Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 15 gennaio 2018, n. 769. Le dichiarazioni dei redditi dell’obbligato hanno una funzione tipicamente fiscale, sicche’ nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario (nella specie, concernenti l’attribuzione o la quantificazione dell’assegno di mantenimento) non hanno valore vincolante per il giudice

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Tuttavia, nella specie, la Corte ha operato una valutazione comparativa dei redditi dei due coniugi e del tenore di vita coniugale goduto in costanza di matrimonio, limitandosi a ritenere, all’esito di tale vaglio, non credibile la attuale situazione di disoccupazione del coniuge obbligato al mantenimento dell’altro coniuge e dei figli, tenuto conto delle condizioni personali (eta’, salute) e della professionalita’ specifica (idraulico), il che non tradisce l’utilizzo di criteri di notorieta’ giuridicamente inesatti o di mere congetture.

3. Il quarto motivo e’ inammissibile, alla luce della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 8053-8054/2014) hanno affermato che “la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione”. Non sono quindi piu’ ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorieta’ e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimita’ sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullita’ della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorieta’” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione puo’ essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 23940/2017).

Ora, non viene denunciato un omesso esame di specifico e decisivo fatto storico, quanto l’apprezzamento delle risultanze istruttorie e la valutazione dei fatti difforme rispetto a quella prospettata dal ricorrente.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dispone che, ai sensi del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52, siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

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