Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 26 gennaio 2018, n. 2042. Non è rimesso al vaglio delle Sezioni unite il nuovo principio di diritto che governa il riconoscimento dell’assegno divorzile, con la conferma del criterio dell’autosufficienza

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E’ appena il caso di precisare, a tal proposito, che la predetta espressione (tenore di vita) si rinviene nello stesso articolo 5, comma 9 disposizione palesemente processuale, ove si precisa che i coniugi,all’udienza presidenziale, presentano le dichiarazioni dei redditi ed altra documentazione sul loro patrimonio; in caso di contestazione, potranno essere effettuate indagini sui redditi. sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita di ciascun coniuge. Dunque il tenore di vita non e’ quello comune, ma quello di ciascun coniuge e viene in considerazione al momento dell’assunzione dei provvedimenti provvisori, quando la documentazione, contestata, appaia infedele, e cio’ dia luogo ad indagini al riguardo.
La sentenza n. 11504 del 2017, confermata dal successivo orientamento, indica dunque un diverso parametro assai piu’ rispettoso, come si diceva, della lettera e della ratio dell’articolo 5: l’indipendenza o l’autosufficienza del soggetto (piu’ condivisibile il termine di autosufficienza che riguarda esclusivamente il soggetto richiedente, mentre l’indipendenza (da chi, da che cosa-) potrebbe ancora una volta richiamare la comparazione con l’ex coniuge obbligato).
La sentenza suindicata richiama la posizione dei figli (ovviamente dentro e fuori del matrimonio: destinatari del mantenimento, se minori, ma pure maggiorenni fino alla raggiunta autosufficienza economica). Certo qualcuno potrebbe opporre che il paragone non ha alcun senso, perche’ i figli potrebbero utilizzare la forza e l’entusiasmo della loro gioventu’, per raggiungere al piu’ presto l’autosufficienza (anche se purtroppo le statistiche sull’occupazione giovanile danno ancora oggi segnali assai sconfortanti), mentre non e’ tale il coniuge (in genere la donna) che non ha mai lavorato o magari ha cessato di lavorare durante il matrimonio (ma, ancora, dalle statistiche piu’ aggiornate, emerge che questa condizione e’ assai piu’ rara che in passato).
Qui sopperisce peraltro la seconda parte della predetta norma, che assai significativamente non sussiste in sede di separazione (il soggetto non ha mezzi adeguati e non puo’ procurarseli per ragioni oggettive), e in tal caso continuera’ ad operare la giurisprudenza pregressa di questa Corte (non solo ragioni di salute, ma anche di eta’, inidoneita’ ad inserirsi nel mercato di lavoro, mancanza di attivita’ pregressa, di specializzazione, ecc.) (tra le altre Cass. n. 3838 del 2006; 27234 del 2008). E la sentenza piu’ volte indicata, n. 11504, individua l’autosufficienza economica in alcuni specifici parametri, cui dovrebbe richiamarsi la giurisprudenza di merito, che avra’ il compito di adeguarli alla concreta fattispecie dedotta: il possesso di redditi di qualsiasi specie, di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri imposti e del costo della vita nel luogo di residenza; le capacita’ e le possibilita’ effettive di lavoro personale; la stabile disponibilita’ di una casa di abitazione, salvo ovviamente altri elementi che potranno rilevare nelle singole fattispecie.
Come si vede, le variabili sono molte numerose per un adeguamento il piu’ possibile efficace alla situazione concreta. In tal senso, si potrebbe fin d’ora escludere pericolosi automatismi (ad es. multipli della pensione sociale o simili) che renderebbero autosufficienza o non autosufficienza identiche sempre a se stesse ed uguali per tutti. Il coniuge richiedente l’assegno non puo’ riguardarsi come una entita’ astratta, ma deve considerarsi come singola persona nella sua specifica individualita’.
Per di piu’, una volta superato il vaglio dell’ammissibilita’ dell’assegno ed accertata la non autosufficienza economica, sicuramente potrebbero venire in considerazione i vari profili indicati dalla norma per la quantificazione dell’assegno, tali eventualmente da condurre ad una elevazione dell’importo.
Va precisato che, con il divorzio, cessa ogni rapporto personale e patrimoniale tra gli ex coniugio permanendo ovviamente una stretta collaborazione, nell’esercizio congiunto della responsabilita’ genitoriale, se vi sono figli minori, ma cio’ non attiene al rapporto tra gli ex coniugi. Tuttavia il diritto all’assegno (e conseguentemente ad una quota di TFR, alla pensione di reversibilita’, eventualmente da ripartirsi con altro coniuge dell’obbligato, ad un assegno a carico dell’eredita’) trova il suo fondamento nel dovere inderogabile di solidarieta’ economica e sociale tra persone ormai estranee, che pure hanno svolto una parte piu’ o meno lunga della loro vita in piena comunanza (e assai significativamente l’ex coniuge non compare tra i soggetti obbligati agli alimenti, pur attinenti ad una famiglia estremamente elevata, che non trova alcuna rispondenza sociologica nella realta’ odierna; anche in tal caso, del resto, si considera dapprima la sola persona richiedente, valutandosi la sua inadeguatezza a soddisfare i bisogni essenziali, e, solo successivamente, la situazione economica dell’obbligato o degli obbligati).
Vi e’ chi ricorda peraltro le persistenti discriminazioni economiche della donna nel luogo di lavoro, e, piu’ in generale, l’emarginazione che talora la colpisce nei piu’ diversi settori, ma, all’evidenza di cio’ deve farsi carico l’intera societa’ e il Parlamento, con leggi adeguate che avvicinino l’Italia alla maggior parte degli altri Paese europei, e non certo (sempre e soltanto) l’ex coniuge.

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