Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 17 gennaio 2018, n. 1935. In riferimento al sequestro conservativo in generale non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato gli atti a titolo gratuito compiuti dall’imputato in un tempo successivo al reato.

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5.2. L’erroneita’ della tesi della ricorrente secondo cui, in termini assoluti, l’immobile sottoposto a vincolo di destinazione a norma dell’articolo 2645 ter c.c., “non e’ suscettibile di pignoramento e conseguentemente non e’ sequestrabile” si apprezza, tuttavia, con riguardo alla disciplina dettata dall’articolo 192 c.p., Sez. U. Culasso (intervenuta, come si visto, in una fattispecie relativa a beni conferiti in un fondo patrimoniale) ha richiamato “le ipotesi di inefficacia automatica degli atti a titolo gratuito compiuti dall’imputato-debitore dopo il reato” previste appunto dall’articolo 192 c.p.: tali ipotesi di c.d. revocatoria penale, hanno precisato le Sezioni unite, sono configurate per “operare come altrettante cause di inefficacia relativa dell’atto dispositivo del bene”, atto di per se’ valido e tuttavia, “non opponibile dal colpevole, ossia dal soggetto gia’ condannato”; cause di inefficacia, queste, che “ben possono spiegare i loro immediati effetti anche relativamente alla cautela penale, nella sede della emissione e della impugnazione del sequestro conservativo, prima che si converta in pignoramento”. Nella prospettiva delineata dalle Sezioni unite, un precedente arresto di questa Corte (Sez. 2, n. 2386 del 19/12/2008 – dep. 20/01/2009, Liuzzi, Rv. 243033), evidenziato come il richiamo contenuto nell’articolo 192 cod. pen. ai crediti indicati nell’articolo 189 c.p., debba essere oggi riferito ai crediti indicati nell’articolo 316 c.p.p., ha rimarcato, per un verso, che in forza dell’articolo 192 cit. “tutti gli atti a titolo gratuito posti in essere dall’imputato a partire dal tempus commissi delicti non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato” e, per altro verso, che la finalita’ del sequestro conservativo ex articolo 316 c.p.p., “consiste nell’immobilizzare il patrimonio del soggetto obbligato e attuare, cosi’, la piena e concreta tutela del danneggiato dal reato per il soddisfacimento del suo credito risarcitorio, in attesa dell’esito dell’azione revocatoria”. Ne’ in senso contrario puo’ argomentarsi sulla base della giurisprudenza di legittimita’ – richiamata genericamente dalla ricorrente – che ha ritenuto insuscettibili di formare oggetto di sequestro conservativo i beni assoggettati al regime del fondo patrimoniale per un debito che il creditore sapeva essere stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia (Sez. 5, n. 598 del 01/10/2003, Orlando, Rv. 227445): nel caso esaminato in quell’occasione dalla Corte, infatti, l’illegittimita’ del sequestro conservativo chiesto dalla curatela fallimentare fu motivato attraverso il riferimento alla L. Fall., articolo 46, che espressamente esclude dal novero dei beni compresi nel fallimento quelli costituiti in fondo patrimoniale (salvo quanto disposto dall’articolo 170 c.c.).
4.3. D’altra parte, le indicazioni rinvenibili nella giurisprudenza di legittimita’ richiamata – e, prima di tutto, in Sez. U. Culasso – sono in linea con quelle offerte dalle Sezioni civili di questa Corte. Nel quadro di un’approfondita ricognizione della portata della disciplina dettata dall’articolo 192 c.p., Sez. 3 civ., n. 23158 del 31/10/2014 ha individuato il fondamento di tale disciplina nell'”esigenza di attribuire specifica tutela ai crediti derivanti da reato”, sicche’ la peculiare inefficacia comminata dalla norma in esame si inscrive nel nucleo minimo di istituti che tendono a proteggere la vittima del reato: infatti, rispetto agli “atti a titolo gratuito successivi alla commissione del reato, definiti tout court inefficaci dal codice penale”, “nessuna ragione di tutela si puo’ rinvenire in favore dei beneficiari di quegli stessi atti nella comparazione con le prioritarie esigenze del creditore per il risarcimento del danno cagionato dal reato stesso: a fronte di un incremento del proprio patrimonio privo, per definizione, di corrispettivo, qual e’ quello del beneficiario di quell’atto, deve trovare considerazione assolutamente preferenziale invece l’esigenza di ristorare il patrimonio del danneggiato dal reato, vulnerato da una condotta illecita e punita con la piu’ grave delle sanzioni pubblicistiche e quindi affetta dalla considerazione del massimo disvalore possibile per l’intero ordinamento”. Quanto alla portata della disciplina dettata dall’articolo 192 c.p., esplicita e’ la sua proiezione anche sul piano della tutela cautelare: “l’inefficacia penale puo’ rilevare (…) come giustificazione di misure cautelari finalizzate a preservare la garanzia consistente nel patrimonio del colpevole, prima ancora della sua condanna ed alla sola condizione della sua sottoposizione a procedimento penale: e’, oggi, il caso del sequestro conservativo previsto dall’articolo 316 c.p.p., una volta chiesto (…) dal danneggiato che si sia costituito parte civile; tuttavia, l’inefficacia potra’ giungere a legittimare l’esecuzione sui beni sequestrati solo una volta che il sequestro, in virtu’ dei principi generali processualcivilistici richiamati dall’articolo 320 c.p.p., si sia convertito – ma pur sempre con efficacia ex tunc e anticipando quindi al tempo della sua attuazione gli effetti della successiva azione esecutiva – in pignoramento in dipendenza del riconoscimento dei credito con sentenza di merito”.
4.4. Pertanto, alla luce delle convergenti linee interpretative tracciate dalla giurisprudenza di legittimita’ in sede penale e in sede civile, deve ribadirsi il principio di diritto in forza del quale non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato gli atti a titolo gratuito posti in essere dall’imputato successivamente al tempus commissi delicti. Sotto questo profilo, fermi i principi di diritto enunciati, l’accertamento della sussistenza nel caso di specie dei presupposti applicativi della disciplina dettata dall’articolo 192 c.p. – avuto riguardo, in particolare, alla gratuita’ dell’atto di destinazione (e in considerazione delle indicazioni problematiche espresse, sul punto, dal provvedimento applicativo della Corte di appello di Firenze) – deve essere rimesso al giudice del rinvio.
6. Per le ragioni indicate, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Firenze.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Firenze.

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