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3) Con unica doglianza il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, articolo 20 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 407 del 1994, articolo 18 degli articoli 2, 3 e 41 Cost., del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 23, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 53, del articolo 9 del regolamento sulla pubblicita’ adottato dal Comune di Roseto degli Abruzzi e della L. n. 689 del 1981, articolo 3, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e n. 5).
Il Tribunale sarebbe incorso in error iuris e vizio di motivazione escludendo la formazione tacita del provvedimento abilitativo. Il ricorrente richiama il Decreto del Presidente della Repubblica n. 407 del 1994, articolo 18, che includerebbe le pubbliche affissioni tra le attivita’ private soggette all’applicazione della L. n. 241 del 1990, articolo 20; nonche’ il regolamento del Comune di Roseto degli Abruzzi, che all’articolo 9 autorizza il privato a procedere all’istallazione del mezzo pubblicitario trascorsi 30 giorni dalla presentazione della richiesta, senza che sia stato emesso il provvedimento espresso; mentre, all’articolo 19, comma 3, stabilisce che la dichiarazione della pubblicita’ annuale ha effetto anche per gli anni successivi.
Il ricorrente deduce che l’applicazione dell’istituto del silenzio assenso costituiva una prassi ormai consolidata seguita dal Comune al fine di snellire e sgravare l’attivita’ amministrativa da oneri burocratici. Tale prassi, confermata dalle dichiarazioni testimoniali assunte in primo grado, induceva il privato a confidare in una situazione di fatto apparente, fonte esclusiva dell’error iuris circa la liceita’ dell’affissione.
Infine, (OMISSIS) censura la decisione impugnata nella misura in cui avrebbe obliterato, nella valutazione del legittimo affidamento, l’assenza di una formale determinazione di revoca dell’autorizzazione tacita e il mancato previo annullamento in sede di autotutela del regolamento comunale invocato.
Con cio’, la sentenza impugnata si porrebbe in contrasto con la tendenza evolutiva mostrata dalla giurisprudenza interna, costituzionale e di legittimita’, nonche’ di matrice comunitaria, di valorizzare il legittimo affidamento, come precipitato della buona fede e principio cardine di regolazione dei rapporti tra cittadino e Amministrazione.
4) Il ricorso va rigettato.
L’installazione di impianti pubblicitari e’ indubbiamente soggetta ad un provvedimento autorizzatorio da parte del Comune, come si evince dal chiaro tenore letterale del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 3, comma 3, e dall’articolo 23 C.d.S., comma 4, Decreto Legislativo n. 285 del 1992, a mente del quale “la collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse e’ soggetta in ogni caso ad autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada nel rispetto delle presenti norme. Nell’interno dei centri abitati la competenza e’ dei comuni, salvo il preventivo nulla osta tecnico dell’ente proprietario se la strada e’ statale, regionale o provinciale”.
Ora, e’ ben vero che, in un’ottica di agevolazione delle attivita’ private subordinate all’assenso della Pubblica amministrazione, con la L. n. 241 del 1990, articolo 20, in attuazione del principio del buon andamento e della semplificazione amministrativa, il legislatore ha equiparato in linea di principio il silenzio al provvedimento di accoglimento dell’istanza per l’ottenimento di un titolo abilitativo.
Tuttavia, la portata generale dell’istituto non e’ illimitata.
La L. n. 241 del 1990, articolo 20, comma 4, configura ragguardevoli eccezioni a tale principio; tra esse rientra la materia della pubblica sicurezza. Proprio alla pubblica sicurezza si impronta la ratio del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 23, comma 4. Nel richiedere un provvedimento espresso per l’autorizzazione dell’attivita’ di affissione, quest’ultima norma demanda alla Pubblica Amministrazione un preciso onere di verifica circa le condizioni ed i presupposti per lo svolgimento di essa, cosicche’ risulta illegittima la previsione del meccanismo del silenzio assenso ad opera di fonti secondarie.
Per giunta, in attuazione della L. n. 241 del 1990, articolo 20, comma 4, il Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300, concernente le attivita’ private sottoposte alla disciplina della L. 7 agosto 1990, n. 241, articoli 19 e 20, specifica i casi in cui il silenzio assume valenza significativa circa l’accoglimento dell’istanza. La normativa regolamentare e’ stata implementata dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 407 richiamato dal ricorrente.

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