Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 12 febbraio 2018, n. 3293. E’ inammissibile il ricorso per cassazione se il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito, limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente riprodurli nel ricorso

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Esso risulta formulato in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, all’atto di citazione, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, alla comparsa di costituzione e risposta in grado di appello della societa’ (OMISSIS) s.p.a., al “contenuto della fattura quietanziata”, “deposizione del soggetto che ha emesso il documento”, alla “copia del titolo (assegno)”, alla “notula” l limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimita’ (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non e’ possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimita’ accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso -apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
Va per altro verso posto in rilievo che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ la fattura non costituisce, di per se’, prova del danno, tanto piu’ se non e’ accompagnata da una quietanza o da un’accettazione (v. Cass., 20/7/2015, n. 15176; Cass., 19/7/2011, n. 15832) e se proviene dalla stessa parte che intende utilizzarla.
Orbene, il giudice dell’appello ha nell’impugnata sentenza di tale principio fatto invero piena e corretta applicazione, e il 2 motivo di ricorso (con il quale il ricorrente si duole che la corte di merito abbia “errato nel rilevare” che l’indicazione “quietanza” apposta sulla fattura non consentisse di ritenere effettuato il pagamento “in difetto di ulteriori risultanze istruttorie”, laddove il “fatto principale” dovrebbe ritenersi “gia’ provato anche per la mancanza di emergenze contrarie”; nonche’ avere la corte di merito contestato in modo generico la fattura recante l’indicazione “quietanza”, senza indicare “quali voci fossero state pertinenti e quali voci fossero state esagerate”) si appalesa pertanto inammissibile ex articolo 360 bis c.p.c. (cfr. Cass., Sez. Un., 21/3/2017, n. 7155).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente (OMISSIS) s.p.a., seguono la soccombenza.
Non e’ viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altro intimato, non avendo il medesimo svolto attivita’ difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese a generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente (OMISSIS) s.p.a.

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