Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 10 gennaio 2018, n. 391. È inammissibile il ricorso per revocazione della sentenza della Cassazione allorquando il preteso errore di fatto è denunciato non solo in modo generico

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Il motivo e’ infondato. La L. n. 351 del 1974, articolo 2 ter, in vigore fino al 21 dicembre 2008 e non abrogata per incompatibilita’ con le disposizioni della successiva L. n. 392 del 1978, applicabile anche alle locazioni ad uso diverso dall’abitazione (Cass. 6274 del 1996, 9971 del 2008) dispone: “Sono nulle le clausole contrattuali che contemplano l’obbligo di corresponsione anticipata del canone della locazione per periodi superiori a tre mesi, anche mediante rilascio di titoli di credito”. Ne consegue che poiche’ la libera determinabilita’ del canone per le locazioni di immobili ad uso diverso da quello abitativo non implica la totale liberta’ delle parti di definirne le modalita’ di pagamento, la clausola che preveda la corresponsione anticipata del canone, oltre una determinata misura, puo’ avere l’effetto di neutralizzare per il locatore l’incidenza della eventuale diminuzione del potere di acquisto della moneta al di la di quanto consentitogli dalla sopraindicata L. n. 392, articolo 32, ed incorre quindi nella sanzione di nullita’ che colpisce ogni pattuizione attributiva per il locatore di vantaggi superiori a quelli previsti dalla legge stessa, alla quale si sottraggono, secondo la valutazione preventiva ed insindacabile espressa dal legislatore della L. n. 351 del 1974, menzionato articolo 2 ter, solo le clausole di pagamento anticipato del canone in misura non eccedente le tre mensilita’. Questo principio e’ stato applicato nella fattispecie dai giudici di merito che in fatto hanno evidenziato: a) la pattuizione, contestuale al contratto di locazione per il canone di Euro 533,00, di maggior canone anticipato, a scadenza biennale, per il primo quadriennio; 2) la consegna da parte del conduttore di tre assegni (per l’importo di Euro 26.000,00 e postdatati, come chiariscono il ricorrente ed il resistente nell’esposizione dei fatti). Integrata, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., nei suesposti termini la motivazione della sentenza impugnata, il ricorso va respinto”.
3. Con l’unico motivo del ricorso per revocazione si denuncia “erronea supposizione di un fatto, no costituente punto controverso, la cui verita’ e’ incontrastabilmente esclusa dagli atti e documenti di causa”. L’illustrazione del motivo ha il seguente tenore:
“La motivazione in punto di rigetto del ricorso poggia esclusivamente sull’erroneo assunto secondo cui (pag. 6 2 cpv) i giudici di merito avrebbero “in fatto” “evidenziato: a) la pattuizione, contestuale al contratto di locazione per il canone di Euro 533,00, di maggior canone anticipato, a scadenza biennale, per il primo quadriennio; 2) la consegna da parte del conduttore di tre assegni (per l’importo di euro 26.000,00 e postdatati, come chiariscono il ricorrente ed il resistente nell’esposizione dei fatti)”. Da simili presupposti fattuali, erroneamente rilevati come sussistenti e/o accertati, si fa poi discendere, L. n. 392 del 1978, ex articoli 79 e 32 la nullita’ della (pur non specificata e/o individuata) pattuizione sub a) sull’implicito ed altrettanto erroneo assunto fattuale che sul suo inadempimento fosse fondata la domanda di risoluzione, con conseguente rigetto del ricorso previa integrazione della motivazione. In senso contrario e’, invece, ictu oculi rilevabile come costituiscano dati obiettivi emergenti da atti e documenti di causa, incontroversi ed in ordine ai quali nessuna pronuncia, accertamento o anche mera delibazione e’ mai anche implicitamente intervenuta nei gradi di merito, le circostanze che: a) nessuna delle clausole di cui ai contratti simulato e dissimulato oggetto di scrutinio (doc. 1 e 2 del fascicolo di primo grado), ne’ altra ad essi estranea contestualmente successivamente convenuta, contiene pattuizioni che obblighino il conduttore al pagamento anticipato di canoni locatizi relativi a mensilita’ diverse rispetto a quella di volta in volta corrente, men che meno a cadenze biennali; b) nessun avallo o contributo la ricorrente ha mai nelle sue difese fornito a sostegno della avversa prospettazione secondo cui i menzionati assegni postdatati sarebbero stati rilasciati a titolo di anticipato pagamento canoni, prospettazione che ha anzi recisamente avversato deducendo istanze di prova erroneamente disattese; c) la domanda di risoluzione del contratto di locazione non e’ affatto fondata sul mancato pagamento anticipato di piu’ canoni mensili; Pur nel quadro della rilevabilita’ ex officio della nullita’ di clausole contrattuali contrarie a norme imperative, il Supremo Collegio ha, dunque, errato in punto di fatto: a) nel ritenere contemplata nel regolamento pattizio una (invero inesistente) clausola che imponesse al conduttore di pagare anticipatamente, in unica soluzione, il canone a cadenze biennali; b) nel ritenere radicata sulla violazione di siffatta inesistente pattuizione, dichiarata afflitta da nullita’,
un’azione di risoluzione del contratto fondata, invece, sull’inadempimento dell’obbligo di corrispondere ad ordinaria cadenza mensile il differenziale tra canone simulato e dissimulato; in tali termini si sostanzia quella distorta percezione del contenuto meramente materiale di atti e documenti del giudizio il quale, traducendosi in errore di immediata percezione senza necessita’ di una particolare indagine induttiva o ermeneutica, configura il vizio revocatorio per erronea supposizione di fatti la cui verita’ e’ incontrastabilmente esclusa, vizio determinante della statuizione di rigetto del ricorso e per la cui emenda si invoca l’intervento riparatore di codesta Ecc.ma Suprema Corte…”.
4. Osserva il Collegio che la riferita illustrazione del motivo non evidenzia alcuna errore di fatto addebitabile alla sentenza impugnata in relazione alla sua motivazione.

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