertamento della fittizieta’, la cui inosservanza da parte del giudice non integra vizi rilevanti ai sensi dell’articolo 177 c.p.p. e ss., bensi’ un’omissione rimediabile, anche d’ufficio, con la procedura ex articolo 130 c.p.p.”.

“Le presunzioni di fittizieta’ previste dall’articolo 26, comma 2, Decreto Legislativo cit. si riferiscono esclusivamente agli atti realizzati dal soggetto portatore di pericolosita’ e non riguardano anche gli atti dei suoi successori”.

13. Alla stregua dei principi di diritto come sopra enunciati, puo’ procedersi all’esame dei motivi dedotti a sostegno dei ricorsi.

13.1. Il primo motivo, comune ai due atti di impugnazione ed esaminabile congiuntamente per la identita’ di contenuto, contesta l’applicabilita’ della disciplina in tema di misure di prevenzione patrimoniale nei casi di morte del proposto, sul rilievo che il decesso del soggetto “portatore di pericolosita’” si e’ verificato in epoca antecedente all’entrata in vigore della disposizione di cui al menzionato Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 18.

Il motivo e’ infondato poiche’ il contenuto precettivo della norma e’ sovrapponibile a quello della L. n. 575 del 1965, articolo 2 ter, come modificato dal Decreto Legge n. 92 del 2008, articolo 10, convertito dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, che testualmente recitava: “La confisca puo’ essere proposta, in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare, entro il termine di cinque anni dal decesso”.

Ne discende che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti (i quali ricollegano la possibilita’ di instaurare il procedimento di confisca post mortem per effetto della pericolosita’ del defunto alla successiva L. 15 luglio 2009, n. 94), la previsione in esame era gia’ in vigore alla data del decesso di (OMISSIS), avvenuto il (OMISSIS), con il logico corollario che nessun problema di retroattivita’ puo’ fondatamente porsi nel caso in esame.

Deve peraltro soggiungersi, al riguardo, che la dedotta questione di diritto intertemporale, come sottolineato nell’ordinanza di rimessione, si palesa infondata anche in relazione al quadro dei principi espressi dalle Sezioni Unite in tema di natura giuridica della confisca cd. disgiunta (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, Spinelli, Rv. 262602), secondo cui le novelle del 2008 e del 2009 non hanno modificato la natura preventiva della confisca emessa nell’ambito del procedimento di prevenzione, sicche’ rimane tuttora valida l’assimilazione dell’istituto alle misure di sicurezza e, dunque, l’applicabilita’, in caso di successioni di leggi nel tempo, della previsione di cui all’articolo 200 c.p..

13.2. Infondati devono ritenersi il secondo ed il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), poiche’ nel procedimento di prevenzione, secondo un pacifico insegnamento di questa Corte (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246), il ricorso per cassazione e’ ammesso soltanto per violazione di legge (ex articoli 10 e 27 d.lgs. n. 159 del 2011), con la conseguenza che, in tema di sindacato sulla motivazione, e’ esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimita’ l’ipotesi dell’illogicita’ manifesta di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e), potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiche’ qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dalle su citate disposizioni normative, il caso della motivazione inesistente o meramente apparente.

Nel caso in esame i ricorrenti, pur denunciando formalmente il vizio dell’assenza o apparenza di motivazione, mirano in sostanza a confutare, nell’illustrazione dei relativi profili di doglianza, le ragioni poste alla base dell’assetto motivazionale del provvedimento impugnato, nella chiara prospettiva di accreditare una diversa, ed in questa sede non consentita, interpretazione delle circostanze di fatto emerse e di togliere cosi’ valenza agli elementi posti a sostegno della misura ablativa nei loro confronti adottata.

Il decreto impugnato, di contro, pur avendo erroneamente applicato la presunzione di fittizieta’ posta dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26, comma 2, lettera a), – riferibile, come si e’ osservato, esclusivamente agli atti del proposto e non dei suoi successori -, e’ sorretto da un apparato argomentativo ineccepibile, espressivo di un insindacabile apprezzamento di merito, la’ dove ha fatto buon governo degli ordinari canoni probatori e illustrato le ragioni giustificative delle conclusioni.

13.3. Parimenti infondato, inoltre, deve ritenersi il secondo motivo del ricorso proposto da (OMISSIS), avendo la Corte territoriale ampiamente esaminato e congruamente disatteso le relative obiezioni, del tutto analoghe a quelle in questa sede reiterate.

13.4. Fatta salva la declaratoria di nullita’ gia’ pronunciata dal Tribunale per l’atto di vendita stipulato in data 22 gennaio 2013, per gli atti oggetto delle ulteriori intestazioni fittizie tale incombente non risulta formalmente adempiuto nelle decisioni di merito: alla relativa omissione, per quanto su esposto, potra’ provvedere la Corte di appello a norma dell’articolo 130 c.p.p., trattandosi di un obbligo conseguenziale all’accertamento in sede giudiziale della fittizieta’, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 26, comma 1, che presuppone una verifica in fatto dei dati disponibili.

14. Sulla base delle su esposte considerazioni i ricorsi devono essere rigettati, con le conseguenziali statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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