Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 6 marzo 2017, n. 1052

L’annullamento del nulla osta paesaggistico comunale è consentito per qualsiasi vizio di legittimità, riscontrato nella valutazione formulata in concreto dall’ente territoriale, ivi compreso l’eccesso di potere in ogni sua figura sintomatica

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 6 marzo 2017, n. 1052

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10357 del 2010, proposto da:

Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

contro

Ne. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. De Pa., Pa. Ki. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Fe. De Lo. in Roma, via (…);

nei confronti di

Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Al., con domicilio eletto presso lo studio Fa. Ci. in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE III, n. 5147/2009, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un centro socio-sanitario assistenziale.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ne. S.r.l. e di Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2017 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Ti., Ki. Ma. e Al. nella fase preliminare, dello Stato Ai. e Ki. Ma. in sede di discussione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 5147/2009 del 5-10-2009 il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza) accoglieva il ricorso ed i motivi aggiunti proposti dalla società Ne. s.r.l., intesi ad ottenere l’annullamento dei seguenti atti: decreto n. 15639 del 3-7-2008, con il quale il Ministero per i Beni e le Attività Culturali aveva annullato l’autorizzazione paesaggistica n. 27 del 13-5-2008, rilasciata dal Comune di (omissis), ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, per la realizzazione di un centro socio-sanitario assistenziale alla via (omissis); nota prot. n. 019594 del 10-9-2008 con la quale il Ministero, in riscontro alla richiesta del 12-8-2008, aveva ritenuto di non provvedere all’annullamento in autotutela del provvedimento n. 15630/2008.

La predetta sentenza esponeva in fatto quanto segue.

“Con ricorso notificato in data 24-10-2008 e depositato il 20-11-2008, parte ricorrente impugnava gli atti in epigrafe per i seguenti motivi di diritto: Illegittimità – Violazione e falsa applicazione degli artt. 146 e 159 del D.Lgs. n. 42 del 22-1-2004 – Eccesso di potere – Erroneità della motivazione – Illogicità manifesta – Violazione degli artt. 97 e 114 della Costituzione – Violazione della legge costituzionale n. 3 del 2001;

Illegittimità – Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 42/2004 – Violazione e falsa applicazione del DPR n. 380/2001 – Violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 17/82 e della legge regionale n. 15/05 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 6, della legge n. 104/02 – Eccesso di potere – Sviamento di potere;

Illegittimità – Violazione e falsa applicazione della legge n. 241/1990 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 e 10 bis della legge n. 241/1990 – Violazione dei principi del giusto procedimento – Eccesso di potere – Violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità.

Con ricorso per motivi aggiunti…parte ricorrente articolava le seguenti ulteriori censure: Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 42/2004 – Sviamento di potere….”.

Il Tribunale Amministrativo accoglieva il ricorso “in relazione all’assorbente profilo, evidenziato da ultimo dalla difesa attorea nel ricorso introduttivo, ovvero l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo”.

Avverso la prefata sentenza il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, deducendone l’erroneità e chiedendone l’annullamento e/o l’integrale riforma.

Con unico motivo ha censurato la decisione del giudice di primo grado nella parte in cui ha ritenuto non osservata la garanzia procedimentale dell’avviso di avvio del procedimento.

Si sono costituiti in giudizio la società Ne. ed il Comune di (omissis), deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

In particolare, poi, la Ne. s.r.l. ha riproposto i motivi di ricorso articolati in primo grado e dichiarati assorbiti dal Tribunale Amministrativo.

Le parti hanno prodotto memoria e depositato documentazione.

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 9-2-2017.

DIRITTO

Deve in primo luogo essere esaminata la richiesta di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse del Ministero alla decisione, avanzata dalla società appellata nella memoria depositata in data 9 gennaio 2017.

In particolare, la Ne. s.r.l. evidenzia che essa non solo ha realizzato l’immobile oggetto del provvedimento censurato in primo grado, ma ha, altresì, edificato un volume aggiuntivo in sopraelevazione, autorizzato dalla Soprintendenza con parere rilasciato il 22-6-2016 e con successiva autorizzazione paesaggistica del 28-6-2016.

Di conseguenza, il Ministero non avrebbe più interesse a coltivare l’appello relativo alla originaria autorizzazione paesaggistica, avendo comunque autorizzato e fatto realizzare un ulteriore piano su detta struttura.

L’eccezione di improcedibilità dell’appello non può essere accolta.

Va, invero, rilevato che, in assenza di una dichiarazione espressa del Ministero di carenza di interesse alla decisione, non può la stessa automaticamente inferirsi dall’avvenuto rilascio del parere favorevole alla sopraelevazione e della conseguente autorizzazione paesaggistica, considerandosi che la determinazione positiva del Soprintendente, richiamata dall’appellata società, si fonda sulla legittimità del permesso di costruire relativo alla originaria struttura, derivante dalla sentenza del Tribunale Amministrativo oggetto del presente atto di appello.

Trattasi, dunque, di una determinazione adottata allo stato degli atti, sulla base di una sentenza di primo grado, la quale è certamente esecutiva, ma è oggetto di contestazione giurisdizionale da parte dell’autorità ministeriale in sede del presente giudizio di appello, in relazione al quale non è intervenuta alcuna rinuncia o espressa dichiarazione di non avere più interesse alla sua coltivazione, dal cui accoglimento deriverebbero effetti invalidanti anche con riferimento alla richiamata autorizzazione alla sopraelevazione.

Ciò premesso, deve procedersi alla disamina nel merito dell’appello proposto.

Con unico motivo il Ministero per i Beni e le Attività Culturali censura la sentenza del Tribunale Amministrativo nella parte in cui ha accolto il ricorso prodotto dalla società Ne. per l’omesso avviso di avvio del procedimento relativo all’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di (omissis).

Deduce, in particolare, che nel decreto di annullamento n. 15639 del 3 luglio 2008 è precisato che la documentazione relativa all’intervento era pervenuta completa alla Soprintendenza in data 25-6-2008 con nota prot. n. 10803 del 25-6-2008 e che la predetta nota era stata inviata dal Comune di (omissis) alla società per la quale costituiva avviso di avvio del procedimento ai sensi e per gli effetti della legge n. 241/1990.

Aggiunge che lo stesso articolo 159 del d.lgs. n. 42/2004 prevede che il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica sia inviata alla Soprintendenza e che ne venga data comunicazione agli interessati, per i quali costituisce avviso di avvio del procedimento ai sensi della legge n. 241/1990.

Il motivo di appello è fondato.

Rileva la Sezione che nella fattispecie in esame sono state osservate le garanzie di partecipazione procedimentale, nei modi previsti dalla legge in relazione allo specifico procedimento.

Invero, l’articolo 159 del d.lgs. n. 42 del 2004 dispone, al comma 2, che “L’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione dà immediata comunicazione alla soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, trasmettendo la documentazione prodotta dall’interessato nonché le risultanze degli accertamenti eventualmente esperiti. La comunicazione è inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio del procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990 n. 241. Nella comunicazione alla soprintendenza l’Autorità competente al rilascio dell’autorizzazione attesta di avere eseguito il contestuale invio agli interressati…”.

Orbene, dall’esame degli atti di causa risulta che la suddetta prescrizione normativa risulta essere stata rispettata.

Invero, è in atti la nota prot. n. 8470 del 22 maggio del 2008 del Comune di (omissis), trasmessa alla Soprintendenza per i B.A. ed alla società Ne..

In essa si legge: “Ai sensi del D.Lgs. n. 42/04 si trasmette in duplice copia il decreto autorizzativo di seguito indicato completo della documentazione tecnico amministrativa ai sensi e per gli effetti dell’art. 146 comma 6 del citato D.Lgs. Decreto n. 27 del 13-5-2008 rilasciato a favore della So. Ne. s.r.l. con sede in (omissis) (Na) alla via (omissis). La presente nota inviata alla So. Ne. s.r.l. costituisce avviso di inizio del procedimento ai sensi e per gli effetti della legge n. 241/1990”.

Da quanto sopra emerge che il Comune di (omissis) ha proceduto conformemente alla citata disposizione normativa, comunicando l’avvenuta trasmissione alla Soprintendenza della rilasciata autorizzazione paesaggistica anche al privato interessato.

L’ente locale ha, poi, dato atto che, conformemente al dettato del citato articolo 159, la trasmissione della nota alla società costituisce avviso di avvio del procedimento ai sensi e per gli effetti della legge n. 241/1990.

Risultando in tal modo osservata la specifica disposizione normativa relativa alla partecipazione procedimentale del privato, deve, di conseguenza, ritenersi che il provvedimento ministeriale di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica non sia affetto dal rilevato vizio di omesso avviso di avvio del procedimento e, dunque, che la gravata sentenza sia effettivamente erronea nella parte in cui ne ha ritenuto l’illegittimità per mancato adempimento del suddetto onere procedimentale.

La norma, invero, pone il suddetto adempimento in capo all’autorità che rilascia l’autorizzazione paesaggistica, valendo tale avviso in relazione alla successiva fase del controllo da parte dell’autorità ministeriale.

Risultando in tal modo normativamente regolamentati gli adempimenti relativi alla partecipazione procedimentale con riferimento alla successiva fase di competenza dell’autorità ministeriale, deve escludersi l’illegittimità del provvedimento di annullamento ministeriale per la rilevata omissione delle garanzie partecipative.

L’avviso di avvio del procedimento è stato correttamente inviato al privato dal Comune di (omissis), in ossequio alle norme disciplinatrici della materia, con la conseguenza che nessun ulteriore adempimento partecipativo doveva porre in essere la Soprintendenza.

Osserva, peraltro, la Sezione che la fondatezza del motivo di appello spiegato non determina la riforma della gravata sentenza e, dunque, il disposto annullamento degli atti impugnati in primo grado, risultando comunque l’illegittimità del decreto soprintendentizio impugnato per effetto dell’accoglimento dei motivi di ricorso proposti dalla società Ne., assorbiti dalla pronuncia di primo grado ed espressamente riproposti in sede di appello dal privato.

In particolare, la società ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento soprintendentizio di annullamento in quanto costituente non un mero controllo di legittimità dell’autorizzazione paesaggistica, ma un vero e proprio riesame nel merito del provvedimento adottato dall’ente subdelegato.

La censura è fondata.

Il decreto comunale n. 27 del 13-5-2008, contenente il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, motiva diffusamente la determinazione abilitativa con riferimento ai contenuti del parere espresso dalla Commissione Edilizia Integrata.

In tale parere si legge quanto segue.

” -Visto che il progetto è stato esaminato, preliminarmente, dalla Commissione Locale ASL Na 4 istituita ai sensi della DGRC 3958/01 con parere favorevole; -preso atto della coerenza dell’intervento con l’indirizzo programmatico dei piani sopraordinati, P.T.R., e dell’ammissibilità rispetto alla normativa urbanistica vigente (art. 9 DPR n. 380/2001 e art. 4 LR 17/82); -visto lo stato attuale dell’area di intervento e del contesto paesaggistico effettuato attraverso la documentazione fotografica e prospettive ripresi da luoghi di normale accessibilità; -valutata la congruenza di questi ultima rispetto all’intervento richiesto; – valutate le caratteristiche tipologiche e dei materiali proposti nonché le opere di mitigazione dell’impatto descritte nella relazione paesaggistica; -valutato lo stato attuale del bene paesaggistico interessato, l’impatto sul paesaggio delle trasformazioni proposte, gli elementi di mitigazione e compensazione necessari; -verificato che dall’esame istruttorio della pratica la detta relazione paesaggistica contiene le valutazioni previste dall’art. 146 del predetto Codice dei beni culturali e del paesaggio; -visti i caratteri antropici, peculiari del luogo e l’assenza di particolari qualità sceniche/panoramiche, in particolare per quanto riguarda le viste sull’intervento dall’intorno anche allargato; -considerato che il sito presenta capacità per accogliere i cambiamenti proposti, senza effetti di alterazione dei caratteri connotativi e della qualità complessiva/capacità di assorbimento visuale; ritiene l’opera compatibile rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo specifico e congrua con i criteri di gestione dell’area e riconosce infine la coerenza del progetto con gli obiettivi di qualità paesaggistica e di qualità architettonica, di cui alla propria dichiarazione di indirizzi e con le norme del regolamento comunale…”.

Di poi, il parere favorevole risulta accompagnato dalle seguenti prescrizioni: ” a) l’inserimento di una copertura a giardino pensile sull’intera superficie del lastrico solare; b) la sistemazione a verde attrezzato, come da progetto, di tutta l’area circostante; c) finestrature di maggiore dimensione, ove possibile, con vetri riflettenti; d) riduzione dell’altezza dei piani, in modo da avere un’altezza complessiva max. di m. 8,50; e) l’eliminazione della pensilina esterna posta all’ingresso principale”.

Orbene, osserva la Sezione che il provvedimento soprintendentizio impugnato motiva la determinazione di annullamento in primo luogo affermando che “l’intervento proposto, se realizzato, stravolgerebbe le caratteristiche del sito di tipo agricolo (noccioleto), introducendo un manufatto di circa 3000 mq. con due livelli di costruito e aree pertinenziali pari a circa 9000 mq.”. Rileva ancora che “quanto dichiarato nel corpo del decreto “Visti i caratteri antropici, peculiari del luogo e l’assenza di particolari qualità sceniche, panoramiche, in particolare per quanto riguarda le viste sull’intervento dall’intorno anche allargato” non risulta veritiero, in quanto è evidente dalle foto simulazioni allegate all’autorizzazione paesaggistica…che l’impatto negativo delle opere sul paesaggio, fruito pienamente da chi viaggia con la vesuviana, è di grande rilevanza. Inoltre, tale manufatto, per grandezza, volume e conformazione, si pone come elemento completamente estraneo al contesto percepibile da chi percorre la via (omissis)….sminuendo l’importanza storica della masseria suddetta e quindi del sito…”.

Rileva il Collegio che, in base alla lettura comparata del decreto di autorizzazione paesaggistica (che richiama i contenuti del parere della Commissione Edilizia Integrata) e del provvedimento ministeriale di annullamento, risulta chiaramente che la Soprintendenza ha sovrapposto il proprio giudizio di merito sulla compatibilità paesaggistica dell’opera rispetto a quello effettuato dall’autorità comunale.

Tanto è chiaramente evincibile laddove – contrariamente a quanto ritenuto in sede di autorizzazione paesaggistica – si afferma che l’opera stravolgerebbe le caratteristiche del sito di tipo agricolo, che l’impatto negativo delle opere sul paesaggio è di grande rilevanza e che il manufatto si pone come elemento completamente estraneo al contesto percepibile da chi percorre la via (omissis).

In buona sostanza, l’autorità ministeriale ha effettuato, con il provvedimento impugnato, una valutazione di compatibilità paesaggistica di segno opposto rispetto a quella operata dal Comune, con valutazioni di merito tecnico-discrezionali che alla stessa non risultano consentite in sede di controllo di mera legittimità.

Costituisce, invero, costante affermazione giurisprudenziale (Cons. Stato, A.P., 14-12-2001, n. 9; sez. VI, n. 300/2012; 12-4-2013, n. 1991) che l’annullamento del nulla osta paesaggistico comunale è consentito per qualsiasi vizio di legittimità, riscontrato nella valutazione formulata in concreto dall’ente territoriale, ivi compreso l’eccesso di potere in ogni sua figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta).

All’organo ministeriale è, peraltro, precluso un riesame nel merito della valutazione compiuta dall’autorità regionale o dall’ente subdelegato.

Si afferma, infatti, che vi è un divieto di effettuare un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall’ente competente tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione (cfr. Cons. Stato, A.P., n. 9/2001 cit; VI, 14-8-2012 n. 4562; VI, 11-6-2012, n. 3401; VI, 2-4-2010 n. 1899).

Proseguendo nella disamina dei motivi di primo grado riproposti in sede di appello, evidenzia la Sezione che risulta, altresì, fondata la censura che lamenta l’illegittimità del decreto soprintendentizio laddove esso rileva che “l’opera è classificata come impianto produttivo, classificazione che non sembrerebbe contemplare la destinazione d’uso di centro socio-sanitario assistenziale previsto per il manufatto proposto”.

Vanno, infatti, in proposito condivise le doglianze del privato, il quale evidenzia che trattasi comunque di rilievi di tipo urbanistico che non appartengono alla competenza dell’organo soprintendentizio.

Osserva in proposito il Collegio che – a prescindere da ogni considerazione in ordine alla corretta qualificazione del manufatto in termini di impianto produttivo – tale valutazione esula dal potere di verifica della Soprintendenza, il quale è riferito agli aspetti paesaggistici relativi all’area vincolata e non può, dunque, essere esplicitato con riferimento a considerazioni di carattere squisitamente urbanistico.

Da ultimo, va considerato che coglie nel segno la censura relativa alla illegittimità del decreto soprintendentizio nella parte in cui afferma il contrasto dell’opera con il P.T.P. vigente.

Va, invero, osservato che il provvedimento ministeriale non deduce ragione alcuna in ordine al rilevato contrasto ed, inoltre, dall’esame degli atti di causa (v. relazione illustrativa comunale del 20-5-2008 e perizia depositata dal privato) risulta che il manufatto in questione è situato all’esterno del perimetro del P.T.P.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, l’appello proposto deve essere rigettato e la sentenza di accoglimento del Tribunale Amministrativo Regionale va confermata, sia pure con diversa motivazione, in relazione alle ragioni più sopra esplicitate, che conducono comunque all’accoglimento del ricorso di primo grado e dei motivi aggiunti.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Sussistono, in considerazione della peculiarità della controversia ed alle ragioni di reiezione dell’appello, giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti costituite delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e conferma la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 5147/2009 con diversa motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere

Bernhard Lageder – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Francesco Mele – Consigliere, Estensore

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