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In cio’, sarebbe ravvisabile violazione dell’articolo 429 c.p.p., comma 1, lettera c) e dell’articolo 3, comma 3, lettera a) CEDU. La motivazione con cui la Corte territoriale ha respinto tale eccezione, sarebbe in netto contrasto con il dettato normativo, tanto nazionale, quanto comunitario.
Con il secondo motivo, lamenta la contraddittorieta’ della motivazione, che si porrebbe in contrasto con gli atti del processo, nella parte in cui attribuisce alla imputata, come condotta causale efficiente dell’evento, quella di avere interrotto bruscamente la terapia con il minore. La difesa, sul punto, rappresenta che la sentenza sarebbe andata contro le evidenze probatorie, avendo ritenuto di ascrivere alla ricorrente l’interruzione improvvisa delle terapie. Tale aspetto contrasterebbe con le emergenze processuali, dalle quali risulta che la interruzione dipese dall’intervento dei Servizi sociali di (OMISSIS) che sottrassero il minore alla madre, collocandolo in un apposito centro, in data (OMISSIS). Da allora, fu impossibile per la ricorrente vedere ed avere contatti con il minore.
Terzo motivo: violazione dell’articolo 590 c.p., comma 2, in relazione all’articolo 583 c.p., comma 2, per assenza dell’evento prescritto dalla legge e assenza di una malattia certamente e probabilmente insanabile. Secondo la prospettazione difensiva, la sentenza di appello avrebbe recepito acriticamente le conclusioni cui era pervenuto il perito nominato dal Tribunale, dott. (OMISSIS), il quale giunge, nella perizia, alla erronea conclusione che l’aggravamento delle condizioni di salute di (OMISSIS) erano da ascriversi alla condotta della ricorrente, la quale non aveva adeguatamente preparato il paziente alla conclusione della terapia.
Non era stata, tuttavia, presa in considerazione, altra causa alternativa di aggravamento dello stato di salute del minore, individuabile nel brusco affidamento del bambino ai servizi sociali, nella interruzione della terapia con la dott.ssa (OMISSIS), nel cambiamento radicale di vita instauratosi con tale affidamento.
Ulteriore profilo di censura, era da ravvisarsi nella mancanza di elementi dai quali potersi desumere che la malattia insorta nel minore fosse gravissima, in quanto nessun perito o testimone fa riferimento alla irreversibilita’ di tali lesioni. La stessa Corte di appello, in un passaggio della decisione, apparirebbe dubbiosa in ordine a tale possibilita’.
Con il quarto motivo, la difesa deduce un ulteriore vizio di contraddittorieta’ della motivazione, nella parte in cui ritiene che l’imputata non abbia rispettato, per colpa grave, i parametri dell’agente modello. Le tesi sostenute da diversi altri professionisti, in base alle quali la (OMISSIS) avrebbe dovuto seguire un diverso approccio metodologico, resterebbero confinate nell’ambito delle opinioni. Cio’ in quanto, in tale campo, non esistono linee guida. In proposito, la difesa allega la risposta fornita dal Presidente del Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi che, interpellato circa la esistenza di linee guida in materia, ha affermato che non esistono linee guida emanate dall’Ordine, riferite a specifici settori, come quello della psicoterapia infantile. Pur volendo ammettere che la ricorrente abbia applicato una terapia rivelatasi, ex post errata, e’ sostenibile, afferma la difesa, che la stessa abbia agito in buona fede, pienamente convinta che il minore avesse subito abusi sessuali ad opera del padre: dovrebbe, pertanto, trovare applicazione l’articolo 47 c.p., comma 1, per essere incorsa, la ricorrente, in un errore scusabile.
In ragione delle esposte argomentazioni, la difesa chiede alla Corte di ritenere la nullita’ del capo di imputazione per genericita’ dello stesso e, in accoglimento dei motivi di ricorso, di annullare la sentenza impugnata con ogni conseguenza di legge.
Nel corso della discussione svoltasi finanzi a questa Corte, la difesa ha invocato l’applicazione, al caso in esame, della L. 8 marzo 2017, n. 24.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che il ricorso proposto dalla difesa della imputata sia fondato nei termini che saranno di seguito precisati.
2. La Corte di appello, nel dichiarare non doversi procedere nei confronti dell’imputata, per estinzione del reato a lei ascritto per intervenuta prescrizione, ha confermato la sentenza del Tribunale in punto di statuizioni civili.
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