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2. In premessa, mette conto ribadire che, come ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto puo’ essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicita’ manifesta, la quale puo’ denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606, lettera e), stesso codice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710). Il ricorso, peraltro, articola, almeno nella parte di gran lunga piu’ significativa delle censure proposte, errores in procedendo rientranti nella cognizione del giudice di legittimita’ in questa sede.
Invero, rileva la Corte che il nucleo essenziale delle doglianze proposte dal ricorso puo’ essere individuato in due tesi intorno alle quali l’impugnazione articola – principalmente nei primi due motivi – la critica al provvedimento del Tribunale del riesame di Firenze: da un lato, l’affermazione del “legame imprescindibile che lega il sequestro conservativo al pignoramento”; dall’altro, il rilievo che l’immobile oggetto di sequestro, in quanto sottoposto a vincolo di destinazione a norma dell’articolo 2645 ter c.c., “non e’ suscettibile di pignoramento e conseguentemente non e’ sequestrabile”. E’ sullo scrutinio di queste due tesi, del tutto centrali nell’economia delle argomentazioni della ricorrente, che l’esame del ricorso deve concentrarsi.
3. La prima delle due tesi sulle quali fa leva il ricorso e’ senz’altro corretta. Le Sezioni unite di questa Corte hanno di recente ribadito la configurazione del sequestro conservativo delineata dal nuovo codice di rito penale: “il vigente sequestro conservativo penale e’ un istituto ridisegnato anche sulla falsariga del sequestro conservativo civile, previsto dall’articolo 2905 c.c., e regolato, nella procedura, dall’articolo 671 c.p.c., del quale ricalca il limite alla autorizzabilita’ da parte del giudice rispetto a beni impignorabili, e la eseguibilita’ con forme (secondo le norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso terzi o mediante trascrizione), che ne rendono evidente la natura di pignoramento anticipato” (cosi’, in una fattispecie in tema di beni conferiti in fondo patrimoniale, Sez. U, n. 38670 del 21/07/2016, Culasso, in motivazione). E’ in questa prospettiva, del resto, che il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ circoscrive l’operativita’ del sequestro conservativo presso il datore di lavoro di somme di denaro relative a crediti retributivi ad un importo non superiore al quinto delle stesse, richiamando in proposito i medesimi limiti posti dall’articolo 545 c.p.c., all’esecuzione del pignoramento (Sez. 6, n. 16168 del 04/02/2011, P.C., De Biase, Rv. 249329; Sez. 5, n. 31733 del 26/05/2015, Valeria, Rv. 264768).
Ribadito, dunque, l’insegnamento delle Sezioni unite secondo cui, in tema di impugnazione delle misure cautelari reali, le questioni attinenti al regime di pignorabilita’ dei beni sottoposti a sequestro conservativo sono deducibili con la richiesta di riesame e devono essere decise dal tribunale del riesame, al quale e’ demandato un controllo “pieno”, che deve tendere alla verifica di legittimita’ della misura ablativa in tutti i suoi profili (Sez. U, n. 38670 del 21/07/2016, Culasso, Rv. 267592), rileva la Corte che, sotto questo profilo, colgono nel segno le censure della ricorrente in ordine alla ricostruzione del giudice del riesame della portata della misura cautelare reale in termini di “prenotazione cronologica” a garanzia del credito vantato dalla curatela, pur essendo alla stessa preclusa la possibilita’ di agire in via esecutiva sul bene di proprieta’ dell’imputata a causa del vincolo ex articolo 2645 ter c.c., sullo stesso gia’ trascritto: ricostruzione, questa, che, da una parte, svilisce la natura del sequestro conservativo di “pignoramento anticipato”, per riprendere la definizione offerta da Sez. U. Culasso, e, dall’altra, elude la questione della pignorabilita’ dell’immobile oggetto della misura di cui all’articolo 316 c.p.p.. Assorbite le ulteriori censure (e, in particolare, quelle articolate con il terzo motivo), l’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata per nuova valutazione ancorata al detto principio di diritto.
4. Non puo’ essere condivisa, invece, la seconda delle tesi sulle quali fa leva il ricorso.
4.1. Introdotto dal Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 273, articolo 39 novies, convertito, con modificazioni, con L. 23 febbraio 2006, n. 51, l’articolo 2645 ter c.c., ha delineato un “atto con effetto tipico reale, perche’ inerente alla qualita’ del bene che ne e’ oggetto, sia pure con contenuto atipico purche’ corrispondente ad interessi meritevoli di tutela” (Cass., Sez. 6 civ., n. 3735 del 24/02/2015). Nei suoi tratti fondamentali, l’istituto ricollega all’atto di destinazione trascritto un regime di opponibilita’ ai terzi del vincolo apposto per determinate finalita’ (tra le quali, la tutela dell’interesse di persona portatrice di disabilita’, come nel caso di specie), la legittimazione di qualsiasi soggetto interessato ad agire per la realizzazione dell’interesse alla cui tutela il vincolo e’ finalizzato, la limitazione di responsabilita’ del bene “destinato” a garanzia patrimoniale solo dei debiti contratti per tale finalita’: in questo senso, la dottrina ha fatto riferimento ad una parziale inespropriabilita’ del bene “destinato”.
L’estraneita’ degli interessi della curatela che ha chiesto e ottenuto il sequestro conservativo in esame alla sfera dei debiti contratti per il conseguimento della finalita’ per la quale l’immobile e’ stato vincolato non e’ contestata dai giudici cautelari.
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