Controversie relative al canone per il servizio di scarico e depurazione delle acque reflue

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 21 maggio 2019, n. 13580.

La massima estrapolata:

Le controversie relative al canone per il servizio di scarico e depurazione delle acque reflue appartengono, “ratione temporis”, alla giurisdizione del giudice ordinario, a partire dal 3 ottobre 2000, per effetto dell’innovazione introdotta dall’art. 31, comma 28, della l. n. 448 del 1998 e del differimento della sua iniziale decorrenza (primo gennaio 1999) disposto dall’art. 62 del d.lgs. n. 152 del 1999 (modificato dall’art. 24 del d.lgs. n. 258 del 2000), ciò nondimeno la giurisdizione ordinaria va esclusa se il fruitore del servizio non ha dedotto il suo rapporto di utenza bensì ha investito direttamente scelte discrezionali dell’amministrazione, in particolare contestando l’organizzazione del servizio sotto vari profili; in tal caso non viene censurato “incidenter tantum” il provvedimento amministrativo come illegittimo, chiedendone la disapplicazione ai fini della tutela del diritto soggettivo al pagamento di un canone contrattualmente stabilito, ma vengono contestate in via principale le scelte discrezionali dell’ente, in ordine alla determinazione del canone, facendo valere una situazione giuridica qualificabile come interesse legittimo correlato ad un atto adottato dall’ente territoriale come autorità nell’esercizio di una potestà amministrativa, al di fuori di un rapporto negoziale di tipo paritetico.

Ordinanza 20 maggio 2019, n. 13580

Data udienza 12 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 9472-2017 proposto da:
(OMISSIS), considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA;
– intimata –
Nonche’ da:
(OMISSIS) SPA, in persona dell’Amministratore Delegato Dott. Ing. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 851/2016 del TRIBUNALE di IVREA, depositata il 10/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 851/16, del 10 ottobre 2016, del Tribunale di Ivrea, che – respingendo il gravame principale dallo stesso esperito contro la sentenza n. 34/14, del 25 febbraio 2014, del Giudice di pace di Chivasso (e, per quanto qui ancora di interesse, anche quello incidentale della societa’ (OMISSIS) S.p.a., in relazione alla compensazione delle spese del primo grado di giudizio) – ha rigettato la domanda proposta dall’odierno ricorrente di condanna della societa’ (OMISSIS) al rimborso della somma di Euro 1.673,60, oltre che al risarcimento dei danni conseguenti all’esazione di corrispettivi commerciali non dovuti, nonche’ ad astenersi, per il futuro, dall’inserire nella bolletta relativa alla fornitura del “servizio idrico integrato” la quota relativa alla “tariffa” per “depurazione acque”.
2. Riferisce, in punto di fatto, il ricorrente di essersi rivolto alla societa’ (OMISSIS), quale fornitrice del servizio idrico integrato, per ottenere – sul presupposto di non essere allacciato ad un servizio di fognatura e, dunque, di provvedere, da sempre, al trattamento delle proprie acque reflue domestiche attraverso un “sistema individuale”, regolarmente autorizzato e conforme alla legge – il rimborso di quanto corrisposto ad essa, dal secondo semestre 2004 fino al primo semestre 2008, a titolo di tariffa di “depurazione acque”.
Rivelatisi infruttuosi tali tentativi, il (OMISSIS) riferisce di aver adito il Giudice di pace di Chivasso, assumendo che la societa’ (OMISSIS) non gli aveva prestato alcun servizio di “depurazione”, ma solamente quello di “smaltimento fanghi” (o meglio, di smaltimento del “residuo fanghi”), come legislativamente definito, dapprima, dal Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152, articolo 27, comma 4, e, poi, dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 110, comma 3, lettera b).
In particolare, il (OMISSIS) deduceva che l’Autorita’ d’ambito territorialmente competente ((OMISSIS)), diversamente da tutte quelle del circondario, anziche’ stabilire, per tale operazione, un’apposita tariffa, risulta aver previsto – per coloro che trasportano con apposita autobotte il materiale “de quo” fino al depuratore – la “gratuita’” dello smaltimento, a fronte, pero’, del pagamento della “tariffa depurazione acque”, calcolata sull’intero consumo idrico dell’utente. In questo modo, tuttavia, sarebbe stato eluso il d.m. ambiente 30 settembre 2009, secondo cui “i soggetti non allacciati alla pubblica fognatura che provvedono autonomamente alla depurazione dei propri scarichi non sono tenuti al pagamento della quota di tariffa riferita al servizio di fognatura e depurazione”.
Per effetto del suddetto provvedimento, dunque, la societa’ (OMISSIS) era stata ingiustamente autorizzata – a suo dire – ad assoggettare gli utenti non allacciati alla fognatura, necessitanti del solo servizio di smaltimento del “residuo fanghi”, al medesimo regime tariffario previsto, invece, per quelli allacciati, onerandoli di pagare il servizio di “depurazione acque” come se tutto il loro refluo, e non il solo residuo fanghi, giungesse al depuratore tramite rete fognaria.
Su tali basi, pertanto l’odierno ricorrente rassegnava, innanzi al primo giudice, le conclusioni sopra meglio ricordate.
L’adito Giudice di pace, tuttavia, respingeva la domanda attorea, sicche’ il (OMISSIS) si vedeva costretto a proporre gravame, essenzialmente basato sul rilievo che la “depurazione delle acque” e lo “smaltimento del residuo fanghi” costituiscono operazioni completamente differenti, richiamando il gia’ citato decreto del Ministero dell’ambiente, emanato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008, che ha sancito la non debenza, per i soggetti non allacciati alla pubblica fognatura che provvedano autonomamente alla depurazione dei propri scarichi, della quota di tariffa del servizio idrico integrato riferita al “servizio di fognatura e depurazione”.
In particolare, il (OMISSIS) sollecitava, da parte del giudice di appello, l’esercizio del potere – previsto dalla L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato e), articolo 5 – di disapplicazione del provvedimento amministrativo illegittimo in forza del quale (OMISSIS) ha, sin qui, operato.
Il Tribunale di Ivrea, tuttavia, respingeva l’appello dell’odierno ricorrente.
3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), sulla base di quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), – si deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 2248 del 1865, allegato e), articoli 4 e 5 nonche’ omessa motivazione su una domanda proposta da una delle parti.
Si censura, in particolare, la sentenza impugnata laddove essa afferma che la deduzione dell’esistenza di un comportamento illegittimo di (OMISSIS) sarebbe stato “sconfessato dallo stesso appellante”, avendo esso riferito che la societa’ convenuta ebbe ad operare “in applicazione” del provvedimento adottato dalla competente Autorita’ Territoriale d’Ambito.
Assume il ricorrente che la motivazione del giudice di appello sarebbe “talmente illogica ed intrinsecamente contraddittoria, da rendere impossibile ricostruirne il filo logico”, fermo restando, in ogni caso, che il Tribunale di Ivrea, al fine di dare una risposta concreta e non apparente alla domanda proposta, avrebbe dovuto verificare se l’atto amministrativo – costituente il presupposto della pretesa di pagamento della tariffa per la depurazione delle acque sulla base dell’intero consumo idrico – fosse legittimo o meno, disapplicandolo in caso di accertata illegittimita’.
3.2. Con il secondo motivo si deduce – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) (quantunque detta norma non sia espressamente richiamata) – la violazione del Decreto Legislativo n. 152 del 1999, articolo 27, comma 4 e articolo 36, nonche’ del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 110, commi 3), lettera b), e comma 6, articolo 154, comma 1 e articolo 155, commi 1 e 4.
Essendo incontestato che la (OMISSIS) abbia richiesto il pagamento della tariffa prevista per la depurazione delle acque reflue, a fronte di un servizio effettivamente prestato consistito nello smaltimento dei soli “residui fanghi”, il ricorrente sottolinea come le due attivita’ siano completamente diverse, proprio alla luce delle norme teste’ richiamate, donde la loro violazione, per non avere il giudice di appello dato rilievo a tale differenza.
3.3. Il terzo motivo lamenta – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), – “omessa motivazione su una domanda proposta da una delle parti, in violazione dell’articolo 112 c.p.c., nonche’ omessa valutazione di un fatto decisivo per la controversia prospettato da una delle parti, in violazione dell’articolo 115 c.p.c.”.
Si censura la sentenza impugnata laddove essa afferma che quello relativo alla legittimita’ del provvedimento adottato dalla Autorita’ territoriale d’ambito competente avrebbe costituito un nuovo tema di indagine, sottolineandosi che, se anche cosi’ fosse stato, il giudice di appello risulta, comunque, essersi illegittimamente spogliato dal dovere di verificare quale fosse il servizio effettivamente prestato da (OMISSIS), al fine di stabilire se “la pretesa tariffaria – a prescindere dalla sua illegittimita’ “in diritto” – fosse congrua e giustificata in punto di fatto”.
In altri termini, a prescindere dalla questione relativa alla legittimita’ o meno dell’atto presupposto, vale a dire la determinazione tariffaria da parte della “(OMISSIS)”, sarebbe stato compito del giudice di appello, in quanto specificamente investito della questione, verificare se la sentenza del primo giudice fosse corretta sotto il profilo fattuale, laddove ha affermato che le sostanze inquinanti da depurare sono prodotte, in egual misura, sia nel caso in cui l’utente scarichi l’acqua utilizzata nella fognatura, sia che si avvalga invece di fosse biologiche.
Il giudice di appello, pertanto, avrebbe dovuto in ogni caso stabilire se la prestazione di depurazione erogata da (OMISSIS) fosse realmente identica nelle due fattispecie, tanto da giustificare l’applicazione della stessa tariffa.
3.4. Infine, il quarto motivo deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), – violazione e falsa applicazione degli articoli 100, 101, 112, 115 e 345 c.p.c., nonche’ della L. n. 2248 del 1865, allegato e), articoli 4 e 5.
Sulla base di considerazioni sostanzialmente analoghe a quelle svolte nei precedenti motivi, si sottolinea come il giudice di appello abbia comunque errato nell’omettere di pronunciarsi sulla domanda attorea, e cio’ sul presupposto che l’accertamento della illegittimita’ del provvedimento dei “(OMISSIS)” costituisse una modifica della “causa petendi” originaria, e cio’ in quanto il potere di disapplicazione del provvedimento illegittimo puo’ essere esercitato non solo su eccezione di parte ma anche d’ufficio, in primo come in secondo grado.
4. Ha resistito la (OMISSIS), con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’ ovvero, in subordine, di infondatezza, e svolgendo anche ricorso incidentale condizionato, sulla base di un unico motivo.
4.1. Essa sottolinea, in particolare, la correttezza della decisione del Tribunale di Ivrea, uniformatosi al principio ricavabile dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui il ricorso al potere di disapplicare il provvedimento amministrativo illegittimo e’ consentito solo quando esso non assuma rilievo come causa della lesione del diritto del privato, ma si pone come mero antecedente logico necessario per risoluzione di altra questione, sicche’ quella relativa alla legittimita’ del provvedimento amministrativo viene a prospettarsi come questione “pregiudiziale in senso tecnico” e non come questione principale oggetto del giudizio.
Nella specie, invece, il (OMISSIS) avrebbe contestato proprio la legittimita’ del provvedimento di “(OMISSIS)”, la quale, pertanto, avrebbe dovuto essere evocata in giudizio come contraddittore necessario.
4.2. Peraltro, nell’ipotesi in cui questa Corte ritenesse di accogliere l’avversario ricorso, la societa’ (OMISSIS) – anche al fine di evitare che “si formi un giudicato implicito sulla giurisdizione” ribadisce, con ricorso incidentale condizionato, l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario ritenuta assorbita dal giudice di appello per effetto del rigetto della domanda attorea.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Il ricorso principale va accolto, quantunque nei limiti di seguito precisati, ovvero in relazione al suo quarto motivo, che presenta carattere assorbente rispetto agli altri.
5.1. Pregiudiziale, peraltro, e’ la disamina del ricorso incidentale condizionato, che contesta l’esistenza stessa della “potestas iudicandi” in capo al giudice ordinario.
5.1.1. Orbene, la questione relativa al (supposto) difetto di giurisdizione del giudice ordinario non e’ fondata.
5.1.1.1. Al riguardo, deve osservarsi che essa va utilmente esaminata (con riflessi, come si dira’, anche sulle questioni oggetto del ricorso incidentale) alla stregua di quanto affermato in un arresto delle Sezioni Unite di questa Corte, relativo ad una fattispecie affine alla presente, concernente l’erogazione – in quel caso direttamente da parte di un Comune, e non di una sua societa’ – del servizio di distribuzione dell’acqua potabile.
Sul presupposto che “la giurisdizione si determina sulla base dell’oggetto della domanda (articolo 386 c.p.c.) e, in particolare, in base al cosiddetto “petitum sostanziale”, il quale s’identifica non soltanto avuto riguardo alla concreta statuizione chiesta al giudice ma anche e soprattutto in funzione della “causa petendi”, ossia dei fatti allegati a fondamento della pretesa fatta valere con l’atto introduttivo del giudizio” (criterio sul quale, da ultimo, si vedano, sebbene non con riferimento specifico al tema che qui interessa, Cass. Sez. Un., ord. 15 settembre 2017, n. 21522, Rv. 645315-01; nonche’ Cass. Sez. Un., ord. 25 febbraio 2016, n. 3732, non massimata), si e’ affermato che, quando si controverta in ordine alla tariffa applicata per l’erogazione del servizio idrico, il giudizio investe “il corrispettivo pattuito in un rapporto contrattuale su basi paritetiche, nel quale vengono in evidenza il diritto soggettivo dell’ente di riscuotere un corrispettivo per la fornitura e quello dell’utente di pagare per la fornitura realmente ottenuta”, con conseguenza che la controversia, concernendo “l'”an” e il “quantum” di detto credito, senza investire scelte discrezionali dell’ente territoriale riguardanti l’organizzazione del servizio e la determinazione delle tariffe, spetta alla cognizione del giudice ordinario” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 10 settembre 2004, n. 18263, Rv. 576976-01).
Si tratta, peraltro, di conclusione – sulle cui implicazioni in relazione (anche) al tema oggetto del ricorso principale si dira’ di qui a breve – in linea con quanto affermato, con specifico riferimento alle controversie relative alla debenza del “canone per il servizio di scarico e depurazione delle acque reflue”, sempre dalle Sezioni Unite di questa Corte.
Difatti, si e’ ritenuto che tali controversie appartengono, “ratione temporis”, alla giurisdizione del giudice ordinario (e non tributario), giacche’ tale somma “ha natura di componente del corrispettivo del servizio idrico (…) a partire dal 3 ottobre 2000, per effetto dell’innovazione introdotta dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, articolo 31, comma 28 e del differimento della sua iniziale decorrenza (1 gennaio 1999) disposto dal Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152, articolo 62 modificato dal Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 258, articolo 24 entrato in vigore alla predetta data del 3 ottobre” (da ultimo, Cass. Sez. Un., sent. 17 febbraio 2004, n. 3054, Rv. 57019101).
Nondimeno, resta inteso che la giurisdizione del giudice ordinario e’ da escludere in tutti quei casi in cui il fruitore del servizio “non ha dedotto in giudizio il suo rapporto di utenza”, bensi’ abbia investito “direttamente scelte discrezionali” dell’amministrazione, in particolare “contestando l’organizzazione del servizio sotto vari profili” (come era accaduto – nel caso deciso dal citato arresto delle Sezioni Unite del 2004 – per avere la doglianza attorea investito “qualita’ dell’acqua, asserite perdite nella rete e nelle condotte di adduzione, registrazione dei consumi presso gli uffici pubblici”, sostenendosi, in definitiva, che il servizio stesso “non si presenta(va) pienamente fruibile per il consumatore”); ove ricorra, pertanto, una simile evenienza, dovra’ concludersi che l’attore “non ha censurato “incidenter tantum” il provvedimento amministrativo, chiedendone la disapplicazione ai fini della tutela del suo diritto soggettivo al pagamento di un canone contrattualmente stabilito”, ma “fa valere una situazione giuridica non qualificabile come diritto soggettivo bensi’ come interesse legittimo, perche’ correlato ad un atto adottato dall’ente territoriale agente come autorita’ nell’esercizio di una potesta’ amministrativa, percio’ al di fuori di un rapporto negoziale di tipo paritetico” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. n. 18263 del 2004, cit.).
5.1.1.2. Orbene, facendo applicazione di tali principi al caso oggi in esame, si deve concludere non solo per la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, ma anche per l’accoglimento del ricorso principale, laddove censura, in definitiva, l’erroneita’ della decisione del Tribunale di Ivrea per non aver ritenuto esercitabile il sindacato disapplicativo L. n. 2248 del 1865, all. e), articolo 5.
Invero, l’illegittimita’ del provvedimento di “(OMISSIS)” – ritenuto in contrasto con la legge (Decreto Legislativo n. 152 del 1999, articolo 27, comma 4 e, poi, Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 110, comma 3, lettera b) ed il Decreto Ministeriale Ambiente 30 settembre 2009, destinato a dare ad essa attuazione – costituiva solo il presupposto dell’accertamento della debenza, o meno, del credito azionato dalla societa’ (OMISSIS) nell’ambito del contratto privato di utenza concluso con il (OMISSIS).
Pertanto, il giudice di appello, sicuramente munito del potere di “ius dicere” in relazione a tale controversia, non poteva sottrarsi all’obbligo di procedere all’eventuale disapplicazione del provvedimento, ove illegittimo, trattandosi di un potere esercitabile “ex officio” e senza limitazioni temporali (per l’ammissibilita’ dell’esercizio, anche in appello, del potere di disapplicazione, si veda – ancorche’ riferita ad un caso di cd. “disapplicazione diretta”, ma con principio estensibile anche a quella “indiretta” – Cass. Sez. Un., sent. 11 marzo 1992, n. 2957, Rv. 476204-01).
In questi termini, dunque, il ricorso va accolto, con rinvio della causa al Tribunale di Ivrea, affinche’, ai sensi della L. n. 2248 del 1865, all. e),articolo 5 verifichi – esaminando la fattispecie concreta sottoposta al suo vaglio (disamina preclusa a questa Corte, implicando accertamenti in fatto) – l’effettiva conformita’ a legge del provvedimento suddetto, presupposto, come chiarito, della debenza, alla societa’ (OMISSIS), nell’ambito del contratto per la fornitura del “servizio idrico integrato”, della quota di canone relativa alla “tariffa” per “depurazione acque”.
6. Le spese di lite, comprese quelle relative al presente giudizio, saranno liquidate dal giudice del rinvio.
7. A carico della ricorrente incidentale sussiste, invece, l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, stante il rigetto del ricorso incidentale condizionato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso principale, dichiarando assorbiti gli altri, e rigetta l’incidentale, cassando la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Ivrea, in persona di diverso giudice, perche’ decida nel merito e per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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