Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 16 gennaio 2018, n. 1762. La confessione e’ si’ soggetta come tutte le prove orali alla verifica dell’attendibilita’

segue pagina antecedente
[…]

Diversamente da quanto si asserisce nel ricorso, pertanto, ci si e’ altresi’ basati su un ulteriore elemento di prova – che si aggiunge alle ammissioni – di per se’ idoneo a rappresentare autonomamente la responsabilita’ dell’imputato.

Anche i rilievi tramite cui ci si duole della qualificazione giuridica del fatto sotto la fattispecie del tentato omicidio risultano con tutta evidenza infondati.

Invero, da un lato, si procede alla mera enunciazione di un’ampia gamma di principi giurisprudenziali, dall’altro si adducono argomenti in fatto per di piu’ irrilevanti al fine di contrastare le logiche motivazioni della sentenza impugnata che spiegano come siano stati correttamente considerati, sotto il profilo dell’accertamento del dolo di omicidio e delle univocita’ e idoneita’ della condotta, la reiterazione dei colpi, il mezzo usato, le parti del corpo attinte e le conseguenze lesive provocate alla vittima, rimasta inerme priva di ogni difesa.

Al riguardo, nel ricorso, oltre a farsi un generico cenno ad una mancata comparizione della persona offesa a seguito di convocazione (obiezione priva di qualsiasi precisazione che ne possa rappresentare una sia pur astratta rilevanza), si obietta che la lesione con lo strumento da punta in regione addominale destra non aveva interessato organi interni. Ma, in tal modo si omette del tutto di considerare, alla stregua delle valutazioni ex ante di natura prognostica correttamente fatte proprie dai giudici di merito, la concreta possibilita’ del raggiungimento a mezzo del medesimo colpo di detti organi interni, vitali, in ragione di una forza e un tramite di impatto diversamente incidenti per i contemporanei movimenti dell’aggressore e la posizione della vittima, si’ che i tessuti della sede interessata avrebbero di certo potuto offrire minore resistenza.

Si fa riferimento poi alla prognosi di giorni trenta, ma non si tiene conto pero’ della circostanza, pure rilevata dai giudici di merito, che tale prognosi venne formulata solo dopo essere stata sciolta quella iniziale “riservata” sulla vita.

E che questo iniziale responso fosse coerente rispetto agli effetti lesivi appare perfettamente rappresentato dalla descrizione nella sentenza impugnata della sede degli altri colpi e delle conseguenze degli stessi, fra cui in particolare la frattura della rocca petrosa, neppure considerata dai rilievi di cui al ricorso.

Proprio in forza di cio’ invece e’ stata spiegata l’univocita’ e idoneita’ della condotta, con una motivazione quindi del tutto impermeabile a dette censure.

Per il resto, le ragioni difensive risultano in sostanza affidate solo a generici riferimenti ad affermazioni dell’imputato circa l’assenza di una sua volonta’ di uccidere, senza che in tal modo neppure ci si confronti con le implicite smentite contenute nelle motivazioni della sentenza di appello, laddove si commenta l’incompatibilita’ di simili asserzioni con le evidenze della perizia medico – legale.

Evidenze che danno piena contezza di come la rilevata reiterazione dei colpi con arma da punta rivolti al capo e altre sedi vitali abbia manifestato la ferma rappresentazione e la volonta’ di infliggere lesioni capaci di cagionare la morte.

3. Dall’inammissibilita’ del ricorso discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuale ed al versamento in favore della cassa delle ammende della sanzione pecuniaria determinata, valutati i profili di colpa, in Euro duemila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *