Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 6 marzo 2017, n. 1056

Ai sensi dell’art. 32 l. n. 47/85, la verifica della compatibilità della costruzione con i valori presidiati dal vincolo va effettuata, prescindendo dalla data in cui il vincolo è stato imposto, rilevando la data d’esercizio in concreto della potestà amministrativa

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 6 marzo 2017, n. 1056

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4258 del 2013, proposto dai signori Al. Fa. ed Or. Di Ma., rappresentati e difesi dall’avvocato Fr. Ac. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fe. Te. in Roma, largo (…);

contro

Il Comune di (omissis), in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Se. (C.F. (omissis)) ed An. Ca. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso il signor Le. Fi. in Roma, via (…);

la signora El. Di Sa., rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Me. e Ma. An., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. An.,in Roma Piazza (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZ. STACCATA DI SALERNO, Sez. II, n. 2112/2012, resa tra le parti, concernente un diniego di concessione edilizia in sanatoria;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);

Visto l’atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto dalla signora El. Di Sa.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2017 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti l’avvocato Fr. Ac., l’avvocato Lu. Na., in dichiarata delega dell’avvocato An. Ca., e l’avvocato Ma. An., per delega dell’avvocato Al. Me.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La sig.ra El. Di Sa., proprietaria d’unità immobiliare adibita ad abitazione facente parte del condominio oggetto degli interventi edilizi eseguiti dai condomini controinteressati, ha impugnato la concessione edilizia in sanatoria n. 2647/2005 rilasciata, ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994, dal Comune di (omissis) al signor Al. Fa. ed avente ad oggetto la trasformazione in abitazione di un sottotetto sito in via (omissis).

Cumulativamente, ella ha esteso l’impugnazione al successivo permesso di costruire (n. 1110 del 4 aprile 2007) rilasciato ai signori Al. Fa. e Or. Di Ma. per interventi “di manutenzione straordinaria, risanamento conservativo e di adeguamento igienico sanitario del medesimo sottotetto ad uso abitativo”.

A fondamento del gravame, lamentava l’insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria, censurando altresì l’assenza del prescritto nulla-osta dell’Ente Parco dei Monti Lattari nel cui perimetro ricade l’immobile oggetto d’intervento.

Nei motivi d’impugnazione, l’interessata deduceva la plurima e concorrente violazione degli artt. 31, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e 39 della legge 24 dicembre 1994 n. 724; dell’art. 43, comma 2, della legge 7 agosto 1978, n. 457, e del D.M. 5 luglio 1975 in relazione agli artt. 24 e 25 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; dell’art. 5 della legge regionale 18 novembre 1995, n. 24; dell’art. 47 delle Norme tecniche di attuazione del P.R.G.; degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241; del giusto procedimento, carenza istruttoria ed eccesso di potere, rilevandosi la mancata approvazione del Piano di Recupero e la carenza delle indicazioni relative all’assentibilità delle opere edilizie con riferimento al Piano di Recupero, al P.U.T. ed alle N.T.A.

2. Con motivi aggiunti la signora El. Di Sa., richiamando sostanzialmente le censure già dedotte nell’atto introduttivo, impugnava anche il permesso di costruire in corso d’opera (n. 1566/2008), in variante al permesso di costruire, avente ad oggetto l’autorizzazione alla traslazione degli abbaini sulla copertura del sottotetto.

3. Si costituivano in giudizio il Comune e i contro interessati, eccependo congiuntamente l’inammissibilità, l’irricevibilità del ricorso e dei motivi aggiunti, instando nel merito per la loro infondatezza.

4. Il Tribunale amministrativo per la regione Campania, sezione staccata di Salerno, sez. II, disposta C.T.U., respinte le eccezioni di rito, accoglieva il gravame.

Sul presupposto normativo che la sanatoria (recte: condono) ex art. 39 della legge n. 724/1994 presupponga l’avvenuta realizzazione delle opere interne agli edifici già esistenti “quando esse siano completate funzionalmente” entro il 31 dicembre 1993, i giudici di prime cure rilevavano i requisiti per l’uso residenziale del sottotetto richiesti dall’art. 43 della legge n. 457/1978 e dagli artt. 1 e 5 del D.M. 5/7/1975 del Ministero della Sanità- ossia: altezza interna dei locali abitativi non inferiore a mt. 2,70 e per quelli accessori l’altezza di mt. 2,40; ampiezza delle finestre per il fattore area e luce proporzionata al fattore luce diurna media non inferiore al 2%; superfici finestrate apribili non inferiori ad 1/8 della superficie del pavimento – del tutto insussistenti “sia alla data della domanda di condono edilizio che alla data d’adozione dell’impugnato provvedimento di condono come risulta dalle relazioni depositate dal Consulente Tecnico d’Ufficio”.

Il TAR affermava inoltre la fondatezza delle censure proposte avverso il rilascio del permesso di costruire avente ad oggetto gli interventi di manutenzione e la realizzazione di abbaini per l’adeguamento igienico-sanitario del sottotetto ad uso abitativo, nonché dei motivi d’impugnazione del ricorso contenente motivi aggiunti, proposte contro il permesso di costruire relativo alla traslazione dei detti abbaini sulla copertura del sottotetto.

La natura strumentale di dette opere, preordinate all’abusivo mutamento di destinazione non condonabile del sottotetto, inficiava la legittimità, secondo il Tar, anche degli atti autorizzativi che tali opere avevano autorizzato.

5. Conclusivamente, assorbendo le altre censure dedotte dalla ricorrente, i giudici di prime cure annullavano gli atti impugnati.

6. Appellano la sentenza i signori Al. Fa. ed Or. Di Ma.. Resiste la sig. El. Di Sa., la quale, a sua volta, propone appello incidentale avverso il capo di sentenza che ha assorbito gli altri motivi d’impugnazione dedotti in prime cure.

Il comune di (omissis), costituendosi in giudizio, si è associato alle conclusioni rassegnate dagli appellanti.

7. Alla pubblica udienza del 2 febbraio 2017 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

8. Coi primi due motivi dell’appello principale, da esaminare congiuntamente stante la stretta connessione, gli appellanti lamentano l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il Tribunale amministrativo nell’applicazione dell’art. 39 della legge n. 724/1994, ancorando la data di trasformazione dell’immobile oggetto di condono alla presenza dei requisiti tecnici, richiesti ai fini della sola regolarità abitativa, di cui dall’art. 43 della legge n. 457/1978 e dagli artt. 1 e 5 del D.M. 5/7/1975

A conferma dell’error in judicandi richiamano l’art. 35 l. n. 47/85,laddove esso prevede che “a seguito della concessione in sanatoria viene altresì rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica e di prevenzione degli incendi e degli infortuni”.

La norma confermerebbe, secondo le censure all’esame, che condonabilità e agibilità di uno stesso immobile operano su piani separati in un rapporto di ‘presupposizione a senso inversò rispetto a quello divisato dal Tar: la conformità edilizia dell’opera è un presupposto per il rilascio del certificato unico di agibilità senza che, viceversa, l’agibilità condizioni il condono.

9. I motivi sono infondati.

9.1 La domanda di condono per cui è causa ha ad oggetto il mutamento di destinazione d’uso del sottotetto – in origine volume tecnico – ad abitativo residenziale mediante – sotto il profilo strutturale – l’ampliamento dell’appartamento sottostante.

Il termine ultimo d’esecuzione delle opere edilizie relative al mutamento di destinazione in residenziale del sottotetto è il 31 dicembre 1993.

Testualmente l’art. 31, comma 2, l. n. 47/1985, cui rinvia l’art. 39 della legge n. 724/1994, dispone che “le opere interne agli edifici già esistenti” sono suscettibili di sanatoria “quando siano completate funzionalmente” entro il 31dicembre 1993.

In definitiva la norma, per quel che ne occupa, àncora la data d’esecuzione delle opere condonabili, in coincidenza con il completamento funzionale (del mutamento di destinazione preordinato) all’uso residenziale, qualora siano state eseguite entro la data del 31 dicembre 1993 (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, 23 maggio 2005, n. 2578; Id. 18 febbraio 2002, n. 7021).

La relazione peritale del C.T.U. evidenzia l’assenza delle caratteristiche morfologiche necessarie all’uso residenziale del sottotetto: la mancanza di requisiti igienico-sanitari; l’inidoneità dell’aerazione e d’illuminazione del sottotetto.

9. 2 Nell’economia del decisum, il richiamo operato nella sentenza appellata alla disciplina contenuta nell’art. 43 della legge n. 457/1978 e negli articoli 1 e 5 del D.M. 5 luglio 1975 del Ministero della Sanità, contrariamente a quanto lamentano gli appellanti, non coonesta nel procedimento di condono le norme sulla regolarità abitativa, bensì individua i parametri di diritto positivo che, alla luce degli accertamenti in fatto compiuti dal CTU, hanno consentito di stabilire con certezza che entro il 31 dicembre 1993 il sottotetto non era stato funzionalmente completato per la destinazione all’uso residenziale.

9.3 L’insussistenza dell’avvenuta trasformazione del sottotetto ad uso residenziale, al 31 dicembre 1993, è altresì testimoniata dal fatto che, al fine d’adeguare il sottotetto agli standards igienico sanitari abitativi, gli appellanti hanno poi chiesto ed ottenuto il permesso di costruire (n. 1110 del 4 aprile 2007) – anch’esso impugnato dalla ricorrente – per la realizzazione di abbaini, i quali in corso d’opera, in forza di variante autorizzata (n. 1566/2008), impugnata dalla ricorrente con motivi aggiunti, sono stati traslati sulla copertura del sottotetto.

In definitiva la successione cronologica dei provvedimenti amministrativi impugnati esibisce un continuum di interventi edilizi, dipanatisi dalla domanda di condono del 2005 fino alla variante del 2008, teleologicamente accomunati dalla realizzazione di un’abitazione residenziale nel sottotetto.

10. Col terzo motivo d’appello, si lamenta che il Tribunale amministrativo non avrebbe circoscritto, in conformità al petitum del gravame come formulato dalla ricorrente, l’annullamento del permesso di costruire del 2007 e della variante del 2008 nelle sole parti in cui sono state rispettivamente autorizzate la realizzazione e la traslazione degli abbaini, sì da rendere incerto ed indefinito l’esito degli altri interventi previsti nei titoli edilizi richiamati (cfr. trasformazione di altra parte del sottotetto in terrazza a livello di altra unità immobiliare).

11. L’esame della censura presuppone la previa cognizione del principale motivo dell’appello incidentale, con il quale la sig. Di Sa. En. lamenta l’omessa pronuncia del Tar sul motivo di ricorso che deduceva la radicale illegittimità dei titoli edilizi impugnati in l’assenza del necessario nulla-osta dell’Ente Parco dei Monti Lattari, nel cui territorio ricade l’immobile oggetto d’intervento.

12. Il motivo è fondato.

12.1 Il manufatto insiste in zona A del P.R.G. ricompresa nel parco dei Monti Lattari, assoggettata a vincolo paesaggistico ed a piano di recupero.

Nondimeno il Comune non ha mai richiesto il nulla osta dell’Ente Parco – di cui alla delibera G.R.C. del 15 febbraio 2005, n. 165 – sull’erroneo rilievo che l’apposizione del vincolo fosse successiva alla realizzazione dell’abuso.

Costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato, da cui non sussistono giustificati motivi per qui discostarsi, che, ai sensi dell’art. 32 l. n. 47/85, la verifica della compatibilità della costruzione con i valori presidiati dal vincolo va effettuata, prescindendo dalla data in cui il vincolo è stato imposto, rilevando la data d’esercizio in concreto della potestà amministrativa (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 20 giugno 2013 n. 3355; Id., 8 maggio 2012 n. 2649).

12.2 In aggiunta, le opere autorizzate con gli atti impugnati modificano la sagoma dell’edificio alterando l’ambiente: ossia incidono sul valore specificamente tutelato dal vincolo senza che l’autorità preposta alla sua tutela, in violazione dell’art. 5 l.r. n. 24 del 1995, sia stata messa in grado di esprimere alcuna propria valutazione sulla compatibilità degli interventi.

12.3. Inoltre, è risultato che gli abusi hanno riguardato il tetto e dunque una parte dell’edificio non di proprietà esclusiva, sicché occorreva una istanza nel rispetto delle disposizioni concernenti il condominio.

13. L’accoglimento dell’appello incidentale in esame inficia ab imis e in misura radicale la legittimità degli atti impugnati, sì da consentire l’assorbimento degli residui motivi d’appello in esso dedotti.

14. Per le stesse considerazioni, è infondato il quarto motivo d’appello principale con il quale si lamenta l’irricevibilità del ricorso, perché proposto oltre il termine di decadenza decorrente dalla piena conoscenza dell’ultimazione dei lavori.

15. Oltre a non aver dato la prova su di essi incombente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2010 n. 8705; Id., sez. IV, 13 giugno 2011 n. 3583) della piena conoscenza della ricorrente dell’avvenuta esecuzione delle opere oggetto di condono in data antecedente all’accesso agli atti, gli appellanti non considerano affatto la natura dei vizi dedotti, esorbitanti la materia dell’edilizia ed aventi ad oggetto anche la tutela dell’ambiente e del paesaggio.

Sicché solo dopo l’accesso agli atti la ricorrente ha potuto verificare che le opere sono state autorizzate dal Comune senza richiedere il previo nulla osta dell’Ente Parco.

!6. Conclusivamente l’appello principale è infondato. Deve invece essere accolto l’appello incidentale, sicché va confermato il dispositivo della sentenza impugnata, che ha accolto in primo grado la domanda di annullamento

17. Le spese del presente grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza fra le parti private e sono compensate nei confronti del Comune, che ha aderito alle conclusioni rassegnate dalle parti soccombenti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello principale n. 4258 del 2013, come in epigrafe proposto, lo respinge, accoglie l’appello incidentale ai sensi della motivazione e conferma il dispositivo della sentenza appellata, sulla base di una motivazione parzialmente diversa.

Condanna i signori Al. Fa. e Or. Di Ma. in solido al pagamento delle spese di lite in favore della signora El. Di Sa., che si liquidano in complessivi 5000,00 (cinquemila) euro, oltre diritti ed accessori di legge.

Compensa le spese nei confronti del comune di (omissis).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2017, con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Silvestro Maria Russo – Consigliere

Marco Buricelli – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore

Dario Simeoli – Consigliere

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