La massima

Grava su chi acquista un immobile convenuto in revocatoria fallimentare, l’onere della prova della simulazione relativa del prezzo della compravendita provando l’esistenza del patto aggiunto e contrario al contratto, anteriore o contestuale allo stesso, attraverso documenti opponibili al curatore ai sensi dell’art. 2704 c.c., che non solo dimostrino l’avvenuto pagamento, ma che consentano anche, per il loro contenuto, di ricollegare l’atto solutorio al negozio di cui costituirebbe esecuzione.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I CIVILE

Sentenza  27 settembre 2012, n. 16490

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 9.6.06, ha accolto l’appello proposto dai coniugi A.D.C. e D.L. avverso la sentenza 15.1.04 del Tribunale di Santa Maria C.V., ed in riforma integrale della decisione di primo grado, ha respinto la domanda proposta dal Fallimento della Artmetal s.a.s. di C.S., nonché dal Fallimento della socia accomandataria in proprio, volta a sentir dichiarare l’inefficacia ex art. 67 1 comma n. 2 l. fall., dell’atto del 16.7.93 con il quale la C. aveva alienato agli appellanti un appartamento di sua proprietà, sito in (…), al prezzo dichiarato di 93 milioni delle vecchie lire.

La Corte territoriale ha ritenuto che gli appellanti avessero fornito prova logica della simulazione relativa del prezzo di vendita, attraverso la produzione degli assegni da essi emessi in favore della socia fallita e da questa regolarmente incassati, muniti di data certa anteriore al fallimento, che andavano collegati alla proposta d’acquisto ed al contratto preliminare prodotti in atti, dai quali emergeva che l’immobile era stato promesso in vendita per il corrispettivo di L. 240 milioni; ha aggiunto che risultava provata anche l’inscientia decoctionis dei D.C. , avendo essi condotto le trattative con la C., e non con Artmetal, e per il tramite di un’agenzia immobiliare.

Il Fallimento della Artmetal s.a.s. e di C.S. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi ed illustrato da memoria. D. e D.C. hanno resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo di ricorso, il Fallimento, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 67 l. fall., 2697, 1417 e 2722 c.c., lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto provata la simulazione relativa del prezzo di vendita dell’immobile sulla scorta di documenti inopponibili alla curatela ai sensi dell’art. 2704 c.c. Rileva in proposito che la prova dell’accordo dissimulato deve essere fornita mediante atto scritto avente data certa anteriore al fallimento, non essendo a tal fine sufficiente dimostrare l’avvenuto versamento al fallito di una somma superiore a quella indicata nell’atto simulato, e che nel caso (quale quello di specie) in cui la parte pretenda di assolvere al proprio onere attraverso una serie di documenti tra loro collegati, ciascuno di essi, secondo il regime probatorio suo proprio, deve essere munito di data certa anteriore.

2) Col secondo motivo, il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 2722, 1417, 2704 c.c. e 67 l. fall., deduce che per potersi ritenere provata in via logica la corresponsione di un prezzo di vendita maggiore di quello dichiarato occorre che sia stato soddisfatto il preliminare presupposto della data certa anteriore di tutti i documenti riferibili alla dedotta simulazione ed osserva che, nel caso, la Corte di merito non solo non ha verificato se il contratto preliminare fosse opponibile al curatore ai sensi dell’art. 2704 c.c., ma ha erroneamente ritenuto che anche la certezza dell’anteriorità rispetto al fallimento “dell’intera vicenda contrattuale” – e non solo l’imputabilità dei pagamenti dedotti in giudizio all’adempimento dell’obbligazione assunta dagli acquirenti attraverso la stipula della compravendita – potesse desumersi attraverso prova logica.

3) Con il terzo motivo, il ricorrente, denunciando vizio di motivazione, rileva che la Corte territoriale, dopo aver richiamato sul piano teorico il principio secondo cui l’acquirente convenuto in revocatoria può dimostrare di aver versato un corrispettivo superiore a quello indicato nell’atto di vendita solo con un documento avente data certa anteriore al fallimento, dal quale emerga l’imputazione del versamento al negozio impugnato, se ne è poi, in fatto, discostata, in quanto ha ritenuto provata l’opponibilità alla procedura dell’intera operazione contrattuale sulla sola scorta dei titoli di credito allegati dai D.C., che peraltro non coprivano l’intero prezzo che si assumeva pagato, ed in assenza di ulteriori documenti muniti di data certa che dimostrassero l’esistenza del collegamento negoziale.

I motivi, che sono fra loro connessi e che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati e devono essere accolti.

Può ritenersi principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, al quale il collegio intende dare continuità, che l’acquirente di un bene immobile che sia stato convenuto in revocatoria ai sensi dell’art. 67 n. 1 l. fall., qualora intenda opporre al curatore del fallimento del venditore la simulazione relativa del prezzo della compravendita, ha l’onere di provare l’esistenza del patto aggiunto e contrario al contratto, anteriore o contestuale allo stesso, attraverso documenti opponibili al curatore ai sensi dell’art. 2704 c.c., che non solo dimostrino l’avvenuto pagamento, ma che consentano anche, per il loro contenuto, di ricollegare l’atto solutorio al negozio di cui costituirebbe esecuzione (Cass. nn. 1759/08, 4285/05, 2097/92).
E, se è indubbio che la prova del collegamento negoziale può essere fornita anche in via logica, ciò non toglie che ciascuno dei documenti tra loro ricollegabili debba essere munito, secondo il regime probatorio suo proprio, di data certa anteriore al fallimento (Cass. nn. 1759/08, 4285/05 cit.).

Nel caso di specie, la Corte territoriale, pur avendo richiamato il principio, non ne ha fatto corretta applicazione, in quanto si è limitata ad accertare l’opponibilità al curatore degli assegni prodotti dagli appellanti ed ha tratto da tale unica circostanza la prova logica sia del collegamento fra il rilascio dei titoli e la compravendita impugnata, sia dell’anteriorità al fallimento dell’intera operazione negoziale. In contrario, il giudice d’appello avrebbe dovuto considerare che la certezza della data degli assegni non era fatto di per sé idoneo ad attribuire certezza della data anche al contratto preliminare e che, in difetto di prova dell’anteriorità di tale contratto al fallimento (con conseguente impossibilità per gli acquirenti di far valere nei confronti del curatore l’intervenuta pattuizione di un prezzo di vendita maggiore rispetto a quello indicato nel rogito), l’emissione dei titoli, per loro natura astratti, in favore della C. non integrava prova logica atta a ricollegarli al contratto oggetto di revocatoria ed a dimostrare, pertanto, che il loro rilascio era avvenuto in adempimento ed esecuzione dell’obbligazione di versamento del prezzo assunta dal D.C. nei confronti della venditrice.

4) Con il quarto motivo, il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 2697, 2722, 2729 c.c. e 67 l. fall, lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto provata l’inscientia decoctionis degli appellanti per il solo fatto che la compravendita è stata stipulata per il tramite di un’agenzia immobiliare ed il rogito è stato sottoscritto dalla C. in proprio.

Anche questo motivo deve essere accolto.

Va premesso che la conoscenza in capo al terzo convenuto in revocatoria della qualità di imprenditore commerciale del fallito non costituisce presupposto per l’esercizio dell’azione.

La conoscenza o la mancata conoscenza di tale qualità possono tuttavia avere rilevanza ai fini della prova della ricorrenza del presupposto soggettivo dell’azione e per tale motivo rientrano fra le circostanze costituenti (possibile) oggetto dell’indagine concernente la scientia decoctionis.

Nell’ipotesi di atto revocabile compiuto dal socio illimitatamente responsabile di una società, tale indagine attiene dunque, astrattamente, al duplice profilo della qualità di socio del disponente e dell’insolvenza della società dichiarata fallita. Ne consegue che, nel caso in cui sia l’uno che l’altro profilo siano in contestazione, il soggetto sul quale grava l’onere della prova (ovvero l’accipiens o il curatore, a seconda che si versi in una delle fattispecie di cui al I od al II comma dell’art. 67 L.F.) è tenuto a fornirla sotto entrambi (cfr. Cass. nn. 13116/04, 255/98).

La Corte territoriale ha ritenuto provata l’ignoranza da parte dei D.C. della qualità della C. di socia accomandataria della Artmetal in base al mero rilievo che costei aveva stipulato il rogito “nella qualità di proprietaria dell’appartamento e non quale esercente di un’attività commerciale” e che la trattativa era stata curata da un’agenzia immobiliare. Ha quindi affermato che tanto bastava a dimostrare anche l’inscientia decoctionis degli acquirenti, che non avevano alcun onere di assumere accurate informazioni sulle condizioni economiche della venditrice non imprenditrice.

Le due circostanze considerate dalla Corte d’Appello hanno però una valenza del tutto neutra: è infatti evidente che la C., in quanto proprietaria dell’appartamento, non avrebbe potuto stipulare il contratto se non in proprio, sicché il fatto che ella non avesse speso nel rogito il nome della Artmetal non poteva di per sé indurre a ritenere che i D.C. ignorassero la sua qualità di socia illimitatamente responsabile della s.a.s. poi fallita; analogamente, il fatto che la trattativa fosse stata condotta per il tramite di un intermediario, non costituiva ragione sufficiente ad escludere che gli acquirenti avessero assunto informazioni sul conto della venditrice, quantomeno per verificare la serietà della sua proposta.

La Corte territoriale ha dunque, fondato la propria decisione su elementi che, pur se congiuntamente apprezzati, non presentano i caratteri della gravità, della precisione e della concordanza, necessari per poter ritenere assolta in via presuntiva la prova dell’ignoranza da parte dei D.C. della carica rivestita dalla C. in Artmetal e, in conseguenza, dello stato di insolvenza della società.

L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per un nuovo esame, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

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