Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 26 gennaio 2018, n. 3869. Non puo’ parlarsi di affidamento sull’operato altrui quando colui che si affida sia in colpa per aver violato determinate norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte

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E’ configurabile infatti, sotto un primo profilo, l’interruzione del nesso di causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo ed incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta (Sez. 4, n.33329 del 575/2015, Rv.264365).
Nella specie, il paziente e’ deceduto per le complicanze della frattura, non tempestivamente diagnosticata dal medico di base, e non per una patologia differente, e dunque non si e’ innescato alcun fattore successivo, imprevedibile, quale causa dell’evento mortale.
Se e’ vero che vi furono altre negligenze, va pero’ ricordato, in tema di causalita’, che non puo’ parlarsi di affidamento sull’operato altrui quando colui che si affida sia in colpa per aver violato determinate norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, che gli succedono nella stessa posizione di garanzia, eliminino la violazione o pongano rimedio alla omissione, con la conseguenza che qualora, anche per l’omissione del successore, si produca l’evento che una certa azione avrebbe dovuto o potuto impedire, esso avra’ due antecedenti causali, non potendo il secondo assurgere a fatto eccezionale, sopravvenuto, sufficiente da solo a produrre l’evento (Sez. 4, n.692 del 14/1/2013, dep. 10/1/2014, Rv.258127).
Nella fattispecie di colpa professionale oggetto del procedimento, sono state configurate plurime condotte colpose, autonome ed indipendenti, poste in essere non contestualmente dai vari medici che si occuparono del (OMISSIS), e che condussero al suo decesso. Cio’ non esclude che ognuno fosse tenuto al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte nel proprio intervento sanitario, dovendosi rimarcare che l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale, su cui poi si innesti l’altrui condotta colposa, non puo’ invocare il richiamato principio dell’affidamento, poiche’ la sua responsabilita’ persiste in base al principio della equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalita’ ed imprevedibilita’ (Sez.4, n.30991 del 672/2015, Rv.264315), carattere, si e’ gia’ detto, da escludersi nel caso in esame.
A tali principi si e’ attenuta la sentenza impugnata, che non incorre nel denunciato vizio di legittimita’.
Il ricorrente, infine, ritiene che l’addebito a suo carico possa contenersi nella colpa lieve, che sarebbe penalmente irrilevante in base ai canoni della legge Balduzzi, estesa dalla giurisprudenza applicativa anche al caso di negligenza, oltre che di imperizia legislativamente previsto, e fa anche un mero richiamo al “d.d.l. Gelli”.
Il riferimento a tale normativa e’ del tutto inconferente.
Le sentenze di merito sono assolutamente univoche nel senso dell’affermazione di una plateale negligenza, a fronte della quale non si e’ mai dibattuto nel processo del rispetto di linee guida o di buone pratiche nell’esercizio dell’arte medica.
4. Per tali ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, al versamento della somma di 2.000,00 Euro in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Coste Cost., sent.n.186/2000), ed al rimborso delle spese in favore delle costituite parti civili, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende nonche’ al rimborso delle spese di giudizio in favore delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), liquidate in complessive Euro 3.500,00 oltre agli accessori di legge.

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