Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 15 gennaio 2018, n. 1531. Nel determinare, ai sensi dell’articolo 663 cod. proc. pen., la pena da eseguirsi nel caso di esistenza, a carico del medesimo soggetto, di pene temporanee detentive concorrenti, il giudice dell’esecuzione, a norma degli articoli 78 e 80 cod. pen., deve dapprima scorporare dal cumulo materiale la somma delle pene estinte per indulto

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Nel determinare, ai sensi dell’articolo 663 cod. proc. pen., la pena da eseguirsi nel caso di esistenza, a carico del medesimo soggetto, di pene temporanee detentive concorrenti, il giudice dell’esecuzione, a norma degli articoli 78 e 80 cod. pen., deve dapprima scorporare dal cumulo materiale la somma delle pene estinte per indulto, in quanto non piu’ concretamente eseguibili per l’intervento della causa estintiva, e solo successivamente applicare il criterio moderatore del cumulo giuridico, ponendosi tale criterio come temperamento legale del coacervo delle sole pene da eseguirsi effettivamente, senza possibilita’ di inclusione in esso delle pene gia’ coperte dal condono, le quali, altrimenti, verrebbero a godere di un duplice abbattimento, dapprima fruendo dell’applicazione del criterio moderatore di cui all’articolo 78 cod. pen. e poi del loro scorporo integrale dal cumulo giuridico (Sez. 1, n. 31211 del 18/06/2004 – dep. 15/07/2004, Pernasetti, Rv. 229799).

In tema di indulto, la regola stabilita nell’articolo 174 c.p., comma 2 – secondo la quale, nel concorso di reati, l’indulto si applica una volta sola, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso di reati – opera solo alla condizione che tutte le pene siano condonabili, sicche’, ove tale situazione non ricorra, occorre separare le pene condonabili da quelle non condonabili e, quindi, unificare queste ultime con la parte delle prime che sia eventualmente residuata dopo l’applicazione del provvedimento di clemenza e solo alla fine, se del caso, operare la riduzione prevista dall’articolo 78 cod. pen. (Sez. 1, n. 4893 del 04/05/2016 – dep. 01/02/2017, Gianfreda, Rv. 269410: in motivazione si e’ precisato che il criterio moderatore del cumulo giuridico opera quale temperamento legale del coacervo delle sole pene da eseguirsi effettivamente, senza possibilita’ di inclusione in esso delle pene gia’ coperte dal condono, le quali, altrimenti, verrebbero a godere del summenzionato duplice abbattimento; in senso conforme Sez. 1, n. 8552 del 23/01/2013 – dep. 21/02/2013, P.G. in proc. Piccolo, Rv. 254929).

Tanto rilevato, il provvedimento impugnato risulta conforme al dato normativo e alla sua interpretazione giurisprudenziale, avendo il Giudice dell’esecuzione, nel rigettare l’istanza proposta dalla difesa in relazione al provvedimento di cumulo delle pene concorrenti, evidenziato come nello stesso la detrazione a titolo di indulto sia stata correttamente operata sul cumulo materiale delle pene prima dell’applicazione del criterio moderatore di cui all’articolo 78 cod. pen.. Ed avendo, altresi’, rilevato che diversamente operando – con applicazione dell’indulto sulla pena complessiva per tutti i reati gia’ ridotta ex articolo 78 cod. pen. – si aggirerebbe la stessa ratio della norma, venendo ad incidere il beneficio non sulla pena effettivamente inflitta per i singoli reati, ma su quella gia’ ridotta in base ad un meccanismo giuridico di mitigazione delle pene inflitte, con il rischio di andare ad incidere su pene non condonabili, come poteva verificarsi nel caso di specie, emergendo dal certificato penale in atti che la condanna riportata precedentemente dallo (OMISSIS) era relativa ai delitti di associazione mafiosa e favoreggiamento personale, il primo dei quali escluso dal beneficio dell’indulto.

Non pertinente, infine, risulta il richiamo, di cui al ricorso, alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 36837 del 15/07/2010 – dep. 15/10/2010, P.G. in proc. Bracco, Rv. 247940, relativa alla questione

dell’applicazione contestuale indulto e della sospensione condizionale della pena, risolta negativamente da questa Corte evidenziando la prevalenza di quest’ultimo beneficio sul primo.

2. All’inammissibilita’ consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dello (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali e al pagamento di una somma che si ritiene equo determinare in Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

Motivazione semplificata.

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