Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 31 gennaio 2018, n. 637. Alla commissione di avanzamento spetta valutare non tanto il numero degli encomi, bensì se gli stessi sono riferibili a singoli, occasionali episodi nella carriera dell’ufficiale

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A ciò aggiungasi che, come ricordato anche dal TAR Lazio nella sentenza impugnata, questo Consiglio ha sottoposto a critica il metodo delle diretta comparazione fra i profili curriculari dei candidati in quanto il metro valutativo utilizzato dall’amministrazione “è un concetto quanto mai sfuggente, la cui esatta percezione necessiterebbe dell’analitico esame di tutta la documentazione relativa a tutti gli aspiranti (nessuno escluso) e dei relativi giudizi alfanumerici espressi dalla Commissione, così da ricavare, secondo una logica meccanicistica, i criteri applicati, le modalità ed i pesi della ponderazione adoperati dalla Commissione in ordine a requisiti soggettivi e percorsi professionali, tra l’altro certamente non sussumibili in schemi predeterminati e soppesati.
Non si tratta infatti di valutare prove o elaborati, ma di valutare curriculum ricavati dalla documentazione caratteristica di militari, i quali, pur condividendo il medesimo ambiente e la medesima preparazione di base, di norma presentano eccellenze in alcuni ambiti, sufficienze in altri, peculiarità dotate di un certo grado di significatività o meno, flessioni, discontinuità temporali, etc.: output, cioè, eterogenei ma tutti parimenti significativi e variamente apprezzabili oltre che difficilmente comparabili nella loro reciproca valenza” (sentenza n. 3770/2013 della IV^ Sezione).
Si è pertanto opinato che “se questo è il materiale da valutare, ogni tentativo di ricercare un metro oggettivo, utilizzabile anche dal Giudice per la verifica in sede giudiziaria, non può che risultare vano per almeno due concorrenti profili:
a) la complessità e la natura soggettiva di molte delle valutazioni riservate all’amministrazione, richiedono una specifica esperienza, conoscenza e competenza, appartenente solo a coloro che hanno vissuto la medesima esperienza professionale degli scrutinandi, ne conoscono il background e sono in grado di cogliere il pregio o il disvalore di comportamenti, doti, fatti, incarichi, anche nelle sfumature, così com’è per le Commissioni di avanzamento, e non è invece per il Giudice.
b) anche ammesso che il Giudice abbia specifica esperienza e sagacia valutativa in ordine ai requisiti sopra esposti, risulterebbe comunque fallace il tentativo di ricavare dal comportamento della Commissione un metro (che sia appunto della commissione e non proprio del giudice) oggettivamente utile per la misurazione delle varie posizioni soggettive. Al di là dell’oggettiva complessità dell’operazione, non può in proposito obliterarsi che la realtà processuale esaminata dal giudice non è che una cernita di quella interessata dall’azione amministrativa, operata dal ricorrente, in guisa che il giudice spesso finisce per ricavare il “metro” dalla disamina e comparazione solo di alcune delle posizioni, ricavando un quadro parziale e per ciò solo falsato”.
In sostanza, “se non c’è un metro, ossia un parametro da applicare per testare l’affidabilità e congruità delle valutazioni, allora ogni incursione del giudice nella valutazione comparativa dei profili soggettivi si risolve in un inammissibile sindacato sostitutivo.
Ciò che invece può e deve essere sindacato dal Giudice e l’eccesso di potere ravvisato nei suoi sintomi, tutti com’è noto caratterizzati da fattori esterni al nucleo della discrezionalità e concernenti l’eventuale travisamento dei fatti su cui cade la valutazione o la rispondenza a generali e condivisi criteri di ragionevolezza affermati dalla giurisprudenza”
Tanto premesso circa i limiti in cui l’operato delle C.S.A. può essere sottoposto a revisione critica, nella fattispecie non emergono ne travisamento dei fatti né valutazioni palesemente irragionevoli.
4.2. Principiando dalle qualità “morali, di carattere e fisiche” si è già detto che la commissione non può rimettere in discussione le valutazioni risultanti dalla documentazione caratteristica né la legittimità delle ricompense di ordine morale ivi riportate.
Nel caso di specie, secondo quanto risulta dalla documentazione esibita nel giudizio di primo grado, per come sintetizzata nella relazione esibita dall’amministrazione, l’appellante ha conseguito 5 encomi semplici e 9 elogi (distribuiti in un periodo inferiore agli otto anni), mentre il chiamato in causa vanta 3 encomi solenni (tutti nel grado rivestito al momento della valutazione), 5 encomi semplici e 8 elogi (distribuiti nell’arco di 11 anni).

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