Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 1 febbraio 2018, n. 2483. Quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere oggettivamente prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze

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Sicche’: a) ove si fosse accertato che la minore era incapace, la questione del concorso di colpa dei “vigilanti” era esclusa dalla circostanza che la presente causa non ha ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni patiti iure proprio da chi era tenuto alla vigilanza della minore, ma soltanto la domanda risarcitoria per i danni subiti dalla stessa minore, avendo il padre di (OMISSIS) agito unicamente nella qualita’ di genitore esercente la potesta’ e non in proprio (tra le altre, Cass., 13 agosto 1966, n. 2239; Cass., 11 aprile 1986, n. 2549; Cass., 9 giugno 1994, n. 5619; Cass., 24 maggio 1997, n. 4633; Cass., 18 luglio 2003, n. 11241);

b) ove si fosse, invece, accertato che la minore era capace, la violazione dell’obbligo di vigilanza era questione interna al rapporto tra “vigilato” e “vigilante” (originante, a seconda dei casi, una responsabilita’ contrattuale o extracontrattuale) e, quindi, estranea rispetto alla domanda di danni proposta dal “vigilato” nei confronti di un terzo danneggiante (cfr. in tale prospettiva Cass., 2 marzo 2012, n. 3242, che richiama gli argomenti a sostegno dell’orientamento, consolidato, in tema di fatti autolesivi).

2.7. – La Corte territoriale, invece, avrebbe dovuto porsi come detto – la questione dell’incidenza causale della condotta della minore nella verificazione dell’evento lesivo e cio’ non solo (come si palesa evidente) nel caso di capacita’ di intendere e volere della stessa (OMISSIS) all’epoca del sinistro, ma anche ove avesse accertato il suo stato di incapacita’ naturale.

Questo in applicazione, anzitutto, del risalente e consolidato (Cass., sez. un., 17 febbraio 1964, n. 351; Cass., 12 aprile 1978, n. 1736; Cass., 5 maggio 1994, n. 4332; Cass., 24 maggio 1997, n. 4633; Cass., 10 febbraio 2005, n. 2704; Cass., 22 giugno 2009, n. 14548; Cass., 2 marzo 2012, n. 3242) principio di diritto che si intende qui ribadire e precisare:

“allorquando la vittima di un fatto illecito abbia concorso, con la propria condotta, alla produzione del danno, l’obbligo del responsabile di risarcire quest’ultimo si riduce proporzionalmente, ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, anche nel caso in cui la vittima fosse incapace di intendere e di volere, in quanto l’espressione “fatto colposo” che compare nel citato articolo 1227, non va intesa come riferentesi all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilita’, la quale presuppone l’imputabilita’, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza. L’accertamento in ordine allo stato di capacita’ naturale della vittima e delle circostanze riguardanti la verificazione dell’evento, anche in ragione del comportamento dalla stessa vittima tenuto, costituisce quaestio facti riservata esclusivamente all’apprezzamento del giudice del merito”.

2.8. – In questa complessiva ottica (ossia della verifica di sussistenza dell’incidenza causale della condotta della minore, in stato di capacita’ naturale o meno, nella verificazione dell’evento di danno) e facendo riferimento al caso di specie – riconducibile alla fattispecie di responsabilita’ ex articolo 2043 c.c., giacche’ ipotesi di danno cagionato dalla condotta omissiva colposa del custode della strada nel predisporre le cautele necessarie affinche’ si evitasse la situazione di pericolo rappresentata dal precipizio sito ad una distanza di 5 mt. dalla stessa sede stradale (cfr., segnatamente, p. 5 della sentenza impugnata) – va, dunque, enunciato il seguente e ulteriore principio di diritto:

“quanto piu’ la situazione di possibile danno e’ suscettibile di essere oggettivamente prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze (secondo uno standard di comportamento correlato, dunque, al caso concreto), tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del suo comportamento imprudente (in quanto oggettivamente deviato rispetto alla regola di condotta doverosa cui conformarsi) nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benche’ astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarita’ causale. L’accertamento delle anzidette circostanze materiali, rilevanti ai fini della verifica di sussistenza del nesso causale tra fatto ed evento dannoso, costituisce quaestio facti riservata esclusivamente all’apprezzamento del giudice del merito”.

2.8. – Tale, dunque, avrebbe dovuto essere – alla luce delle norme implicate nella fattispecie oggetto di cognizione giudiziale (articolo 2043 c.c., articolo 1227 c.c., comma 1, articoli 40 e 41 c.p.) e in base al “fatto materiale” oggetto di sussunzione, secondo l’accertamento di esso esclusivamente riservato al giudice del merito -, la quaestio iuris che si imponeva alla Corte di appello di esaminare e risolvere e che, invece, non ha trovato evidenza alcuna.

3. – Con il terzo mezzo e’ prospettata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli articoli 1223, 2043, 2051, 2056 e 2057 c.c., per aver la Corte territoriale ritenuto liquidabile il “danno per mancato guadagno futuro” pur in presenza dell’accertamento di una riduzione della sola capacita’ lavorativa generica, peraltro in misura modesta (8%), da ricondursi nell’ambito del danno biologico, e in favore di una minore di nove anni di eta’ che “non svolge alcuna attivita’ di lavoro”.

3.1. – Il motivo, in quanto attinente al quantum debeatur, e’ assorbito dall’accoglimento dei primi due mezzi, che pongono in discussione l’an debeatur sotto il profilo della eventuale incidenza, anche totale, della condotta della danneggiata nella produzione dell’evento lesivo.

4. – Vanno, dunque, accolti i primi due motivi nei termini sopra precisati e dichiarato assorbito il terzo motivo.

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che dovra’ nuovamente delibare l’appello del Comune di (OMISSIS) (anzitutto) in punto di an debeatur alla luce dei principi enunciati ai precedenti §§ 2.7. e 2.8., oltre che a provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie i primi due motivi di ricorso nei termini di cui in motivazione e dichiara assorbito il terzo motivo;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

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