Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 12 febbraio 2018, n. 3348. La garanzia per i vizi redibitori non copre i rischi che l’acquirente per forza di cose assume acquistando un bene in relazione al quale il vizio che lo affetta sia da ritenere facilmente riconoscibile, cioe’, individuabile con l’ordinaria diligenza

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La Corte capitolina, per contro, dopo aver affermato la natura occulta del vizio, tenuto conto che lo stesso concerneva parti non visibili dello stabile, escludeva che la circostanza che l’immobile fosse vetusto implicasse la inoperativita’ della garanzia di cui all’articolo 1490 cod. civ.: l’immobile era stato venduto come immediatamente fruibile ed esente da vizi che ne impedissero l’uso e il tipo di grave vizio riscontrato non poteva considerarsi necessariamente connaturato all’eta’ del manufatto.
Avverso quest’ultima sentenza (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per cassazione, svolgendo sei motivi di censura, ulteriormente illustrati da memoria.
(OMISSIS) non ha svolto difese.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo le ricorrenti deducono l’omesso esame di un punto controverso e decisivo, nonche’ violazione o falsa applicazione degli articoli 1490 e 1492 cod. civ., in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5.
Secondo la prospettazione impugnatoria andava escluso che si fosse in presenza di un vizio redibitorio, cioe’ di una anomalia che concernesse la produzione, fabbricazione, formazione o conservazione della cosa. Bensi’ di una condizione di deterioramento del tutto coerente con lo stato di vetusta’ dell’immobile, ben noto alla compratrice, la quale, appunto, aveva effettuato l’acquisto ad un prezzo conveniente e ben sapeva che avrebbe dovuto effettuare dei lavori di ristrutturazione.
Con il secondo motivo viene denunziata la violazione dell’articolo 2697 cod. civ. e articolo 115 cod. proc. civ..
Si osserva che la resistente non aveva dato prova alcuna della prospettata situazione di precarieta’ statica del solaio (a tal fine non poteva considerarsi prova la perizia di parte), ne’ di aver effettivamente fatto luogo ai lavori di recupero descritti, dovendosi, peraltro, ritenere, sulla base della stessa prospettazione, che il carico sostenibile dal solaio era del tutto congruo in relazione all’uso domestico e perfettamente conforme a quanto prescritto all’epoca della costruzione.
Con il terzo motivo le ricorrenti allegano la violazione dell’articolo 111 Cost., comma 6, e articolo 132 cod. proc. civ., n. 4.
Secondo la tesi impugnatoria la sentenza censurata era venuta meno al dovere di rendere effettiva motivazione, essendosi limitata ad asserti apodittici, stimolati dalla sola visione delle foto prodotte dalla (OMISSIS).
Con il quarto motivo le ricorrenti si dolgono dell’omessa motivazione “in merito all’interpretazione degli accordi intercorsi tra le parti”.
Con il motivo qui in rassegna si assume che al Corte locale aveva senza alcun fondamento affermato che le venditrici avevano garantito il buono stato dell’edificio, asserzione, questa, utilizzata solo nell’inserto pubblicitario dell’agenzia di mediazione, ma niente affatto trascritta nel contratto di compravendita.
Con il quinto ed ultimo motivo le (OMISSIS) deducono la violazione dell’articolo 1492 cod. civ., in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 3.
Le ricorrenti contestano l’affermazione utilizzata dal giudice d’appello, secondo il quale “ove il vizio fosse stato conosciuto dalla parte acquirente – attesa la sua attitudine a determinare una minore utilita’ dell’immobile, tanto da escluderla nello status quo – il prezzo d’acquisto sarebbe stato certamente minore di quello realmente versato”. Invece, spiegano le stesse, “La tutela apprestata dagli articoli 1490 e 1492 c.c. (…) esclude qualsiasi valutazione soggettiva nella condotta dei contraenti, essendo dovuta anche in assenza di colpa del venditore, non avendo essa alcuna funzione sanzionatoria, ma mirando solo ad assicurare l’oggettivo equilibrio del sinallagma contrattuale”. Con la conseguenza che si sarebbe dovuto verificare quale fosse il valore dell’immobile affetto dal lamentato vizio e nel solo caso in cui, tenuto conto della spesa necessaria per rimuoverlo, l’esborso affrontato dall’acquirente fosse stato superiore al valore di mercato sarebbe stato ipotizzabile una riduzione del prezzo. Verifica che la Corte d’appello non aveva effettuato.
Con il sesto motivo si ipotizza la violazione dell’articolo 2697 cod. civ. e articolo 115 cod. proc. civ., nonche’ omessa motivazione su un punto controverso e decisivo.
L’esistenza del vizio e la quantificazione della somma spesa per la sua asserita eliminazione non erano stati supportati da prove e le ricorrenti avevano sempre contestato l’assunto avverso, sia per l’an, che per il quantum (pag. 5 della comparsa di risposta e pag. 2 della memoria comunicata ex articolo 170, cod. proc. civ.). La sentenza d’appello aveva preso a fondamento il mero preventivo depositato dalla (OMISSIS), senza neppure considerare che taluni dei lavori di cui al predetto preventivo facevano parte della ristrutturazione previamente programmata dall’acquirente dell’edificio vecchio di molti decenni e percio’ bisognoso di lavori di recupero.
2. Il primo ed il quarto motivo risultano fondati.
Reiteratamente questa Corte, sia pure al fine di porre la distinzione con l’ipotesi della mancanza di qualita’ essenziali, ha affermato che sussiste il vizio redibitorio qualora la cosa venduta presenti imperfezioni concernenti il processo produttivo o di fabbricazione o la conservazione (ex multis, Sez. 2, n. 10285, 29/4/2010, Rv. 612661, Sez. 2, n. 5202, 7/3/2007, Rv. 595408; Sez.L 2, n. 13925, 25/9/2002, Rv. 557573).
La Corte territoriale, si e’ limitata ad affermare la natura occulta del difetto, omettendo del tutto di verificare se l’imperfezione in discorso fosse da riconnettersi ad una delle cause sopra riportate.
Ne consegue l’accoglimento del primo motivo.

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