Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

S.U.P.

sentenza 10 giugno 2015, n. 24630

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE PENALI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANTACROCE Giorgio – Presidente

Dott. MARASCA Gennaro – Consigliere

Dott. SQUASSONI Claudia – Consigliere

Dott. CONTI Giovanni – Consigliere

Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere

Dott. BRUNO Paolo Antoni – Consigliere

Dott. MACCHIA Alberto – Consigliere

Dott. CASSANO M. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 19/06/2013 del Tribunale di sorveglianza di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

sentita la relazione svolta dal componente Margherita Cassano;

lette le conclusioni del Procuratore generale Francesco Salzano, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il 19 giugno 2013 il Tribunale di sorveglianza di Torino, investito del reclamo proposto da (OMISSIS), confermava l’ordinanza emessa, il 9 aprile 2013, dal Magistrato di sorveglianza di Cuneo che aveva rigettato l’istanza di permesso premio avanzata dal detenuto.

(OMISSIS), in calce al reclamo proposto il 14 maggio 2013, nominava quale difensore di fiducia l’avv. (OMISSIS). Cio’ nonostante, il Presidente del Tribunale di sorveglianza, contestualmente all’emissione, in data 20 maggio 2013, del decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio, designava un difensore d’ufficio nella persona dell’avv. (OMISSIS), in base all’erroneo presupposto che il (OMISSIS) non avesse scelto un legale di fiducia.

Dopo la spedizione dell’avviso dell’udienza, (OMISSIS) nominava quale codifensore di fiducia l’avv. (OMISSIS).

L’avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), detenuto nel carcere di (OMISSIS), ricevevano entrambi, il 22 maggio 2013, l’avviso dell’udienza, mentre gli avvocati (OMISSIS) ed (OMISSIS) non erano destinatari di alcuna comunicazione in proposito.

All’udienza dinanzi al Tribunale di sorveglianza l’avv. (OMISSIS) non compariva e il Tribunale nominava, quale sostituto del difensore d’ufficio, ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4, l’avv. (OMISSIS), il quale non formulava alcuna eccezione circa il mancato avviso dell’udienza ai difensori di fiducia.

2. Avverso l’ordinanza, deliberata dal Tribunale di sorveglianza il 19 giugno 2013 e depositata il successivo 21 giugno, (OMISSIS) proponeva personalmente ricorso per cassazione, eccependo la nullita’ del provvedimento per omesso avviso della udienza di trattazione del reclamo ai difensori di fiducia, avvocati (OMISSIS) ed (OMISSIS).

3. Il ricorso veniva assegnato alla Prima Sezione della Corte di cassazione che, con ordinanza del 16 dicembre 2014, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite.

4. Preliminarmente il Collegio rilevava che la questione concernente il mancato avviso all’avv. (OMISSIS) dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale appariva assorbente rispetto alla mancata comunicazione al codifensore di fiducia, avv. (OMISSIS), cui, secondo il Collegio, non spettava alcun avviso, essendo tale seconda designazione avvenuta dopo la spedizione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale (Sez. 1, n. 19442 del 23/04/2008, Errante, Rv. 240289).

4.1. Cosi’ circoscritta la questione, il Collegio osservava che l’omissione dell’avviso dell’udienza camerale all’avv. (OMISSIS) comportava, in linea di principio, la nullita’ generale del procedimento camerale e del relativo provvedimento conclusivo, in quanto l’articolo 666 c.p.p. (richiamato dall’articolo 678 c.p.p.) prevede ai commi 3 e 4 (salvi i casi contemplati dal comma 2) il procedimento camerale partecipato, ai sensi dell’articolo 127 c.p.p., con l’avviso dell’udienza alle parti e ai difensori e con l’ulteriore requisito dell’intervento necessario del difensore e del pubblico ministero. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’, le comminatorie di nullita’ di ordine generale e quelle di carattere assoluto, rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi degli articoli 178 e 179 c.p.p., trovano applicazione anche nei procedimenti camerali partecipati di esecuzione e sorveglianza per effetto della estensiva interpretazione delle suddette disposizioni generali, concernenti l’intervento e l’assistenza dell’imputato ovvero l’assenza del suo difensore.

Muovendo da tali generali e non controverse premesse in diritto, la Prima Sezione osservava che si trattava di stabilire se la nullita’ in parola avesse un carattere assoluto o, invece, intermedio con conseguente sanatoria ex articolo 182 c.p.p., per effetto dell’acquiescenza difensiva e della decadenza della parte dal diritto di far valere l’invalidita’. Evidenziava che su tale problematica esisteva un contrasto di giurisprudenza.

4.2. Secondo un primo indirizzo, la mancanza di difesa tecnica prevista dall’articolo 179, comma 1, cod. proc. si verifica non solo nel “caso estremo” del dibattimento svolto in assenza di “qualunque” difensore, ma anche nel caso in cui il difensore di fiducia, non presente perche’ non avvisato, venga sostituito dal difensore d’ufficio; di conseguenza, l’omessa notifica dell’avviso dell’udienza al difensore di fiducia deve ritenersi causa di nullita’ assoluta ed insanabile. Nell’ottica dell’articolo 179 c.p.p., comma 1, l’intervento del difensore d’ufficio e’ irrilevante, in quanto il soggetto difeso non deve essere privato del diritto di affidare la propria difesa alla persona che riscuote la sua fiducia e che abbia avuto la possibilita’ di prepararsi adeguatamente nel termine stabilito per la comparizione (Sez. 3, n. 6240 del 14/01/2009, Plaka, Rv. 242530; Sez. 1, n. 20449 del 28/03/2014, Zambon, Rv. 259614; Sez. 4, n. 7968 del 06/12/2013, dep. 2014, Di Mattia, Rv. 258615).

4.3. Alla stregua di un diverso orientamento, invece, il mancato avviso al difensore di fiducia nominato tempestivamente produce la nullita’ generale a regime intermedio di cui all’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c).

A sostegno di tale tesi viene richiamata una decisione delle Sezioni Unite che ha qualificato come nullita’ generale a regime intermedio, con conseguente possibilita’ di sanatoria in difetto di mancata tempestiva eccezione a opera della parte privata assistita o del difensore designato d’ufficio, il mancato avviso al difensore di fiducia, nominato dall’indagato detenuto ai sensi dell’articolo 123 c.p.p., dell’interrogatorio di garanzia (Sez. U, n. 2 del 26/03/1997, Procopio, Rv. 208269).

Tale decisione e’ stata richiamata da pronunce (Sez. 2, n. 34167 del 14/07/2009, Pellegrino, Rv. 245242; Sez. 2, n. 36 del 23/11/2004, dep. 2005, Medile Rv. 230225) che, in ordine all’interpretazione della locuzione “suo difensore” contenuta nell’articolo 179 c.p.p., hanno affermato che l’assenza rilevante riguarda il professionista che assicura la difesa tecnica, a prescindere dall’intervenuta nomina fiduciaria, in quanto, nel disegno del codice, le due figure sono equiparate, sicche’ il silenzio della legge in ordine ad un’eventuale differenziazione di regime giuridico depone decisivamente per l’evocazione delle figura unitaria del difensore, comprensiva sia di quello di fiducia che di quello d’ufficio. Di conseguenza, l’omesso avviso al difensore di fiducia della data fissata per l’udienza concreta indubbiamente una nullita’ di ordine generale prevista nell’articolo 178 c.p.p., in quanto attinente all’assistenza dell’imputato. Non si tratta, tuttavia, di una nullita’ assoluta, perche’ non ricompresa nella dizione dell’articolo 179 c.p.p., bensi’ a regime intermedio e, pertanto, soggetta alla disposizione di cui all’articolo 182 c.p.p., comma 2, secondo cui la nullita’ di un atto deve essere eccepita dalla parte che vi assiste prima del suo compimento ovvero, quando cio’ non e’ possibile, subito dopo, laddove il termine “parte” si riferisce tanto all’imputato che al suo difensore.

Il profilo concernente l’equiparazione tra difensore di fiducia e quello d’ufficio e’ stato affrontato da altre decisioni (Sez. 1, n. 52408 del 01/10/2014, Depalmas, n.m.; Sez. 2, n. 36 del 23/11/2004, dep. 2005, Medile, Rv. 230225), secondo cui il vigente codice di procedura penale ha profondamente innovato quello precedente e, ispirandosi all’esigenza di assicurare la concreta e efficace tutela dei diritti dell’imputato, ha attuato la sostanziale equiparazione della difesa d’ufficio a quella di fiducia. Rilevano, in proposito, che il difensore di fiducia e quello d’ufficio hanno ormai gli stessi diritti e doveri e ambedue devono tutelare l’intera situazione processuale e sostanziale dell’assistito nel superiore interesse del ministero difensivo. Osservano, altresi’, che la verifica dell’omessa citazione del difensore di fiducia non e’ sottratta al difensore d’ufficio che ha l’obbligo di assolvere con diligenza minima i propri doveri istituzionali.

4.4. L’ordinanza di rimessione, nell’aderire a tale secondo indirizzo interpretativo, argomentava che l’inosservanza delle disposizioni concernenti l’avviso al difensore di fiducia dell’imputato e la sua partecipazione all’udienza non sono oggetto di una “specifica” previsione sanzionatrice e che, pertanto, l’invalidita’ in parola deve essere ricondotta nel novero di quelle contemplate dall’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), ostando il principio di tassativita’ alla ulteriore qualificazione della stessa come assoluta.

Essa valorizza, inoltre, il tenore letterale dell’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), che connette la nullita’ assoluta all’assenza del difensore nei casi in cui ne e’ obbligatoria la presenza. Pertanto la presenza del difensore, sia esso di fiducia che d’ufficio, esclude la nullita’ assoluta.

Privo di fondamento sia grammaticale che logico-sistematico viene ritenuto l’assunto che l’aggettivo possessivo “suo” contenuto nella disposizione, siccome riferito all’imputato e connotante il nome “difensore”, valga a conferire al sostantivo il significato di difensore di fiducia.

Osserva, inoltre, che qualificando come insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento la nullita’ derivante dall’assenza del difensore di fiducia nei casi in cui ne e’ obbligatoria la presenza, si giungerebbe alla conclusione assurda e inaccettabile di escludere la nullita’ assoluta nei casi in cui, in difetto della nomina di alcun difensore di fiducia, l’udienza sia celebrata senza avviso e senza l’intervento del difensore d’ufficio, nonostante l’obbligatorieta’ dell’assistenza difensiva.

Il Collegio, pertanto, conclude nel senso che la previsione di nullita’ assoluta contenuta nell’articolo 179 c.p.p., comma 1, riguarda il caso della “oggettiva assenza” del difensore dell’imputato, a nulla rilevando che si tratti del difensore di fiducia ovvero d’ufficio. Precisando, altresi’, che negare alla invalidita’ in esame carattere assoluto non significa compromettere la tutela del diritto di scelta del difensore fiduciario, che, comunque, se violata, potra’ essere fatta valere dall’imputato, se presente, ovvero dal difensore d’ufficio.

Inoltre, sotto il profilo della necessita’ di assicurare “adeguata preparazione della difesa”, ricorda che anche il difensore d’ufficio ha il dovere professionale di preparare adeguatamente la difesa e che, comunque, la legge riconosce a quest’ultimo, all’articolo 108, comma 1, cod. proc. pen., il diritto ad un termine congruo per l’adempimento del suo ministero.

La configurazione di una nullita’ assoluta e’ prospettabile solo nel caso della “radicale e oggettiva assenza del ministero difensivo dovuto”. Nel sistema processuale, infatti, le nullita’ assolute si correlano soltanto a “patologie radicali” del processo, che, impedendone la “reale” evoluzione, ne consentono uno svolgimento solo “apparente”, senza un giudice “capace”, ovvero senza l’iniziativa del pubblico ministero, senza la citazione dell’imputato o senza la partecipazione del difensore quando questa sia obbligatoria. Ne consegue che non sono assimilabili – in quanto integranti situazioni processuali del tutto diverse, anche in relazione alla concreta incidenza sul diritto di difesa – le ipotesi di procedimento svoltosi in assenza della prescritta partecipazione di alcun difensore (e quindi senza difesa tecnica) e quelle del processo celebrato con l’intervento del difensore d’ufficio, sebbene con inosservanza delle disposizioni relative all’avviso (ed alla conseguente partecipazione) del difensore di fiducia erroneamente pretermesso.

L’opzione ermeneutica della “proliferazione” delle nullita’ assolute oltre i casi tassativamente contemplati dalle norme, estendendo l’intrinseca insanabilita’ del vizio oltre le reali ipotesi di “radicalita’ della patologia”, contraddice l’essenza stessa del processo e ne compromette gli equilibri, aprendo il varco “alla opportunistica scelta delle parti sull’an e sul quando far valere l’invalidita’ in funzione del pronostico della decisione”, in contraddizione con i canoni di economia ed efficienza processuali del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, sancito dall’articolo 111 Cost., comma 2, ultimo inciso, il quale comporta, anche a carico della difesa, l’essenziale onere dell’esercizio dei relativi diritti “nelle forme e nei tempi stabiliti dalla legge”.

5. Con decreto del 26 marzo 2015 il Primo Presidente disponeva l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, per l’esame del seguente quesito di diritto: “Se l’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato o dal condannato integri una nullita’ assoluta o, invece, una nullita’ generale a regime intermedio, che puo’ essere sanata ai sensi dell’articolo 182 c.p.p., commi 2 e 3, per effetto dell’acquiescienza del difensore d’ufficio e della decadenza della parte dal diritto di far valere l’invalidita’”.

Per la trattazione del ricorso veniva fissata l’odierna udienza in camera di consiglio.

6. Il 9 marzo 2015 l’avv. (OMISSIS), nominato nel frattempo da (OMISSIS) quale proprio difensore di fiducia, depositava un’articolata memoria difensiva con la quale criticava gli argomenti illustrati dalla Prima Sezione nell’ordinanza di rimessione a sostegno della tesi della nullita’ generale a regime intermedio.

Contestava il rilievo preminente attribuito alla partecipazione all’udienza camerale di un difensore, a prescindere dal fatto che si tratti di quello di fiducia scelto dall’interessato o di quello designato d’ufficio dal giudice, attesa l’obiettiva diversa valenza di una nomina fiduciaria rispetto a quella effettuata d’ufficio, come del resto desumibile, dalla legislazione piu’ recente (Decreto Legge 21 febbraio 2005, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 aprile 2005, n. 60).

In secondo luogo confutava il rilievo esclusivo attribuito alla sola assenza del difensore (sia esso di fiducia o di ufficio), nei casi in cui ne e’ obbligatoria la presenza, piuttosto che alla mancata partecipazione del legale specificamente designato dall’interessato, investito di un mandato fiduciario e onerato di obblighi ben piu’ intensi e pregnanti, maggiormente idonei a garantire in maniera effettiva il diritto di difesa.

Osservava, inoltre, che la compressione del valore della funzione difensiva alla solo assenza o presenza in udienza offre una visione riduttiva costituzionalmente tutelato, insensibile a cio’ che precede l’udienza stessa e che costituisce il logico presupposto del buon esito della stessa. E’, dunque, evidente che nel concetto di assenza deve ricomprendersi l’antecedente logico della citazione. Non avrebbe, del resto, alcun senso la previsione di rimedi operanti su piani diversi a favore di soggetti (imputato, ricorrente, suo difensore), la cui regolare costituzione in giudizio e’, invece, ugualmente indispensabile. L’omessa citazione del difensore scelto dall’interessato deve, pertanto, ritenersi assorbita dalla sua conseguente assenza, a fronte della quale deve operare la massima tutela anche alla luce del canone costituzionale di riferimento e di quello sovranazionale di fonte convenzionale.

In subordine prospettava questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 179 c.p.p., in riferimento all’articolo 24 Cost., comma 2, e articolo 117 Cost., in relazione all’articolo 6, par. 3, lettera c), della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il quesito sul quale le Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi e’ il seguente: “Se l’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato o dal condannato integri una nullita’ assoluta o, invece, una nullita’ generale a regime intermedio, che puo’ essere sanata ai sensi dell’articolo 182 c.p.p., commi 2 e 3, per effetto dell’acquiescenza del difensore d’ufficio e della decadenza della parte dal diritto di far valere l’invalidita’”.

2. Il Collegio preliminarmente osserva che la questione sottoposta al suo esame deve essere circoscritta al mancato avviso dell’udienza camerale all’avv. (OMISSIS), nominato da (OMISSIS) quale proprio difensore di fiducia prima dell’emissione del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza dinanzi al Tribunale di sorveglianza.

L’avviso al codifensore di fiducia, avv. (OMISSIS), non era, infatti, dovuto, atteso che la relativa nomina era intervenuta dopo l’adozione del decreto di fissazione dell’udienza camerale. A tale riguardo deve essere ribadito il principio, gia’ in precedenza affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui l’avviso di fissazione dell’udienza deve essere effettuato al difensore di fiducia dell’imputato che rivestiva tale qualita’ all’atto della fissazione dell’udienza e non anche all’avvocato che acquisti solo successivamente tale veste, in quanto con l’emissione dell’avviso si cristallizza la situazione processuale relativa agli adempimenti di cancelleria (v. Sez. U, n. 8 del 06/07/1990, Scarpa, Rv. 185438; e, tra le altre, Sez. 6, n. 18360 del 24/02/2003, D’Ottavi, Rv. 225895; Sez. 5, n. 48088 del 08/11/2004, Stefanelli, Rv. 230511; Sez. 1, n. 19442 del 23/04/2008, Errante, Rv. 240289 in tema di procedimento di sorveglianza). Pertanto, in caso di nomina formalizzata successivamente alla notificazione dell’avviso di udienza, il difensore scelto dall’imputato ha il diritto di intervenire alla stessa, ma non di essere avvisato, spettando al suo assistito informarlo della relativa data (Sez. 6, n. 27059 del 27/05/2008, Skuqi, Rv. 240582 in tema di udienza di convalida; Sez. 1, n. 20788 del 03/03/2009, Romeo, Rv. 243676).

3. Il corretto inquadramento delle problematiche sottoposte all’esame del Collegio richiede una premessa.

La Legge-Delega 16 febbraio 1987, n. 81, articolo 2, punto 96, impone nella fase di esecuzione, con riferimento ai provvedimenti concernenti le pene, “garanzie di giurisdizionalita’” consistenti nella “necessita’ del contraddittorio e nell’impugnabilita’ dei provvedimenti”.

Finalita’ del legislatore delegante e’ quindi il rispetto integrale – e senza possibilita’ di distinzioni tra le diverse misure – delle garanzie costituzionali del diritto di difesa e della tutela della liberta’ personale anche nella fase esecutiva della pena, in coerenza con il progetto rieducativo che questa sottende, nel porsi non piu’ soltanto come giusta, ma anche come utile.

La natura sostanzialmente fiduciaria del permesso e il suo carattere di premialita’ progressiva non valgono tuttavia a consentire l’esclusione del beneficio dall’ambito della esecuzione, attesa l’ampia accezione che la delega conferisce a tale categoria, indistintamente richiamandovi “i provvedimenti concernenti le pene e le misure di sicurezza” (Corte cost., sentenze, n. 188 del 1990; n. 53 del 1993).

Ne consegue che la regola processuale non puo’ difettare dei requisiti, posti come necessari, della vocatio in ius, dell’appagamento integrale dell’esigenza di contraddittorio, dell’impugnabilita’ del provvedimento (Corte cost., sent. n. 53 del 1993).

Il carattere giurisdizionale sia dei procedimenti di concessione o diniego dei permessi premio sia della procedura del reclamo davanti al tribunale di sorveglianza (Corte cost., sentenze nn. 349 del 1993, 227 del 1995, 504 del 1995, 235 del 1996) comportano che l’autorita’ giudiziaria, nel decidere il detto reclamo, debba applicare il modulo operativo delineato dal combinato disposto degli articoli 666 e 678 c.p.p., garantendo quindi il diritto di difesa e il contraddittorio.

4. Nell’ambito del procedimento di sorveglianza l’udienza costituisce il “baricentro”, in quanto in tale fase procedimentale si sviluppa e si esaurisce tutta la dialettica probatoria. Nonostante la specificita’ del rito di sorveglianza rispetto a quello piu’ generale dell’esecuzione e la peculiarita’ della “giurisdizione rieducativa”, la regolamentazione del relativo procedimento e’ racchiusa in alcune norme di carattere generale, comuni anche al procedimento di esecuzione (articolo 666, commi 5 e 9, cui va aggiunto l’articolo 185 disp. att. c.p.p.), e in una sola disposizione dedicata (articolo 678, comma 2, che impone l’acquisizione della documentazione nel caso di decisione riferita a soggetto sottoposto ad osservazione scientifica della personalita’).

Mancando, quindi, una regolamentazione apposita della fase di maggior rilievo del procedimento di sorveglianza e risultando incompleta la stessa disciplina contenuta nell’articolo 666 c.p.p. (applicabile in virtu’ dell’espresso richiamo presente nell’articolo 678 c.p.p., comma 1), e’ indispensabile, come osservato da autorevole dottrina, il ricorso ad una pluralita’ di fonti, opportunamente interpretate anche allo scopo di colmare inevitabili lacune.

Atteso che, come si evince dal combinato disposto dell’articolo 678, comma 1, e articolo 666, comma 3), l’udienza si svolge in camera di consiglio, il modello di riferimento e’ costituito dall’articolo 127 c.p.p..

Il codice di rito ha predisposto un modello generale di procedimento in camera di consiglio, descritto nell’articolo 127 c.p.p., la cui disciplina di base, diretta ad esaltare i profili di garanzia del contraddittorio orale mediante la partecipazione, eventuale, delle parti, sembra, in linea di principio, applicabile in ogni ipotesi di specie, ove non sia diversamente previsto. Nel caso in cui, quindi, in una disposizione di legge sia previsto che la decisione del giudice debba essere emessa “in camera di consiglio” e non sia diversamente stabilito, trovano applicazione per relationem la procedura e le forme di base stabilite dall’articolo 127 (Sez. U, n. 26156 del 28/05/2003, Di Filippo, Rv. 224612-13). Innegabilmente all’interno del sistema – il quale spesso denuncia una tecnica legislativa frammentaria ed eterogenea – si atteggiano variamente, oltre al modello camerale tipico delineato dall’articolo 127 c.p.p., schemi procedimentali atipici, a seconda del differente grado di garanzia del contraddittorio che in essi e’ assicurato. Nel caso in esame, l’articolo 666 c.p.p., comma 4, delinea un modello camerale a contraddittorio orale necessario, per il quale e’ prevista un’obbligatoria partecipazione all’udienza delle parti tecniche (pubblico ministero e difensore), mentre la partecipazione dell’interessato, per dichiarate ragioni organizzative, e’ soggetta alle regole fissate dall’articolo 127 c.p.p., commi 3 e 4.

5. Posta, quindi, l’obbligatorieta’ della partecipazione del difensore alla camera di consiglio che si celebra dinanzi al tribunale di sorveglianza, si tratta di stabilire quali conseguenze derivino dal mancato avviso di un’udienza camerale al difensore di fiducia, tempestivamente nominato dal condannato in data anteriore al provvedimento di fissazione dell’udienza, e dalla partecipazione all’udienza, ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4, di un difensore immediatamente reperibile, in sostituzione di quello d’ufficio – nominato sulla base dell’erroneo presupposto della mancata scelta fiduciaria – ritualmente avvisato, che non eccepisca la nullita’. Cio’ che viene in rilievo e’, pertanto, il “collegamento” tra omesso avviso al difensore di fiducia e la sua assenza nei casi in cui la presenza del difensore sia prevista dal legislatore come necessaria, al fine di valutare se l’ipotesi di nullita’ assoluta prevista dall’articolo 179 c.p.p., riguardi soltanto la celebrazione di un’udienza senza “alcun” difensore o, anche, quella dell’udienza svolta alla presenza di “altro” difensore, diverso da quello nominato dall’imputato e, per mero errore, non regolarmente avvisato. Si tratta in particolare di stabilire se “l’assenza” cui si riferisce la norma citata sia da riferire soltanto a chi “doveva essere presente perche’ nominato”, ma non e’ stato avvisato.

6. Il Titolo VII del Libro I del codice di rito ha ridisegnato in maniera significativa la normativa generale sul difensore, quale soggetto del processo, mediante tredici articoli, tutti caratterizzati da una netta opzione in favore dell’indisponibilita’ della difesa tecnica, che si connota non solo come diritto, ma anche come garanzia di ordinamento, e racchiude distinti profili, tra loro complementari.

Alcune disposizioni declinano la difesa tecnica come diritto di disporre di un difensore, scelto liberamente dall’interessato o, in mancanza di designazione fiduciaria, nominato d’ufficio dal giudice (articolo 96, articolo 97, comma 4, articolo 102, articolo 107, comma 4) che possa svolgere la sua attivita’ con carattere di stabilita’ lungo l’intero arco del processo, finche’ duri il rapporto fiduciario sotteso alla sua nomina oppure – in caso di difensore d’ufficio – in base ai criteri oggettivi che presiedono alla sua individuazione. Vengono al riguardo in rilievo le seguenti disposizioni: articolo 96, in tema di nomina; articolo 107, comma 4, che attribuisce all’interessato facolta’ di revoca in ogni momento; articolo 97, comma 4, e articolo 102 relativi alla sostituzione del difensore; articolo 97, comma 5, che sancisce l’immutabilita’ del difensore d’ufficio.

Altre norme delineano l’aspetto dinamico-funzionale della difesa tecnica, garantendo la sua effettivita’, agevolandone l’esercizio e tutelando la liberta’ del difensore (articoli 103, 105 e 107 c.p.p.). Sono riconducibili ai primi due profili l’articolo 97 c.p.p., articolo 26 disp. att. c.p.p., comma 2, articoli 28, 29, 30 e 31 disp. att. c.p.p., in tema di difesa d’ufficio, l’articolo 99 c.p.p., che estende al difensore le facolta’ e i diritti riconosciuti dalla legge all’imputato, l’articolo 106 c.p.p., relativo all’incompatibilita’ della difesa di piu’ imputati nello stesso procedimento, l’articolo 108 c.p.p., che assicura il diritto ad un termine a difesa per il nuovo difensore in caso di rinuncia, revoca, incompatibilita’ e abbandono, l’articolo 104 c.p.p., che regola i colloqui tra difensore e imputato (o indagato) detenuto, l’articolo 105 c.p.p., che configura come illecito disciplinare l’abbandono della difesa.

S’inquadrano nell’esigenza di tutela della liberta’ del difensore l’articolo 103 c.p.p., in tema di liberta’ domiciliare, di corrispondenza o di documentazione difensiva, quali pre-condizioni di riservato svolgimento dell’attivita’ difensiva, articolo 105 c.p.p., commi 1 e 3, che riserva ai Consigli dell’ordine forensi la cognizione degli illeciti disciplinari in tema di abbandono o rifiuto della difesa, l’articolo 107 c.p.p., che assicura al difensore nominato di fiducia la facolta’ di non accettare l’incarico e, una volta accettato, di rinunciarvi.

Il complesso delle disposizioni sinora richiamate e’ accomunato da una trama unitaria, ossia la configurazione della difesa tecnica come un diritto che non soffre, in linea di principio, alcuna limitazione in rapporto alle fasi procedimentali e che si atteggia, in primo luogo, come liberta’ di scegliere un difensore di fiducia.

7. Una conclusione del genere e’ avvalorata dalla lettura logico-sistematica degli articoli 96 e 97 c.p.p., che regolano la difesa tecnica, il ruolo e la funzione del difensore.

L’articolo 96, che precede significativamente l’altro, nel disciplinare l’atto di investitura del difensore di fiducia, delinea quale paradigma normativo la libera scelta dell’avvocato da parte dell’imputato. L’articolo 97, comma 1, a sua volta, prevede la designazione del difensore d’ufficio solo in via residuale, qualora l’imputato non abbia nominato un difensore di fiducia o ne sia “rimasto privo” (v. articolo 96, comma 1, riferito ai casi di definitiva cessazione dell’assistenza fiduciaria per revoca, rinuncia, morte, ecc.) e, in tale ottica, stabilisce che essa avvenga o per effetto di un provvedimento dell’autorita’ giudiziaria o, in taluni casi, della sua collocazione in appositi elenchi e della individuazione all’interno di essi. Il ricorso al difensore d’ufficio interviene, quindi, quando l’imputato non ne ha nominato uno di fiducia o ne e’ rimasto privo (commi 1 e 3). La previsione segnala, quindi, la sussidiarieta’ della difesa d’ufficio, considerato che essa opera subordinatamente all’assenza di un’opzione fiduciaria e che la presenza del difensore d’ufficio si pone non quale alternativa, bensi’ come ipotesi subordinata alla reale mancanza del difensore di fiducia (Sez. U, n. 39414 del 30/10/2002, Arrivoli, Rv. 222554; Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, Clemenzi, Rv. 234905; Sez. U, n. 39060 del 16/07/2009, Aprea, Rv. 244187) o al suo venire meno. Tale carattere e’ ribadito dalla regola secondo cui la difesa d’ufficio cessa quando la parte nomina un professionista di sua scelta.

In coerenza con questa impostazione sistematica, l’articolo 97, comma 4, nel pieno rispetto del principio di immutabilita’ della difesa (Sez. U, n. 22 del 11/11/1994, Nicoletti, Rv. 199398; Sez. U, n. 35402 del 09/07/2003, Mainente, Rv. 225362), limita la possibilita’ di designare come sostituto un difensore immediatamente reperibile ai soli casi – specificamente indicati e insuscettibili di interpretazione estensiva – in cui il legale dell’imputato non e’ stato reperito, non e’ comparso o ha abbandonato la difesa o a fattispecie che presuppongo un avviso regolarmente dato. La ratio dell’articolo 97 c.p.p., non risiede soltanto nell’esigenza di adempiere ad un presupposto “formale” previsto dal legislatore per la regolarita’ di molti passaggi procedurali, ma nella necessita’ di assicurare l’effettivita’ del diritto di difesa (Corte cost., ord. n. 219 del 2004; sent. n. 148 del 2005). Anche la disciplina contenuta nelle disposizioni di cui agli articoli 28 e 29 disp. att. c.p.p. – riguardanti, rispettivamente, gli obblighi di comunicazione “senza ritardo” del nominativo del difensore, da parte dell’autorita’ giudiziaria all’imputato e i criteri di individuazione dei professionisti nominabili – sono espressione del suddetto principio di effettivita’ che deve caratterizzare anche la difesa d’ufficio.

Con specifico riguardo al difensore di fiducia, la nomina di un sostituto si giustifica con il fatto che la mancata comparizione non puo’ far presumere di per se’, in assenza di altri elementi obiettivi di segno contrario, la cessazione del rapporto fiduciario. In difetto di revoca del difensore di fiducia, resta ferma la titolarita’ del diritto di difesa dell’avvocato originariamente scelto dall’imputato che, una volta cessata la situazione che aveva dato luogo alla sostituzione, riprende il suo ruolo automaticamente (Sez. 2, n. 47978 del 19/11/2004, Elia, Rv. 231278; Sez. 3, n. 26076 del 13/03/2007, Shehu, Rv. 237201).

L’introduzione della figura del sostituto del difensore d’ufficio e’ anch’essa ispirata al medesimo principio di immutabilita’ della difesa.

Il tenore letterale e logico-sistematico dell’articolo 97, comma 4, rende, quindi, evidente che tutte le ipotesi di sostituzione da esso disciplinate presuppongono, in ogni caso, un regolare avviso e che una sostituzione effettuata in assenza delle condizioni di legge e’ illegittima, in quanto, da un lato, confligge con il principio d’immutabilita’ del difesa e, dall’altro, pregiudica l’attivita’ preparatoria della difesa, imprescindibile in un processo di parti.

8. Alla stregua delle argomentazioni sinora svolte deve essere affermato il seguente principio di diritto: “La nomina di un sostituto processuale del difensore di fiducia scelto dall’imputato o del difensore d’ufficio designato dal giudice presuppone un regolare avviso ai titolari del diritto di difesa ed e’ consentita solo nelle ipotesi tassativamente elencate dall’articolo 97 c.p.p., comma 4”.

9. Nel caso in esame, la designazione, da parte del Presidente del Tribunale di sorveglianza di Torino, dell’avv. (OMISSIS) quale difensore d’ufficio di (OMISSIS) e’ illegittima per assenza dei presupposti stabiliti dall’articolo 96 c.p.p., comma 1, avendo il detenuto scelto, quale suo difensore di fiducia, l’avv. (OMISSIS) con dichiarazione espressa apposta in calce all’atto di reclamo.

E’, altresi’, illegittima, per assenza della precondizione del regolare avviso al difensore di fiducia, tempestivamente nominato, della data di celebrazione dell’udienza camerale dinanzi al Tribunale di sorveglianza, nonche’ del presupposto per la nomina di un sostituto processuale ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4.

10. Posto che anche nei procedimenti camerali partecipati di esecuzione e di sorveglianza trovano applicazione le comminatorie di nullita’ di ordine generale e quelle di carattere assoluto, rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, concernenti l’intervento e l’assistenza dell’imputato ovvero l’assenza del suo difensore, si tratta di stabilire se la nullita’ verificatasi nel caso in esame abbia carattere assoluto o, invece, intermedio, con conseguente sanatoria ex articolo 182 c.p.p., per effetto dell’acquiescenza difensiva e della decadenza della parte dal diritto di far valere l’invalidita’.

Sulla questione si registra un contrasto interpretativo.

10.1. Un primo orientamento ritiene che possa parlarsi di assenza della difesa tecnica non solo nei casi in cui all’udienza non partecipi alcun difensore (sia esso di fiducia o di ufficio), ma anche qualora il difensore, non presente in quanto non avvisato, venga sostituito dal difensore d’ufficio. Non esiste, infatti, equipollenza tra il difensore di fiducia e quello d’ufficio, non potendosi privare la persona interessata del diritto di scegliere un avvocato di sua fiducia e di preparare tempestivamente la sua difesa.

Pertanto la nullita’ assoluta derivante dal mancato avviso dell’udienza al difensore di fiducia, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 179 c.p.p., comma 1, e articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), non puo’ essere sanata dall’intervento del difensore d’ufficio (tra le piu’ recenti, Sez. 3, n. 6240 del 14/01/2009, Plaka, Rv. 242530; Sez. 1, n. 43095 del 11/11/2011, Mastrone, Rv. 250997; Sez. 3, n. 46714 del 11/10/2012, Ermonsele, Rv. 253873; Sez. 4, n. 7968 del 06/12/2013, dep. 2014, Di Mattia, Rv. 258615, Sez. 1, n. 20449 del 16/05/2014, Zambon, Rv. 259614; Sez. 1, n. 6392 del 05/11/2014, dep. 2015, Di Palma, n.m.).

10.2. Un diverso indirizzo, valorizzando il tenore letterale dell’articolo 179 c.p.p., e, in particolare, l’espressione “assenza del suo difensore” ivi contenuta, argomenta che la disposizione in esame fa riferimento indistinto e promiscuo tanto al difensore d’ufficio che a quello di fiducia e che, in tale ottica, l’assenza rilevante e’ quella del professionista che assicura la difesa tecnica, a prescindere dalla specifica qualita’ che egli riveste, atteso che, nel disegno del codice, le due figure sono equiparate e riconducibili ad una figura unitaria. Si osserva, inoltre, che il difensore di fiducia e quello d’ufficio hanno gli stessi diritti e doveri e che ambedue devono tutelare l’intera situazione processuale e sostanziale dell’assistito nel superiore interesse del ministero difensivo. Anche il difensore d’ufficio ha l’obbligo di assolvere con diligenza minima i suoi doveri istituzionali ed e’, pertanto, tenuto a verificare l’omessa citazione del difensore di fiducia (Sez. 2, n. 36 del 23/11/2004, dep. 2005, Medile, Rv. 230225; Sez. 2, n. 34617 del 14/07/2009, Pellegrino, Rv. 245242).

Si aggiunge che, in relazione all’inosservanza delle disposizioni delle disposizioni concernenti l’avviso al difensore di fiducia dell’imputato e la sua partecipazione all’udienza manca una specifica previsione sanzionatrice (Sez. 5, n. 2317 del 18/02/1997, Santoro, Rv. 207011). Ne consegue che, se pacificamente l’invalidita’ in parola e’ riconducibile nel novero di quelle contemplate dall’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), in quanto ricorre l’inosservanza delle disposizioni concernenti l’assistenza dell’imputato, il principio di tassativita’, stabilito dall’articolo 177 c.p.p., comma 1, osta alla ulteriore qualificazione della suddetta nullita’ generale come assoluta.

10.3. Il Collegio ritiene di aderire al primo dei due orientamenti esegetici, per le ragioni di seguito esposte.

11. Alla distinzione delle tipologie di nullita’ dell’atto processuale incentrata sulla tecnica di previsione normativa della sanzione si accompagna una diversita’ dei rispettivi regimi di trattamento che, delineando i diversi livelli di incidenza del vizio dell’atto sul procedimento in corso, esprime la rilevanza dell’interesse che la comminatoria di nullita’ tende a salvaguardare. Esiste, quindi, un preciso nesso tra scelte legislative in tema di sanzioni derivanti dall’inosservanza dei precetti che regolano le modalita’ di esercizio delle prerogative processuali e principi costituenti il cardine dell’ordinamento processuale.

Il codice di rito prevede una tripartizione delle nullita’ in assolute, a regime intermedio, relative, in base ad un ordine decrescente di gravita’ del vizio che si riflette sulla possibilita’ di sanatoria e sui limiti temporali di incidenza sul procedimento in corso. Per ciascuna ipotesi di nullita’ legislativamente prevista si pone, quindi, il problema della sussumibilita’ in una delle tre categorie al fine di stabilire il relativo trattamento.

Gli articoli 178, 179, 180 e 181 c.p.p., delineano un percorso interpretativo basato su passaggi logici consequenziali. Laddove la disposizione violata manchi di un esplicito riferimento al regime della nullita’ derivante dalla sua trasgressione, la sua riconducibilita’ all’ambito regolato dagli articoli 178 e 179 c.p.p., circoscrive il campo d’indagine alle nullita’ di tipo assoluto o intermedio. Qualora, invece, la norma non contempli una nullita’ di tipo assoluto come conseguenza della sua inosservanza e la stessa non sia inquadrabile nell’ambito degli articoli 178 e 179 c.p.p., la sanzione comminata dalla legge deve intendersi assoggettata al regime regolato, per le nullita’ relative, dall’articolo 181 c.p.p..

I tratti distintivi delle nullita’ assolute sono costituiti dalla insanabilita’ del vizio e dalla sua rilevabilita’ in ogni stato e grado del procedimento. Con riguardo al primo aspetto, la difformita’ tra modello astratto di riferimento ed atto compiuto e’ cosi’ radicale da precludere l’operativita’ di una delle sanatorie generali o speciali previste dagli articoli 183 e 184 c.p.p.. In relazione al secondo profilo, l’insanabilita’ del vizio trova il suo limite preclusivo nel perfezionarsi del giudicato, pur se con alcuni temperamenti (articolo 627, comma 4, che preclude, nel giudizio di rinvio, la rilevabilita’ delle nullita’ intervenute nelle precedenti fasi procedimentali; articolo 129 c.p.p., che, in presenza di una causa estintiva del reato e di una nullita’ processuale, impone al giudice procedente di attribuire prevalenza alla prima, salvo che la sua operativita’ non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservate al giudice di merito).

Le ipotesi di nullita’ prefigurate nell’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), cui l’articolo 179 c.p.p., ascrive il carattere di assolutezza, riguardano l’omessa citazione dell’imputato o l’assenza del suo difensore nei casi in cui ne e’ obbligatoria la presenza. A quest’ultimo proposito si osserva che la corretta perimetrazione della previsione normativa comporta la ricognizione delle ipotesi in cui il codice di rito richiede che il compimento di determinate attivita’ di rilievo processuale avvengano in forma assistita o partecipata. Devono, infatti, escludersi dall’ambito di operativita’ della previsione legislativa i casi in cui la legge, pur connotando di obbligatorieta’ l’avviso al difensore, rimette alla discrezionalita’ di quest’ultimo la scelta di essere presente o meno.

12. Da un punto di vista letterale e logico-sistematico, il concetto di “assenza”, che ricorre nell’articolo 179 c.p.p., comma 1, si riferisce alla situazione dell’avvocato che dovrebbe essere presente e non lo e’ e, quindi, del difensore gia’ nominato la cui mancata partecipazione e’ ascrivibile all’omissione dell’avviso a lui dovuto.

L’altro dato testuale (“suo difensore”), presente nella medesime disposizione di legge, evoca la preesistenza di un rapporto finalizzato ad assicurare la difesa tecnica all’interessato – a prescindere dalla circostanza che si tratti di una nomina fiduciaria o di una designazione officiosa – che funge da parametro di riferimento per verificare la legittimita’ del pregresso iter procedimentale. Pertanto la nullita’ assoluta prevista dall’articolo 179 c.p.p., comma 1, non concerne soltanto l’assoluta mancanza di difesa tecnica, ma si riferisce anche alla partecipazione all’espletamento dell’atto di un difensore diverso da quello di fiducia o d’ufficio, che sia rimasto assente per non essere stato avvisato nei modi stabiliti dalla legge. Non pertinenti appaiono, quindi, in proposito le considerazioni svolte sul punto nell’ordinanza di rimessione.

Come in precedenza ricordato, lo stesso articolo 97 c.p.p., comma 4, in coerenza con il principio di immutabilita’ della difesa, limita la possibilita’ di designare come sostituto un difensore immediatamente reperibile ai soli casi in cui il legale dell’imputato non sia stato reperito, non sia comparso, abbia abbandonato la difesa o a fattispecie che presuppongono un avviso regolarmente dato. Pertanto, in presenza di una pregressa e tempestiva nomina fiduciaria che non sia stata erroneamente tenuta presente dal giudice ai fini del prescritto avviso di fissazione dell’udienza, non e’ consentito ovviare alla mancata inderogabile presenza dell’avvocato, causata dall’omissione di tale adempimento obbligatorio, mediante la nomina di un difensore d’ufficio e, in caso di assenza di quest’ultimo, di un avvocato immediatamente reperibile ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4.

Una diversa prospettazione ermeneutica non soltanto violerebbe il combinato disposto dell’articolo 96 c.p.p., e articolo 97 c.p.p., comma 4, ma consentirebbe all’autorita’ giudiziaria di sostituirsi all’imputato, in palese violazione dei principi fondamentali in tema di diritto di difesa, nella scelta di un avvocato compiuta dall’imputato (Sez. 6, n. 18725 del 03/05/2001, Desiderato, Rv. 219502; Sez. 3, n. 26076 del 13/03/2007, Shehu, Rv. 237201; Sez. 1, n. 24091 del 26/05/2009, Spano, Rv. 244031; Sez. 1, n. 40817 del 14/10/2010, Devcic, Rv. 248465).

13. Non si puo’, d’altra parte, ritenere che, ai fini del rispetto del dettato normativo, sia comunque sufficiente la presenza di un qualsiasi legale, anche a prescindere dalle specifiche opzioni dell’interessato, e che esista piena equipollenza tra il difensore di fiducia e quello d’ufficio.

Questa tesi confligge con i consolidati principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di notificazioni (articolo 157 c.p.p., comma 8 bis, cosi’ come modificato dal Decreto Legge 21 febbraio 2005, n. 17, articolo 2, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 aprile 2005, n. 60) e di restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale (articolo 175 c.p.p., comma 2, nella versione antecedente alle modifiche introdotte dalla Legge 28 aprile 2014, n. 67, articolo 11).

Si e’, infatti, affermato che l’introduzione dell’articolo 157 c.p.p., comma 8 bis, ha comportato che, ai fini della conoscenza effettiva dell’atto, la sola notificazione al difensore di fiducia e’ del tutto equiparabile alla notifica effettuata all’imputato personalmente e che la suddetta modifica normativa valorizza ulteriormente il ruolo del difensore di fiducia, differenziandolo da quello del difensore d’ufficio, e rafforza gli obblighi, su di lui gia’ gravanti in base alla normativa pregressa e al codice deontologico, di portare effettivamente a conoscenza dell’assistito tutti gli atti processuali che lo riguardano, pur se non domiciliatario. La citata equiparazione, lungi dal ridursi ad una mera fictio iuris, e’ ampiamente giustificata dalla natura e dalla sostanza del rapporto professionale che intercorre tra l’avvocato difensore nominato di fiducia e l’imputato, il quale proprio nel momento in cui da il mandato al professionista con riguardo ad uno specifico procedimento, dimostra (o conferma) di essere effettivamente a conoscenza dello stesso. Anche successivamente alla nomina, il perdurante rapporto professionale intercorrente tra l’imputato e il suo difensore di fiducia consente al primo di mantenersi informato sugli sviluppi del procedimento e di concordare con il legale le scelte difensive ritenute piu’ idonee (Sez. U, n. 41280 del 18/12/2006, Clemenzi, Rv. 234905; e, tra le altre, Sez. 1, n. 8232 del 07/02/2006, Zine, Rv. 233417; Sez. 1, n. 16002 del 10/05/2006, Latovic, Rv. 233615; Sez. 1. n. 32678 del 12/07/2006, Somogyi, Rv.235035-36). Si e’, in tal modo, riconosciuto al rapporto professionale “fiduciario” nel senso piu’ rigoroso del termine un rilievo specifico con riguardo all’esigenza di conoscenza effettiva del processo.

Parallelamente si e’ progressivamente delineata l’intrinseca debolezza delle “presunzioni di conoscenza” sottese alle notificazioni eseguite, ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., comma 4, articoli 169 e 165 c.p.p., al difensore d’ufficio dell’imputato processato in contumacia, in quanto irreperibile o latitante, con la conseguenza che tali notificazioni non sono di per se’ idonee a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’imputato, salvo che dagli atti non emerga in altro modo la conoscenza o che non si dimostri che il difensore d’ufficio e’ riuscito a stabilire un effettivo rapporto professionale con il suo assistito (ex plurimis, Sez. 1, n. 3746 del 16/01/2009, Del Duca, Rv. 242535; Sez. 5, n. 24707 del 31/03/2010, Gallo, Rv. 248472; Sez. 6, n. 19781 del 05/04/2013, Rv. 256229; Sez. 4, n. 8104 del 15/11/2013, dep. 2014, Djordjevic, Rv. 259350).

In adesione a questi principi la Corte costituzionale, investita da questa Corte, della questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 175 c.p.p., comma 2, (come sostituito dal Decreto Legge n. 17 del 2005, articolo 1) in riferimento all’articolo 24 Cost., articolo 111 Cost., comma 1, e articolo 117 Cost., comma 1, in relazione all’impugnazione proposta dalla persona condannata in contumacia dopo che gia’ il difensore d’ufficio aveva inutilmente proposto il gravame avverso la medesima sentenza, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 175 c.p.p., comma 2, nella parte in cui non consentiva la restituzione dell’imputato, che non avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, nel termine per proporre impugnazione contro la sentenza contumaciale, nel concorso delle ulteriori condizioni indicate dalla legge, quando analoga impugnazione era stata proposta in precedenza dal difensore (Corte cost., sent. n. 317 del 2009).

Con un’altra importante pronunzia la Corte costituzionale ha posto in luce, sia pure in un quadro di riferimento ormai in parte mutato, alcuni profili problematici in tema di effettivita’ della difesa d’ufficio con specifico riguardo all’assenza di adeguate garanzie e di meccanismi di controllo circa la specifica professionalita’, dichiarando l’illegittimita’ costituzionale del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, articolo 8, comma 2, ultimo periodo, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 gennaio 1934, n. 36 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), cosi’ come modificato dalla Legge 24 luglio 1985, n. 406, articolo 1, (Modifiche alla disciplina del patrocinio davanti al pretore), dalla Legge 27 giugno 1988, n. 242, articolo 10, (Modifiche alla disciplina degli esami di procuratore legale) e dal Decreto Legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, articolo 246, (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) “nella parte in cui prevede che i praticanti avvocati possano essere nominati difensori d’ufficio”. (Corte cost., sent. n. 106 del 2010).

14. La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha chiaramente evidenziato come manchi nell’ordinamento italiano una disciplina che obblighi l’autorita’ giudiziaria procedente, che ha designato il difensore d’ufficio, ad intervenire a fronte di carenze manifestate dal legale nello svolgimento dell’incarico (Corte EDU, 13/05/1980, Artico c. Italia; 09/04/1984, Goddi c. Italia). Il codice di rito non prevede forme di intervento e di controllo sulle carenze dell’esercizio del mandato difensivo del legale nominato d’ufficio, con evidente ricadute sulla finalita’ sottesa alla previsione contenute nell’articolo 97 c.p.p., di assicurare l’effettivita’ del diritto di difesa, condizione necessaria, secondo la giurisprudenza sovranazionale, per il rispetto dei principi contenuti nell’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, e per un effettivo contraddittorio fra le parti (Corte EDU, 27/04/2006, Sannino, c. Italia).

15. Non appare neppure calzante l’osservazione, presente nell’ordinanza di rimessione, secondo cui il difensore d’ufficio, al pari di quello di fiducia, ha il dovere di preparare adeguatamente la difesa e che, comunque, la legge riconosce al difensore d’ufficio il “diritto ad un termine congruo” per l’adempimento del suo ministero (articolo 108 c.p.p., comma 1).

Un’efficace ed effettiva assistenza tecnica, intesa come il complesso di diritti, di poteri e di facolta’ che le singole norme processuali attribuiscono al soggetto preposto alla difesa, presuppongono lo studio e la conoscenza degli atti del procedimento in cui deve esplicarsi l’attivita’ professionale dell’avvocato e un’attivita’ preparatoria della difesa stessa. Queste condizioni non ricorrono qualora, pur in presenza di una nomina fiduciaria ritualmente e tempestivamente effettuata dall’interessato, il giudice, trascurando questo imprescindibile dato processuale, proceda irritualmente alla designazione di un avvocato d’ufficio e, a seguito della sua mancata comparizione all’udienza che richiede la partecipazione obbligatoria del difensore, incarichi irritualmente come sostituto, ex articolo 97 c.p.p., comma 4, un difensore “prontamente reperito”.

In tale caso viene ad essere leso il diritto dell’imputato di scegliere le modalita’ della propria difesa riconosciuto anche dall’articolo 6, comma 3, lettera c), della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo che sancisce espressamente il diritto dell’imputato ad avere un “difensore di sua scelta” (tout accuse a droit notamment a:… c) se de’fendre lui-meme ou avoir l’assistance d’un de’fenseur de son choix).

La Corte costituzionale ha, inoltre, costantemente ribadito l’inapplicabilita’ della previsione contenuta nell’articolo 108 c.p.p., nel caso di sostituzione temporanea dell’incarico, tenuto conto della sua connotazione temporanea e della persistenza della titolarita’ in capo al difensore, originariamente nominato di fiducia o designato d’ufficio (sentenze n. 450 del 1997, n. 162 del 1998, n. 17 del 2006).

Tale approdo ermeneutico deve essere, a sua volta, letto alla luce dei principi enunciati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo la quale ha affermato che il diritto ad una difesa d’ufficio effettiva puo’ ritenersi soddisfatto solo qualora al difensore sia concesso un termine congruo, tale, cioe’, da consentirgli di approntare una difesa adeguata e che, diversamente, si configura una violazione del diritto di difesa tutte le volte in cui l’autorita’ giudiziaria non abbia disposto, dopo la nomina del difensore in udienza, un rinvio o una sospensione (Corte EDU, 09/04/1984, Goddi c. Italia; 21/04/1998, Daud c. Portogallo).

In tale contesto, la riaffermazione del valore assoluto e imprescindibile del diritto all’assistenza tecnica, che non si riduca all’adempimento di una mera formalita’, rappresenta uno strumento per inverare i principi del giusto processo e, in particolare, per rendere effettivo il contraddittorio e garantire la parita’ fra le parti anche nella prospettiva della tutela dell’interesse della collettivita’ al corretto svolgimento del processo.

16. Non appaiono evocabili, al fine di suffragare un diverso tipo di interpretazione, altri tre tipi di argomenti.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’indirizzo da cui si dissente, la precedente decisione di queste Sezioni Unite (Sez. U, n. 2 del 26/03/1997, Procopio, Rv. 208269) ha affermato solo come obiter dictum ed in maniera meramente assertiva il principio di diritto secondo il quale “il mancato avviso al difensore di fiducia nominato tempestivamente … produce la nullita’ generale a regime intermedio di cui all’articolo 178 c.p.p., lettera c)” nell’ambito di una pronunzia concernente l’interrogatorio di garanzia e la questione dell’efficacia della nomina di un difensore di fiducia effettuata ai sensi dell’articolo 123 c.p.p.. Esso, pertanto, non puo’ essere assunto come paradigma interpretativo dell’articolo 179 c.p.p., e articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), sia per tale ragione di metodo sia perche’, in ogni caso, non condivisibile alla luce delle considerazioni sin qui svolte.

Inoltre, se e’ indubbio che il principio di tassativita’ delle nullita’ implica il divieto di applicazione analogica e di interpretazione estensiva, precludendo all’interprete la possibilita’ di individuare ulteriori ipotesi di nullita’ al di fuori di quelle derivanti di quadro normativo, e’ altrettanto indiscutibile che tale principio va inteso secondo una logica bidirezionale, nel senso che lo stesso, oltre a vietare al giudice declaratorie di nullita’ non espressamente derivanti dalla legge, preclude anche la disapplicazione della sanzione, laddove prevista dal legislatore.

Infine, la ragionevolezza dei tempi del processo non puo’ costituire un parametro assoluto per giustificare, in nome dell’efficienza, la compressione di alcune garanzie fondamentali dell’imputato. Esso deve essere, infatti, contemperato con le esigenze di tutela di altri diritti e interessi costituzionalmente rilevanti nel processo penale quale, appunto, il diritto di difesa. In prospettiva sovranazionale, i diritti garantiti da norme costituzionali, quali il diritto di difesa e quello al contraddittorio, “risentono dell’effetto espansivo dell’articolo 6 della Corte Europea dei diritti dell’uomo e della corrispondente giurisprudenza della Corte di Strasburgo” e tale “incremento di tutela” esplicita e arricchisce il contenuto dei diritti garantiti dalla Costituzione (Corte cost., sent. n. 399 del 2001).

17. Sulla base delle considerazioni sinora svolte e’ possibile concludere che, nel procedimento di sorveglianza, la mancata notifica al difensore di fiducia – del quale e’ necessaria la partecipazione e, percio’, obbligatoria la presenza – dell’avviso di udienza in camera di consiglio determina una nullita’ di ordine generale, assoluta e insanabile dell’udienza, nondimeno tenuta in presenza del difensore d’ufficio, e degli atti successivi, compresa l’ordinanza conclusiva, ai sensi dell’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), e articolo 179 c.p.p., in quanto la nomina fiduciaria non puo’ essere surrogata dalla designazione ex officio da parte del giudice di un altro avvocato, di cui e’ irrilevante l’assistenza effettiva.

Deve, conclusivamente, affermarsi il seguente principio di diritto: “L’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato o dal condannato integra una nullita’ assoluta ai sensi dell’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), e articolo 179, comma 1”.

18. Per tutte le considerazioni sinora svolte, s’impone, quindi, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Torino.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Torino.

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