Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 17 gennaio 2018, n. 907. Il danno non patrimoniale da uccisione del congiunto

segue pagina antecedente
[…]

La Corte territoriale ha adeguatamente dato conto del contenuto assolutorio della pronuncia penale pronunciata dalla Corte di appello di Bari nei confronti dei fratelli (OMISSIS) e di tale (OMISSIS) “perche’ non vi erano sufficienti elementi per sostenere l’ipotesi di accusa” spiegando -contrariamente a quanto sostenuto dalla societa’ appellante (OMISSIS) in proposito- le ragioni per le quali detta sentenza non avesse efficacia di giudicato nel giudizio civile in base al principio secondo cui ai sensi dell’articolo 652 c.p.p., il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo (nel giudizio civile) solo ove contenga un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza del fatto o della partecipazione dell’imputato e non anche nell’ipotesi in cui l’assoluzione sia determinata dall’accertamento della insussistenza di insufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto e la attribuibilita’ di esso all’imputato e cioe’ quando l’assoluzione sia pronunciata a norma dell’articolo 530 c.p.p., comma 2, (cfr. pagg. 17 e 18 in motivazione)(v. di recente: Sez. 3, 11/03/2016 n. 4764).
4. Con il quarto motivo (“Violazione di norme di diritto, in particolare dell’articolo 2729 c.c. (presunzioni semplici) erroneamente utilizzate per colmare l’omessa allegazione degli elementi costitutivi del danno reclamato) la societa’ ricorrente si duole della liquidazione del danno operata dalla Corte territoriale facendo ricorso a criteri presuntivi (quali il rapporto di parentela e di coniugio per giungere alla individuazione dei soggetti legittimati al risarcimento) ed a criteri equitativi per determinarne l’ammontare. In particolare, lamenta che il giudice di appello confermando la pronuncia di primo grado avrebbe anch’esso erroneamente utilizzato criteri presuntivi per colmare l’omessa allegazione degli elementi costitutivi del danno reclamato; lamenta che la sentenza di primo grado (impugnata specificatamente con il secondo motivo di appello) sarebbe andata anche oltre la prospettazione degli attori i quali non avevano offerto alcuna prova delle somme richieste, se non con una richiesta globale di oltre due milioni di euro. Richiama il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita’ secondo il quale il danno morale deve formare oggetto di allegazione prima e di prova poi e non puo’ essere considerato esistente in re ipsa sicche’ la prova presuntiva per affermare l’esistenza del menzionato danno si puo’ utilizzare solo in presenza di una adeguata allegazione fattuale degli elementi costitutivi del danno reclamato (Cass. 19/01/2007 n. 1203 e Cass. 19/01/2009 n. 24435). Nel caso di specie, l’assenza di allegazioni fattuali (intensita’ del relativo vincolo familiare, abitudini di vita e di frequentazione nonche’ la situazione di convivenza) renderebbe impossibile il ricorso a presunzioni semplici.
5. Con il quinto motivo (“Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’articolo 2056 c.c. e articolo 1226 c.c. in relazione alla valutazione equitativa del danno”) la societa’ ricorrente lamenta che nella liquidazione del danno sia mancata la necessaria personalizzazione con particolare riguardo ai fratelli e all’ascendente prevedendosi in base alle Tabelle di Milano la meta’ del massimo per ben “otto” (erroneamente elevati a “nove”) fratelli (senza alcunche’ di precisato per la madre) in considerazione del solo dato della parentela prossima, dato non sufficiente a ritenere provato il danno.
6. Questi ultimi due motivi, da esaminare congiuntamente in ragione della loro reciproca logica connessione, sono fondati per quanto di ragione nei termini di cui si dira’.
Va innanzitutto premesso che e’ consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ il principio in ragione del quale il danno non patrimoniale da uccisione del congiunto, quale tipico danno – conseguenza non coincide con la lesione dell’interesse (ovvero non e’ in re ipsa) e come tale deve essere allegato e provato da chi chiede il relativo risarcimento; tuttavia trattandosi di pregiudizio che si proietta nel futuro e’ consentito il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni sulla base degli elementi obiettivi che e’ onere del danneggiato fornire. La sua liquidazione avviene in base a valutazione equitativa che tenga conto dell’intensita’ del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza piu’ o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l’eta’ della vittima e dei singoli superstiti e di ogni ulteriore circostanza allegata (cfr. Cass. Sez. 3, 11/11/2003, n. 16946; Cass. Sez. 3, 06/09/2012 n. 14931).
Giova richiamare, inoltre, la lettura costituzionalmente orientata data da questa Corte a Sezioni Unite in tema di presupposti e contenuti del risarcimento del danno non patrimoniale attraverso la quale, in virtu’ del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, e’ stata estesa la tutela ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione e, per effetto di tale estensione, e’ stata ricondotta nell’ambito dell’articolo 2059 c.c., anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (articoli 2, 29 e 30 Cost.) con la precisazione che il danno non patrimoniale da perdita o compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di procurata grave invalidita’ del congiunto consiste nella privazione di un valore non economico, ma personale, costituito della irreversibile perdita del godimento del congiunto, dalla definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali, secondo le varie modalita’ con le quali normalmente si esprimono nell’ambito del nucleo familiare; perdita, privazione e preclusione che costituiscono conseguenza della lesione dell’interesse protetto. Tanto precisato, hanno altresi’ ribadito che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato, non potendo condividersi la tesi che trattasi di danno in re ipsa, sicche’ dovra’ al riguardo farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva (Cass. Sez. U. 11/11/2008, n. 26972).
Infine, e’ stato sottolineato che ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento del danno subito a causa della uccisione di un prossimo congiunto non hanno rilievo le qualificazioni adoperate dagli interessati, ma e’ necessario che il pregiudizio venga compiutamente descritto e che ne vengano allegati e provati gli elementi costitutivi (Cass. Sez. 3 17/07/2012, n. 12236).
La decisione in oggetto non appare rispondente al quadro dei principi sopra richiamati.
La Corte territoriale nel respingere l’impugnazione proposta dalla societa’ attuale ricorrente ha affermato – richiamandosi al principio enunciato da Cass. Sez. 3 n. 16/03/2012, n. 4253 – che “nel caso di morte di un congiunto legato da uno strettissimo legame parentale o di coniugio come puo’ essere il genitore, il coniuge ed il figlio o il fratello – il danno dovuto alla perdita del congiunto e’ presunto dovendosi ritenere che nella ordinarieta’ delle relazioni umane, i parenti stretti sono fra loro legati da vincoli di reciproco affetto e solidarieta’ in quanto facenti parte dello stesso nucleo familiare”.
Ha poi aggiunto che “nel caso di specie ricorre tale figura poiche’ la vittima era figlio, fratello e coniuge degli appellati i quali, quindi, non erano onerati di fornire la prova di relazioni di convivenza o di vicendevole affetto e frequentazione”.
Quest’ultima affermazione non e’ in linea con i principi sopra richiamati tenuto conto che la possibilita’ di provare per presunzioni non esonera chi lamenta un danno e ne chiede il risarcimento da darne concreta allegazione e prova. La Corte territoriale in sostanza ha erroneamente ritenuto che il danno fosse in re ipsa affermando in modo assertivo che dovesse spettare ai “parenti stretti” secondo il criterio presuntivo provvedendo -sulla base dei criteri tabellari in uso- a liquidare in maniera indiscriminata la medesima somma in favore di ciascuno degli otto fratelli (elevati a nove) cosi’ violando i principi in materia di presunzioni e di valutazione equitativa del danno.
7. In conclusione, avuto riguardo a quanto sopra esposto, il ricorso va accolto per quanto di ragione con riferimento al profilo della prova del danno e della sua entita’ nei confronti dei germani e specificatamente vanno accolti il quarto e quinto motivo e rigettati il primo, secondo e terzo; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata anche per le spese del giudizio di legittimita’ alla Corte di appello di Bari in diversa composizione che si atterra’ ai principi di diritto sopra ricordati.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quarto e il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Bari, anche perche’ provveda sulle le spese del giudizio di cassazione.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *