Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 14 febbraio 2018, n. 3656. In tema di intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali, il fiduciante, il quale lamenti che il mancato esercizio del diritto di opzione

segue pagina antecedente
[…]

Dal momento pertanto che, nel contratto in questione, la causa non risiede ne’ nel trasferimento del bene, ne’ nella sostituzione al mandante ai fini del compimento di specifici atti, ma nella combinazione dei due momenti allo scopo della cd. spersonalizzazione della proprieta’, opportuna ne risulta la qualificazione – piuttosto che come collegamento negoziale di piu’ atti che restano distinti – come contratto unitario, avente una causa propria, pur nell’ambito del genus dell’agire per conto altrui: attesa la stretta ed indissolubile connessione tra le varie pattuizioni nelle quali il contratto formalmente si scompone, onde unitaria ne e’ la causa (e cio’ consentira’, altresi’, la ricostruzione di un nesso funzionale specifico alla luce del complessivo regolamento d’interessi perseguito, mediante l’individuazione della causa concreta).

Resta, peraltro, un’interposizione reale di persona, nella quale l’intestazione delle partecipazioni al fiduciario e’ strumentale, essendo tipica dell’istituto non la conflittualita’, ma la convergenza delle posizioni, ogni decisione venendo di necessita’ assunta nell’interesse essenziale del fiduciante.

La ricostruzione alternativa, pur da taluno proposta, la quale intende delimitare gli effetti dell’intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali, individuando in capo al fiduciante la titolarita’ dell’investimento ed in capo al fiduciario una mera detenzione autorizzata – con il corollario di dovere, di volta in volta, stabilire se un certo diritto collegato alla qualita’ di socio spetti all’uno o all’altro soggetto – invero non convince: sia per la mancanza di appiglio normativo, quale si constata invece nelle vicende della intestazione professionale a societa’ fiduciaria (godendo, infatti, quest’ultima di una disciplina ad hoc: Cass. 27 febbraio 2015, n. 4049; 26 settembre 2013, n. 22099; 21 maggio 1999, n. 4943), sia per l’incertezza del diritto che ne deriverebbe, in ispregio a quello che e’ forse il principale valore di una regolamentazione giuridica dei fenomeni economici. In sostanza, quella soluzione e’ forse suscettibile di creare piu’ problemi di quanti ne risolva, senza che il richiamo, del resto usuale in presenza di aporie teoriche, alla regolamentazione spontanea degli interessati costituisca un ausilio.

5. – Una volta azzerato per perdite ex articolo 2447 cod. civ. il capitale sociale, viene meno il bene costituito dalle azioni, sia come quota rappresentativa di una percentuale del capitale della societa’, sia quale oggetto del contratto di intestazione fiduciaria e dell’obbligo di ritrasferimento, che nel medesimo trova titolo, gravante sul fiduciario in favore del fiduciante.

Ne deriva che l’azzeramento del capitale sociale comporta, sotto il profilo esterno, Io scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio, e, nel rapporto interno, l’impossibilita’ per il fiduciario di ritrasferire al fiduciante la partecipazione sociale.

Peraltro, pur dopo l’azzeramento del capitale sociale, nella titolarita’ di colui che rivestiva la qualita’ di socio residuano alcune situazioni giuridiche soggettive.

In primo luogo, in capo al socio permane il diritto di opzione, ai sensi dell’articolo 2441 cod. civ., quale entita’ economicamente valutabile (Cass. 12 luglio 2007, n. 15614; 9 dicembre 1992, n. 13019; 13 gennaio 987, n. 133).

Parimenti, egli e’ titolare del diritto d’impugnare la deliberazione sociale che reputi viziata, sia con l’azione di nullita’ (Cass. 26 settembre 2016, n. 18845; 25 settembre 2013, n. 21889), sia con quella di annullamento, la quale gli compete anche se il venir meno della qualita’ sia diretta conseguenza della deliberazione la cui legittimita’ egli contesta: dato che, essendo l’azione “diretta proprio al ripristino della qualita’ di socio dell’attore, sarebbe logicamente incongruo, oltre che in contrasto con il principio di cui all’articolo 24 Cost., comma 1, ritenere come causa del difetto di legittimazione proprio quel fatto che l’attore assume essere contra legem e di cui vorrebbe vedere eliminati gli effetti” (Cass. 7 novembre 2008, n. 26842).

Ancora, il socio, per necessita’ o per scelta, puo’ decidere – non di esercitare l’opzione sottoscrivendo il capitale ricostituito o di impugnare la deliberazione, ma – di esperire una tutela obbligatoria alternativa contro la societa’, chiedendone la condanna al risarcimento del danno patito a causa dell’illegittima deliberazione (al riguardo, si veda gia’ Cass. 13 gennaio 1987, n. 133; e la riforma, com’e’ noto, ha ampliato tali ipotesi, in parte preesistenti: v. articolo 2377 c.c., commi 4 e 8; articolo 2378 c.c., comma 2; articolo 2379-ter c.c., comma 3; articoli 2500-bis; 2504-quater; 2506-ter cod. civ.).

Tutte queste azioni spettano dunque al fiduciario, in quanto formalmente socio.

Ne’ ha errato la corte del merito allorche’ ha ritenuto che l’azione individuale del socio, ai sensi dell’articolo 2395 cod. civ., per la perdita della partecipazione sociale, cagionata dal fatto illecito degli amministratori, rientri parimenti nella titolarita’ del fiduciario, quale intestatario reale della quota.

6. – Tuttavia, la sentenza impugnata non ha correttamente interpretato il sistema normativo, laddove ha escluso che competa, invece, al fiduciante l’azione, parimenti contemplata dall’articolo 2395 cod. civ., spettante al terzo direttamente danneggiato dal fatto illecito imputato dell’amministratore.

Si e’ detto che, nel caso in esame, il fiduciante lamenta come, per fatto dell’organo amministrativo, sia definitivamente venuto meno il bene partecipazione sociale, che il fiduciario era obbligato a ritrasferirgli. L’azione esperita va, dunque, ricondotta nell’ambito della categoria generale della “lesione aquiliana del credito”: figura da tempo affermatasi, la quale ricomprende peraltro casi eterogenei, in cui l’ingiustizia del danno coincida con la lesione di una situazione soggettiva relativa.

Secondo un consolidato principio, invero, esiste “un dovere di rispetto dell’altrui sfera giuridica che porta a qualificare come “ingiusto”, ai sensi dell’articolo 2043 cod. civ., il danno arrecato al creditore da un “terzo” che con il suo comportamento doloso o colposo abbia pregiudicato l’adempimento del debitore” (Cass. 3 dicembre 2002, n. 17110): non trovando cio’ piu’ ostacolo nel carattere relativo del diritto, “in considerazione della nozione ampia ormai generalmente accolta di danno ingiusto come comprensivo di qualsiasi lesione dell’interesse che sta alla base di un diritto, in tutta la sua estensione; trova, in tal modo, protezione non solo l’interesse rivolto a soddisfare il diritto (che, nel caso di diritti di credito, e’ attivabile direttamente nei confronti del debitore della prestazione oggetto del diritto), ma altresi’ l’interesse alla realizzazione di tutte le condizioni necessarie perche’ il soddisfacimento del diritto sia possibile, interesse tutelabile nei confronti di chiunque illecitamente impedisca tale realizzazione” (Cass. 27 luglio 1998, n. 7337).

La nozione e’ stata storicamente riferita proprio ai casi in cui il fatto del terzo cagiona l’impossibilita’ definitiva della prestazione da parte del debitore, incidendo sulla cosa dedotta in obbligazione, la quale viene distrutta da un soggetto, terzo rispetto al rapporto obbligatorio, rapporto che si estingue a causa del fatto del terzo (sin da Cass. 13 giugno 1978, n. 2938); ad essa si aggiungono i casi, in cui l’impossibilita’ della prestazione cagionata dalla condotta del terzo sia solo temporanea, onde l’obbligazione non si estingue, oppure i casi di induzione all’inadempimento, pur essi tutelati dall’istituto (cfr. gia’ Cass. 8 gennaio 1999, n. 108; 14 luglio 1987, n. 6132; 20 ottobre 1983, n. 6160; sez. un., 24 giugno 1972, n. 2135; sez. un., 24 giugno 1972, n. 1008).

Del pari, nel caso in esame, in cui si assume che il ritrasferimento del pacchetto azionario al fiduciante, annullato a causa dell’operazione sul capitale indotta dal fatto illecito gestorio, sia rimasto definitivamente precluso, e’ conseguente la sussunzione nella fattispecie della disposizione speciale di cui all’articolo 2395 cod. civ., la quale espressamente individua anche il fatto degli amministratori che abbiano leso le ragioni del terzo.

Una volta scomparso, in virtu’ dell’abbattimento del capitale a sua volta indotto dalla redazione di un bilancio falso, il bene oggetto dell’intestazione fiduciaria – la partecipazione sociale – sorge cosi’ in capo al fiduciante il diritto di vedersi rimborsato il relativo valore, ove il perimento della res sia dipeso dal fatto illecito altrui: sia esso, poi, dello stesso fiduciario, oppure di un soggetto terzo, qual e’ l’amministratore della societa’.

Nessun rischio, inoltre, di un doppio risarcimento: posto che, laddove il fiduciario abbia agito vantaggiosamente con l’azione di caducazione della deliberazione, facendo venir meno l’azzeramento del capitale e l’annullamento delle azioni, o con l’azione risarcitoria alternativa contro la societa’, oppure con l’azione individuale del socio ex articolo 2395 cod. civ., ottenendo allora il tantundem, nessun danno verosimilmente residuera’ nel patrimonio del fiduciante, che nel primo caso e’ rimesso nella situazione qua ante e negli altri e’ il destinatario finale dei frutti della vittoriosa azione intrapresa: onde, in definitiva, il fiduciante non sara’ piu’ in grado di dimostrare di avere subito un danno diretto da lesione del credito in conseguenza della condotta gestoria illecita.

Giova, infine, precisare che il danno patito dal fiduciante non e’ necessariamente commisurato al valore nominale del pacchetto azionario preesistente all’operazione sul capitale, ma corrisponde al valore delle azioni, da accertare al momento dell’azzeramento illegittimo e secondo gli ordinari metodi economici, diretti ed indiretti, di valutazione delle partecipazioni sociali.

7. – In conclusione, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa innanzi alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, per il prosieguo del giudizio, cui applichera’ il seguente principio di diritto:

“In tema di intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali, il fiduciante, il quale lamenti che il mancato esercizio del diritto di opzione, con la conseguente definitiva uscita dalla societa’, sia dipeso dalla falsita’ della situazione patrimoniale, redatta dagli amministratori e sottoposta all’assemblea ai fini dell’abbattimento e della ricostituzione del capitale ex articolo 2447 cod. civ., e’ legittimato attivo all’azione individuale del terzo, di cui all’articolo 2395 cod. civ., per il risarcimento del danno a lui direttamente cagionato dalla lesione al diritto al ritrasferimento della partecipazione sociale”.

Alla corte territoriale si demanda la liquidazione delle spese di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di legittimita’, innanzi alla Cote d’appello di Napoli, in diversa composizione.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *