Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 6 febbraio 2018, n. 5459. Ai fini del reato di riciclaggio la condotta deve essere idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene

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Si evidenzia che il tribunale del riesame aveva accolto la cautela per un importo pari ad Euro 330.000 in ordine ai versamenti effettuati in favore della (OMISSIS) s.r.l., e cio’ a partire dalla data di entrata in vigore dell’articolo 648 quater c.p. (e, cioe’, dal 21.11.2007) sino a quando la (OMISSIS) era rimasta socia della stessa (OMISSIS) (e, cioe’, sino al 3.11.2009).
La prova della conoscenza da parte dell’indagata della provenienza illecita dei fondi sopra descritti discenderebbe – secondo il ragionamento del tribunale impugnato – dal fatto che l’indagata, quale socia e delegata della fiduciaria della (OMISSIS) dell’attivita’ di finanziamento della (OMISSIS), era consapevole che i fondi investiti provenivano da bonifici non solo da un conto corrente cointestato al marito, ma addirittura da un conto della quale solo lei ricorrente era intestataria, come emergerebbe dalla lettura dei verbali di assemblea dei soci.
Tale conclusione sarebbe fondata su una motivazione apparente giacche’ riposerebbe – secondo gli assunto della difesa – su un evidente travisamento dei fatti. Invero, osserva la difesa che l’asserita partecipazione della (OMISSIS) alle assemblee della (OMISSIS) s.r.l. non dimostrerebbe la consapevolezza della origine illecita delle somme fatte pervenire dal coniuge, (OMISSIS), sui conti della societa’ ed utilizzate per l’acquisto delle quote di partecipazione che la CFI aveva in (OMISSIS). E cio’ perche’ – prosegue la difesa – il (OMISSIS) aveva un consistente patrimonio personale e redditi molto elevati, comunque idonei a giustificare l’entita’ degli investimenti sopra descritti e a far ritenere alla (OMISSIS) che tali investimenti non fossero finanziati con il giro di fatture false per operazioni inesistenti cui l’indagata era totalmente estranea.
Peraltro era da considerarsi erroneo il presupposto – invece valorizzato in motivazione secondo cui i finanziamenti erano transitati su un conto corrente intestato solo alla (OMISSIS).
2. Ricorre anche l’indagato (OMISSIS), con il patrocinio degli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS).
2.1 Con il primo motivo denunzia violazione di legge in relazione all’articolo 2 e 648 quater c.p.. Si osserva che la confisca per equivalente prevista dall’articolo 648 quater c.p. era stata introdotta dal Decreto Legislativo n. 231 del 2007, articolo 63, comma 4, entrato in vigore il 29.12.2007. Stante la natura eminentemente sanzionatoria della misura richiesta del sequestro per equivalente, occorrevano applicare le guarentigie di cui all’articolo 2 c.p. e all’articolo 25 Cost. in punto di irretroattivita’ della norma penale. E cosi’, osserva sempre la difesa, essendo il reato contestato all’indagato un reato istantaneo ed essendo la condotta contestata al (OMISSIS) quella di aver effettuato, nella qualita’ di amministratore della (OMISSIS) srl, acquisti di quote della (OMISSIS) societa’ cooperativa detenuto dalla Compagnia Finanza Impresa, occorreva concludere, anche sulla base della documentazione allegata in questa sede, che sebbene l’operazione di acquisto di quote fosse stata contabilizzata in data 2.1.2008, la stessa era stata commessa, ai fini dell’accertamento del momento consumativo del reato, prima del (OMISSIS) e dunque occorreva restringere l’importo oggetto di tale sequestro alla somma pari ad Euro 280.000, e non gia’ estenderlo all’intera somma oggetto di contestazione
2.2 Con un secondo motivo si articola vizio di carenza assoluta di motivazione sui presupposti applicativi del titolo cautelare.
Osserva la difesa che il tribunale del riesame avrebbe fondato il giudizio sul fumus dei delitti di cui all’articolo 648 bis c.p. e articolo 648 ter c.p. sulla apodittica e non dimostrata affermazione che dai dati contabili e bancari riscontrati emergerebbe che i versamenti oltre che dai conti correnti del (OMISSIS) sarebbero intervenuti dai conti della (OMISSIS), quale denaro proveniente dalla emissione delle fatture per operazioni inesistenti. Si evidenzia che risulta circostanza sottolineata nella stessa ordinanza impugnata che i flussi finanziari su (OMISSIS) provenivano in modo tracciato attraverso normali canali bancari dai conti di (OMISSIS) e (OMISSIS) e mai direttamente attraverso il conto degli altri indagati.
Cio’ posto, denunzia la difesa del ricorrente la erroneita’ giuridica della motivazione impugnata in primo luogo in relazione alla coincidenza della condotta distrattiva con quella appropriativa e la possibile configurabilita’ del delitto di reimpiego prima della dichiarazione di fallimento.
Sul punto la difesa evidenzia che l’ordinanza impugnata si era limitata a rilevare che la (OMISSIS) s.r.l. era stata finanziata attraverso i finanziamenti in un conto soci c/finanziamenti infruttiferi ma nulla era dato sapere come quest’ultimo fosse stato alimentato, da dove i soci avessero tratto le risorse per finanziare la (OMISSIS) s.r.l. e, dunque, se le somme impiegate in quest’ultima societa’ provenissero da condotte qualificabili come delittuose e in particolare come frutto di appropriazione ex articolo 646 c.p..
Si evidenzia, inoltre, la mancanza di motivazione in ordine all’inapplicabilita’ della clausola di riserva di cui all’articolo 648 ter cod. pen.. Sul punto si deduce che il (OMISSIS) era indagato anche come partecipe alla associazione che era diretta anche alla commissione di reati finanziari e di bancarotta. Se cosi’ e’, allora non sarebbe spiegabile – denunzia la difesa – la sua estraneita’ ai reati presupposto.
Si evidenzia, inoltre, che per la integrazione dei reati di cui agli articoli 648 bis e 648 ter c.p. occorre che le condotte siano dirette ad ostacolare l’accertamento sull’origine delittuosa del denaro.
Cio’ posto risulterebbe difficile comprendere – secondo le doglianze della difesa – come il predetto effetto dissimulatorio possa configurarsi in relazione ad una operazione finanziaria avvenuto tramite canali bancari per soddisfare oltre tutto l’esigenza di un socio pubblico che aveva necessita’ di uscire dal capitale della (OMISSIS) societa’ cooperativa.
Si denunzia, infine, la mancanza di motivazione, in punto di astratta configurabilita’ dei reati di cui agli articoli 648 bis e 648 ter c.p., relativamente all’elemento soggettivo del reato che si configura come dolo generico. Si osserva che il fumus criminis si ricaverebbe nella ordinanza impugnata dalle dichiarazioni accusatorie rese dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), quest’ultimo avendo rese dichiarazioni spontanee che, sulla scorta del suo decesso, renderebbero fruibili le dichiarazioni stesse.
Sul punto mancherebbe un approfondimento motivatorio in punto di consapevolezza del (OMISSIS) circa la provenienza illecita delle somme oggi oggetto del provvedimento cautelare. Si denunzia, inoltre, la inconfigurabilita’ astratta della fattispecie delittuosa contestata all’indagato in quanto il reato di cui all’articolo 648 ter c.p., comma 1 era stato introdotto con la L. n. 186 del 2014 e dunque in epoca successiva alla data di dimissioni del Dott. (OMISSIS) dalla (OMISSIS) s.r.l..
2.3 Con un terzo motivo si articola vizio argomentativo in ordine alla natura del profitto di reato della somma pari ad Euro 13.411.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ fondato nei limiti qui di seguito precisati.
3.1 Quanto al ricorso presentato congiuntamente dagli indagati (OMISSIS) e (OMISSIS), e’ fondato il terzo motivo relativo al capo di imputazione 7 che attinge il (OMISSIS).
Nel resto il predetto ricorso e’ infondato.
Occorre, pertanto, esaminare prima i motivi di ricorso infondati presentati, in particolare, dal (OMISSIS).
Sul punto e’ d’obbligo evidenziare, in primo luogo, un preliminare profilo di aspecificita’ del primo motivo di ricorso che, in realta’, non si confronta con le corrette argomentazioni dispiegate nella motivazione impugnata, limitandosi ad operare un confronto tra la motivazione resa dal G.i.p. – ritenuta corretta – e quella resa dal Tribunale del riesame di cui, invece, viene denunziata la illegittimita’.
Non e’ invece rintracciabile la denunziata violazione di legge.
3.1.1 Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilita’, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato (Sez. U, Sentenza n. 31617 del 26/06/2015 Ud., dep. 21/07/2015).
Cio’ detto, la motivazione impugnata, che – peraltro – nel caso di specie e’ censurabile solo nei ristretti limiti di cui all’articolo 325 c.p.p. (e cioe’, nei limiti del vizio di violazione di legge), ha comunque motivato anche in ordine al vincolo di pertinenzialita’ tra il denaro oggetto di sequestro ed il reato distrattivo contestato (cosi’, come richiesto da Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16008 del 12/02/2015 Cc. (dep. 16/04/2015) Rv. 263702), cosi’ evidenziando il rilevato accrescimento del conto corrente e la riconducibilita’ di tale accrescimento alla attivita’ delittuosa oggetto di contestazione, e cio’ anche in mancanza di giustificazioni fornite sul punto dagli indagati (cfr. pagg. 12, 13 e 14 della ordinanza impugnata).
Cio’ che si vuol significare e’ che la ordinanza impugnata e’ andata ben oltre i suoi obblighi motivatori, evidenziando il sopra richiamato vincolo di pertinenzialita’ e comunque di derivazione tra le somme oggetto di sequestro e l’attivita’ delittuosa contestata. Ne discende che non e’ ipotizzabile ne’ l’apparenza di motivazione ne’ tanto meno la denunziata violazione di legge.
3.2 Anche il secondo motivo di doglianza e’ infondato.
3.2.1 Come correttamente argomentato anche nella motivazione impugnata (cfr. pagg. 11 e 12), i delitti di ricettazione e riciclaggio riguardanti il provento del reato di bancarotta fraudolenta sono configurabili anche nell’ipotesi di condotte distrattive compiute prima della dichiarazione di fallimento, in tutti i casi in cui tali condotte erano “ab origine” qualificabili come appropriazione indebita ai sensi dell’articolo 646 c.p., per effetto del rapporto di progressione criminosa esistente fra le fattispecie che comporta l’assorbimento di tale ultimo delitto in quello di cui alla L. Fall., articolo 216 quando il soggetto, a danno della quale l’agente ha realizzato la condotta appropriativa, venga dichiarato fallito (Sez. 5, Sentenza n. 572 del 16/11/2016 Cc. (dep. 05/01/2017) Rv. 268600; Sez. 2, n. 33725 del 19/04/2016, Dessi’, Rv. 267497). Una opzione esegetica, quest’ultima, che e’ condivisibile, in considerazione del rapporto in cui si trovano il delitto di appropriazione indebita (aggravata ai sensi dell’articolo 61 c.p., n. 11, in considerazione delle qualita’ dei soggetti agenti; e quindi anche procedibile d’ufficio) e il delitto di bancarotta patrimoniale in ragione del quale il secondo assorbe il primo (ai sensi dell’articolo 84 c.p., divenendo l’appropriazione un elemento costitutivo della bancarotta: cosi’ Sez. 5, n. 2295 del 03/07/2015, Marafioti, Rv. 266018) quando la societa’, a danno della quale l’agente ha realizzato la condotta appropriativa (che diviene distrattiva), venga dichiarata fallita.

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