Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 24 gennaio 2018, n. 3297. Il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa

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Il primo, riferito alla ritenuta violazione di legge, per essere stato disposto il sequestro pur in mancanze degli elementi concernenti la ricorrenza del fumus commissi delicti, era argomentato, in particolare, con riguardo al fatto che le fatture in ipotesi relative ad operazioni inesistenti non solo erano, a tutto voler concedere, concernenti prestazioni solo soggettivamente inesistenti – per le quali vi era la necessita’ di provvedere a fatturazioni false a causa del fatto che esse erano relative a materiali, i rottami ferrosi, che le imprese della ditta (OMISSIS) acquistavano in nero e, pertanto, imponevano una certa nebulosita’ fiscale anche in fase di cessione – ma riguardavano un bene, i rottami ferrosi appunto, per i quali il particolare regime di gestione dell’Iva, cosiddetto reverse charge, esclude la indicazione dell’iva in sede di emissione di fattura da parte del cedente, sicche’ la stessa neppure poteva essere oggetto di indebita annotazione nella contabilita’ dell’acquirente.
Il secondo motivo di impugnazione ha ad oggetto, sempre sotto il profilo della violazione di legge, la quantificazione del profitto del reato e, pertanto, l’ammontare del valore dei beni sottoposti a sequestro per equivalente.
Il ricorrente, in particolare, ribadito che le annotazioni di fatture relative ad operazioni inesistenti avrebbero riguardato solo operazioni soggettivamente insistenti, ha segnalato che con riferimento a queste ultime non e’ ipotizzabile il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 se non cori riferimento alla eventuale evasione dell’Oiva, in questo caso non ipotizzabile per effetto del meccanismo del reverse charge applicabile alle merci oggetto delle fatture, ma non anche con riferimento all’Ires, posto che, seppure imputabili a soggetti diversi, i costi documentati con le fatture riferite ad operazioni solo soggettivamente inesistenti, concernono costi effettivamente sostenuti.
In data 13 giugno 2017 il ricorrente ha depositato una breve memoria con la quale ha replicato alle conclusioni scritte rassegnate dal Procuratore generale presso questa Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ inammissibile.
Osserva. infatti, il Collegio che il primo motivo di impugnazione non coglie affatto nel segno.
Con esso, in sostanza, il ricorrente ha allegato la assenza degli elementi costituenti il fumus delicti in ragione del fatto che, dato il particolare sistema di applicazione dell’iva con riferimento alle transazioni economiche aventi ad oggetto il commercio dei rottami ferrosi, sistema caratterizzato dal cosiddetto reverse charge per effetto del quale il soggetto che emette la fattura non e’ tenuto alla indicazione in essa della relativa iva ne’ al versamento della medesima, gravando tale onere tributario sulla parte acquirente, la indicazione delle fatture relative alle operazioni fittizie non potrebbe spiegare comunque alcun effetto in ordine alla evasione dell’iva da parte del ricorrente.
L’argomento, come si diceva, non ha pregio sol che si consideri il fatto che al (OMISSIS) non e’ contestata la indicazione nelle dichiarazioni tributarie relative agli anni 2008, 2010 e 2011 di costi relativi ad operazioni inesistenti al fine di evadere l’iva, ma gli e’ provvisoriamente contestata la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 con riferimento alle sole imposte dirette.
Sulla base di tale considerazione emerge la irrilevanza, rispetto alla contestazione mossa, del particolare meccanismo di soggezione all’iva applicabile al caso in questione e, pertanto, la insussistenza della violazione di legge denunziata dal ricorrente quanto alla riscontrabilita’ nel caso in esame del fumus commissi delicti.
Parimenti privo di pregio e’ il secondo motivo di impugnazione, con il quale e’ dedotta la irrilevanza penale, in quanto si tratterebbe di operazione non idonea a consentire un indebito vantaggio fiscale, dell’eventuale indicazione nella dichiarazione dei redditi di costi relativi ad operazioni solo soggettivamente inesistenti.
Al riguardo osserva il Collegio che, sebbene sia stato rilevato in sede specificamente tributaria, come effettivamente l’acquirente di beni puo’ dedurre i relativi costi anche nel caso in cui essi siano riferiti ad operazioni soggettivamente inesistenti, ove siano rispettati i principi di inerenza, competenza, certezza determinatezza o determinabilita’ (Corte di cassazione, Sezione 5 civile, 7 dicembre 2016, n. 25249, ord.), in sede penale e’ stato, ancora in tempi recentissimi, invece ribadito che in tema di reati finanziari e tributari, il delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti e’ configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa, quando cioe’ l’operazione oggetto di imposizione fiscale sia stata effettivamente eseguita e tuttavia non vi sia corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato nella fattura od altro documento fiscalmente rilevante e il soggetto giuridico che abbia erogato la prestazione, in quanto anche in tal caso e’ possibile conseguire il fine illecito indicato dalla norma in esame, ovvero consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 17 maggio 2017, n. 24307).
E’, pertanto, evidente come, tanto piu’ in questa sede cautelare nella quale neppure e’ ipotizzabile il puntuale svolgimento delle verifiche concernenti la ricorrenza degli indicati elementi atti a consentire la astratta possibilita’ di dedurre i costi relativi alle operazioni solo soggettivamente inesistenti, sia corretta la decisione con la quale il Tribunale di Milano ha ravvisato nella condotta del (OMISSIS) il fumus del reato in provvisoria contestazione.
Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso segue, visto l’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.

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