Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 17 gennaio 2018, n. 907. Il danno non patrimoniale da uccisione del congiunto

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Propongono ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, (OMISSIS). Resistono con distinti controricorsi la (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo (“Violazione dei criteri di competenza funzionale previsti in tema di controversie di lavoro – conseguente erronea adozione del rito di cui al procedimento ordinario di cognizione in luogo di quello speciale dettato per il processo del lavoro (articolo 360 c.p.c., n. 2)”) la societa’ ricorrente lamenta che il giudice di prime cure abbia deciso nel merito la domanda formulata dagli attori jure proprio, disponendo la separazione della domanda di risarcimento dei danni jure hereditario sul rilievo che essa fosse fondata sul contratto di lavoro intercorso tra la vittima ed il datore di lavoro e fosse di competenza del Tribunale in funzione di giudice del lavoro. Contesta la disposta separazione delle cause che quali aspetti di un unico evento plurioffensivo avrebbero meritato di essere trattate dal giudice del lavoro per effetto della vis actractiva della sua competenza funzionale.
Il motivo e’ infondato.
Questa Corte ha gia’ affermato che esula dalla competenza per materia del giudice del lavoro e resta devoluta alla cognizione del giudice competente secondo il generale criterio del valore la domanda di risarcimento dei danni proposta dai congiunti del lavoratore deceduto non jure hereditario, per far valere la responsabilita’ contrattuale del datore di lavoro dei confronti del loro dante causa, bensi’ jure proprio, quali soggetti che dalla morte del loro congiunto hanno subito danno e, quindi, quali portatori di un autonomo diritto al risarcimento che ha la sua fonte nella responsabilita’ extracontrattuale di cui all’articolo 2043 c.c. (Cass. Sez. 3, 21/10/2005 n. 20355; Cass. Sez. 3, 20/02/2006 n. 3650).
Principio correttamente applicato dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata.
2. Con il secondo motivo (“Violazione delle norme di diritto relative all’onere della prova in relazione alla natura aquiliana (tipica) dell’oggetto del giudizio (danno non patrimoniale): articolo 2697 c.c. in relazione agli articoli 2043 e 2059 c.c. (articolo 360, n. 3)”) la ricorrente lamenta che la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto “oggetto della decisione” il carattere pericoloso della propria attivita’ quale datrice di lavoro del lavoratore deceduto, nonostante che tale argomento fosse stato affrontato in prime cure soltanto come obiter dictum.
Il motivo e’ inammissibile.
Esso ripropone una censura che la stessa Corte di merito ha disatteso affermando che “con motivazione che non ha costituito oggetto di impugnazione specifica il Tribunale ha qualificato l’attivita’ esercitata dalla societa’ appellante come pericolosa ai sensi dell’ articolo 2050 c.c.” (pag. 14 in motivazione).
La censura risulta inammissibile in base al consolidato orientamento secondo il quale i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilita’, questioni che siano gia’ comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimita’ questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. La rilevabilita’ d’ufficio di una nullita’, poi, deve coordinarsi con i principi generali del processo, per cui il rilievo ex officio resta precluso per effetto del giudicato interno formatosi in conseguenza della pronunzia esplicita sulla questione ovvero della definizione implicita della stessa (v. Cass. Sez. 3, 09/01/2002 n. 194; piu’ di recente, v. Cass. Sez. 6 – 1, 09/07/2013 n. 17041).
3. Con il terzo motivo (“Mancata considerazione delle circostanze rilevate dalla sentenza della Corte di appello di Bari in sede penale del 30.10.2012 n. 2879 acquisiti agli atti del giudizio deciso con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione nonche’ della circostanza riferita dal teste (OMISSIS) in sede di assunzione della sua prova testimoniale (udienza del 9/4/2008) oggetto di specifico rilievo nell’atto di appello – fatti decisivi per il giudizio che sono stati motivo di discussione tra le parti – omesso esame (articolo 360, n. 5)”) la ricorrente osserva che il convincimento di entrambi i giudici del merito risulterebbe comunque suscettibile di adeguata revisione alla luce della sentenza 30 ottobre 2012 n. 2879 resa in sede penale della Corte di appello di Bari (di assoluzione dei fratelli (OMISSIS) dall’imputazione di omicidio colposo in danno di (OMISSIS)) la quale conterrebbe “interessanti osservazioni” che evidenzierebbero l’inconsistenza delle prove raccolte nel procedimento civile di primo grado condivise dalla sentenza impugnata.
Il motivo e’ anch’esso non fondato.

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