Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 6 febbraio 2018, n. 5459. Ai fini del reato di riciclaggio la condotta deve essere idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene

segue pagina antecedente
[…]

Il G.i.p. del Tribunale di Salerno rigettava la originaria richiesta di sequestro avanzata dal P.m. in forma diretta in ordine ai reati associativi e di bancarotta fraudolenta ritenendo, in sintesi, non dimostrata l’esistenza di una diretta derivazione causale del denaro che si intendeva vincolare dall’attivita’ delittuosa ipotizzata a carico degli indagati ed il rapporto di stretta connessione tra le risorse economiche per le quali si era avanzata richiesta di sequestro e la condotta illecita perseguita. Piu’ in particolare, il G.i.p. aveva rilevato che il P.m., sul quale incombeva il relativo onere probatorio, non aveva indicato ne’ tanto meno dimostrato che le somme distratte fossero confluite sui conti correnti degli indagati e ivi rimaste in giacenza per oltre sei anni, ovvero fossero state investite in titoli, polizze, beni immobili o mobili registrati, non essendo stati ricostruiti i flussi finanziari attraverso i quali il denaro distratto sarebbe pervenuto nella disponibilita’ degli indagati. Inoltre, quanto al reato associativo, il G.i.p. rigettava perche’ anche in questo caso il profitto non poteva dirsi ricollegato direttamente a tale tipologia di reati, senza che fosse stata fornita alcuna indicazione specifica dell’effettivo profitto realizzato da ciascun associato.
Quanto alla richiesta di sequestro per equivalente il G.i.p. la rigettava in quanto in ordine ai reati di riciclaggio riteneva la coincidenza tra gli indagati chiamati a rispondere di concorso in bancarotta fraudolenta e quelli ai quali era stato attribuito il reato di riciclaggio o di impiego di denaro di provenienza illecita.
Quanto ai reati tributari, infine, il G.i.p. rigettava la richiesta in quanto la finalita’ concretamente perseguita con la emissione e utilizzazione delle fatture per operazioni inesistenti era esclusivamente quella di realizzare lo svuotamento delle casse aziendali e non si riveniva, dunque, il dolo specifico di evasione.
Avverso tale diniego interponeva, come detto, appello il P.m., appello che in parte veniva accolto con il provvedimento qui impugnato dagli indagati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
1.1 Denunziano i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), con un unico ricorso a firma degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), con un primo motivo vizio di violazione di legge in relazione all’articolo 240 c.p. in relazione alla asserita sussistenza del rapporto di pertinenzialita’ tra la somma sottoposta a sequestro ai fini della confisca in forma diretta ed i reati contestati al (OMISSIS) ai capi 3, 4, 5 6 e 9 della rubrica.
Osserva la difesa che il tribunale del riesame aveva rilevato che almeno una parte delle somme distratte dal patrimonio sociale con le condotte di bancarotta era transitata sui conti correnti personali del (OMISSIS) e che non occorreva ai fini dell’emissione della misura cautelare reale che sussista l’ulteriore prova che tali somme siano rimaste in giacenza sino all’attualita’ su tali conti ovvero siano reinvestite in altri beni, e cio’ in ragione della natura fungibile del denaro ed essendo sufficiente la prova dell’accrescimento numerarlo e degli indizi di derivazione di tale accrescimento dall’attivita’ illecita. Il Tribunale del riesame aveva, poi, evidenziato che le rimesse di denaro sul conto personale del (OMISSIS) non trovavano giustificazione dal punto di vista contrattuale o formale avendo le societa’ cd. cartiere e collaboratrici rapporti formali solo con la (OMISSIS) societa’ cooperativa e che, pertanto, nei limiti indicati, poteva addivenirsi al sequestro in forma diretta delle somme di denaro che si trovavano nell’attuale disponibilita’ dell’indagato.
Si osserva da parte della difesa che, dopo il provvedimento di diniego del G.i.p. (la cui ratio si fondava sulla mancata prova da parte del P.m. istante del rapporto di derivazione diretta dell’accrescimento numerarlo dall’attivita’ illecita ipotizzata a carico dell’indagato), il Tribunale del riesame aveva semplicemente affermato che – ai fini del sequestro finalizzato alla confisca diretta – erano sufficienti i dati mergenti dalla consulenza tecnica del P.m. dove tuttavia erano stati genericamente indicati alcuni versamenti effettuati sul conto corrente del (OMISSIS), senza ricostruire il percorso seguito dalle somme asseritamente distratte ed omettendo ogni indagine volta ad accertare che le somme di denaro versate fossero realmente quelle riconducibili alle contestate attivita’ distrattive.
1.2 Con un secondo motivo si declina sempre violazione di legge in relazione agli articoli 648 bis e 648 ter c.p. in ragione della ritenuta configurabilita’ dei delitti di riciclaggio e di impiego di beni di provenienza illecita come contestato al capo 34 della rubrica in relazione alla posizione di (OMISSIS), e cio’ con riferimento a condotte antecedenti alla consumazione del reato presupposto di bancarotta fraudolenta e comunque vizio di mancanza assoluta di motivazione in ordine alla ipotizzata sussistenza delle condotte integranti il reato di appropriazione indebita.
Si evidenzia che il tribunale del riesame aveva superato la eccezione di inconfigurabilita’ dei reati di cui agli articoli 648 bis e 648 ter c.p. per il mancato perfezionamento del reato presupposto (e cioe’ il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione), realizzatosi solo successivamente con la sentenza dichiarativa di fallimento emessa in data 24 marzo 2014, richiamando l’indirizzo esegetico secondo cui sussiste il reato di riciclaggio e di ricettazione anche qualora le distrazioni fossero ab origine qualificabili come appropriazioni indebite.
Sul punto si evidenziava da parte della difesa il fatto che esisteva un orientamento esegetico espresso sempre dalla Suprema Corte contrario a quello da ultimo menzionato.
Si denunzia, comunque, il difetto assoluto di motivazione giacche’ il tribunale del riesame dopo aver affermato il principio di diritto sopra ricordato non aveva in alcun modo motivato in ordine alla effettiva sussistenza nel caso di specie del reato di appropriazione indebita.
1.3 Con un terzo motivo si articola vizio di violazione dell’articolo 648 bis c.p. in relazione alle condotte contestate al (OMISSIS) per il capo 7 della rubrica, con conseguente illegittimita’ del sequestro per equivalente disposto ai sensi dell’articolo 648 quater c.p. e, comunque, difetto assoluto di motivazione con riferimento all’ipotizzato reato di riciclaggio sempre contestato al capo 7.
Sul punto la difesa dell’indagato aveva gia’ evidenziato in sede di riesame che la condotta contestata al capo 7 doveva essere riqualificata ai sensi dell’articolo 648 c.p. giacche’ il (OMISSIS) si sarebbe limitato a ricevere sul conto corrente la somma di Euro 298.662 senza adottare alcun espediente volto ad ostacolare l’accertamento dell’origine illecita della predetta somma di denaro.
Orbene il tribunale del riesame – richiamando sul punto una giurisprudenza espressa da questa Corte e secondo la quale il delitto di riciclaggio sarebbe integrato anche da condotte finalizzate non solo ad impedire ma anche a rendere semplicemente piu’ difficile l’accertamento della provenienza illecita dei beni attraverso qualsiasi espediente – aveva ritenuto pertanto configurabile il delitto di riciclaggio anche nel caso di specie, atteso che il versamento sul conto personale era comunque finalizzato a creare una schermatura alla provenienza illecita del denaro.
Tale conclusione era invece da considerarsi inaccettabile ed illegittima perche’ fondata su una errata esegesi dell’arresto giurisprudenziale richiamato (ove il nascondimento del denaro era avvenuto con un sistema complesso di “conti di sponda”) e perche’, per la configurabilita’ del reato di riciclaggio, occorre un quid pluris consistente nel compimento da parte dell’agente di un attivita’ volte ad ostacolare la tracciabilita’ della provenienza del bene.
Ne conseguiva la non applicabilita’ al caso di specie del disposto normativo di cui all’articolo 648 quater c.p. in tema di sequestro per equivalente perche’ applicabile alle fattispecie delittuose previste dagli articoli 648 bis e 648 ter c.p., e non gia’ per il reato di ricettazione. Si evidenzia, altresi’, la non configurabilita’ del reato contestato anche in ragione del fatto che il (OMISSIS) non poteva ritenersi totalmente estraneo alle condotte distrattive integranti il reato presupposto, e cio’ anche in considerazione della circostanza che all’indagato era stata anche addebitata la condotta di aver promosso e diretto una associazione a delinquere che avrebbe operato sino alla data del fallimento della (OMISSIS) al fine di commettere reati tributari e di bancarotta volti a determinare lo svuotamento del patrimonio sociale attraverso un sistema che prevedeva l’emissione di fatture oggettivamente inesistenti da parte delle imprese collegate alla famiglia Ventura.
Ne conseguiva che l’affermata autonomia delle condotte ascrivibili al (OMISSIS) e al (OMISSIS) costituiva una mera finzione integrante gli estremi della motivazione apparente.
1.4 Con un quarto motivo si censura l’ordinanza impugnata per violazione di legge in relazione all’articolo 648 ter c.p. per le condotte contestate alla (OMISSIS) al capo 34 con conseguente illegittimita’ del sequestro per equivalente disposto ai sensi dell’articolo 648 quater c.p. e, comunque, per vizio di carenza assoluta di motivazione sul medesimo punto.

segue pagina successiva in calce all’articolo
[…]

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *