Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 4 novembre 2016, n. 4629

I servizi di progettazione svolti per committenti privati rilevano ai fini della qualificazione nelle procedure di affidamento di contratti pubblici solo se i lavori sono stati ultimati

 

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 4 novembre 2016, n. 4629

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1392 del 2016, proposto da:

Consorzio stabile In., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo mandante del raggruppamento temporaneo di imprese con Si. s.p.a. e Id. s.r.l., rappresentato e difeso dagli avvocati Lo. Le. e Fr. Mi., con domicilio eletto presso An. Tr., in Roma, via (…);

contro

Agenzia Regionale Campania Difesa del Suolo – ARCADIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex d.P.C.M. 13 aprile 2012 dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

nei confronti di

Si. s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con SC. s.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Ro. Pr., con domicilio eletto presso An. Fo. in Roma, viale (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE I, n. 109/2016, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento dell’appalto avente ad oggetto la progettazione esecutiva, il coordinamento della sicurezza e la realizzazione dei lavori per il risanamento ambientale corpi idrici superficiali delle aree interne – lotto funzionale Provincia di Benevento

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia regionale Campania difesa del suolo – ARCADIS e della Si. s.r.l.;

Vista l’ordinanza cautelare della Sezione n. 1749 del 12 maggio 2016;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2016 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Mi. e Pr.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Campania – sede di Napoli il Consorzio stabile In. impugnava gli atti della procedura di affidamento in appalto della progettazione esecutiva, del coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di gara, della realizzazione dei lavori di risanamento ambientale dei corpi idrici superficiali delle acque interne della Regione Campania – lotto funzionale Provincia di Benevento, per un valore di € 23.534.568,69. Nella procedura di gara, indetta dall’Agenzia regionale Campania difesa del suolo – ARCADIS, la ricorrente si era qualificata al secondo posto della graduatoria finale, immediatamente dopo il raggruppamento temporaneo di imprese con capogruppo la Si. s.r.l., conseguentemente dichiarato aggiudicatario (determinazione n. 244 dell’11 giugno 2016).

2. Con il ricorso, integrato da motivi aggiunti, il Consorzio In. sosteneva tuttavia che gli operatori facenti parti del raggruppamento aggiudicatario fossero privi sotto diversi profili dei requisiti di qualificazione richiesti per le attività di progettazione previste nel bando, e che nell’ambito del procedimento di verifica ex art. 48 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), la medesima controinteressata non avesse rispettato il termine perentorio di dieci giorni dalla richiesta della stazione appaltante di fornire la documentazione a comprova.

3. Tutte le censure di merito venivano respinte dal Tribunale amministrativo con la sentenza in epigrafe, che prescindeva dall’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti sollevata dalle parti resistenti.

4. Contro questa pronuncia il Consorzio In. ha proposto appello, contenente le sole censure oggetto di questi motivi.

5. Costituitesi in resistenza, sia la ARCADIS che la Si. hanno riproposto l’eccezione di inammissibilità degli stessi.

6. Con ordinanza cautelare n. 1749 del 12 maggio 2016 è stata sospesa l’esecutività della sentenza di primo grado.

DIRITTO

1. Per il carattere pregiudiziale, va esaminata con priorità l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti del Consorzio In., i soli riproposti da quest’ultimo con il presente appello.

L’eccezione si fonda sull’assunto che l’odierno appellante fosse a conoscenza degli atti del sub-procedimento di verifica dei requisiti di qualificazione sin dal 23 giugno 2015, e dunque in epoca anteriore alla proposizione del ricorso, avvenuta il 13 luglio 2015, quando la ARCADIS ha consentito al Consorzio l’accesso agli atti di gara attraverso il rilascio di copia della documentazione ad essa relativa, in conformità all’istanza di cui alla nota di quest’ultimo del 15 giugno 2015.

1.1. Ad ulteriore dimostrazione di tale eccezione le parti appellate sottolineano che il Consorzio ha avuto conoscenza degli atti del sub-procedimento di verifica ai sensi del citato art. 48 d.lgs. n. 163 del 2006 già durante il corso della gara, come si evincerebbe dal fatto che nell’ambito di quest’ultima l’odierno appellante ha ripetutamente sollecitato la stazione appaltante ad escludere la Si. dalla gara perché asseritamente priva dei requisiti di qualificazione per le attività di progettazione oggetto dell’appalto.

1.2. Inoltre, la Si. sostiene che una volta ricevuta ex art. 79, comma 5, del Codice dei contratti pubblici la comunicazione dell’aggiudicazione definitiva (il 12 giugno 2016), il Consorzio In. era nelle condizioni di conoscere tutti gli atti del sub-procedimento, in conseguenza del fatto che la ARCADIS aveva messo a disposizione sul proprio sito internet istituzionale la nota istruttoria del 3 giugno 2015, prot. n. 6362 (rectius: nota della Regione Campania in pari data, prot. 37911), recante la relativa definizione. Pertanto – secondo questa prospettazione – una volta così posto nelle condizioni di avere compiuta conoscenza di tutti gli atti di gara, la conoscenza effettiva sarebbe stata concretamente raggiunta se solo il Consorzio avesse fatto istanza di accesso ai sensi del comma 5-quater del citato art. 79 d.lgs. n. 163 del 2006, potendosi così giovare del differimento fino a dieci giorni del termine per proporre ricorso previsto da quest’ultima disposizione.

1.3. A conclusione di questo ragionamento, la società controinteressata deduce che l’asserita tardiva conoscenza di tali atti deve ritenersi imputabile alla parte che ha curato i propri interessi con negligenza, dovendosi anche per questa via pervenire a dichiarare l’inammissibilità dei motivi aggiunti.

2. Nel controdedurre all’eccezione, il Consorzio In. sostiene di avere ignorato al momento della proposizione del ricorso sia la citata nota istruttoria che la corposa documentazione ad essa allegata (di oltre trecento pagine), e che la relativa conoscenza è avvenuta solo in conseguenza del deposito documentale effettuato dall’Avvocatura distrettuale dello Stato a difesa della ARCADIS, in vista della camera di consiglio del 7 ottobre 2015 tenutasi davanti al Tribunale amministrativo per la trattazione dell’istanza cautelare. Per contro, secondo l’odierno appellante al momento dell’accesso agli atti di gara del 23 giugno precedente non tutta la documentazione era stata fornita.

2.1. Da ultimo, il medesimo Consorzio evidenzia (in memoria di replica) che la ricevuta rilasciata in occasione di questo accesso non reca l’esplicita menzione della documentazione rilasciata in copia e da ciò trae la conseguenza che mancherebbe la prova – che spetta alla parte che formula l’eccezione fornire – che in sede di accesso agli atti fosse possibile formulare le censure poi enucleate nei motivi aggiunti davanti al Tribunale amministrativo.

3. Così riassunte le opposte prospettazioni, deve innanzitutto essere data continuità all’indirizzo giurisprudenziale richiamato dal Consorzio In. in memoria conclusionale, e cioè quello secondo cui la prova della “piena conoscenza” dell’atto lesivo rilevante ai fini dell’individuazione del termine termine decadenziale per proporre il ricorso giurisdizionale (“piena conoscenza” prevista in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici dall’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm.) dev’essere cauta e rigorosa, non potendo basarsi su mere supposizioni (Cons. Stato, V, 3 febbraio 2016, n. 424). Sul punto deve inoltre essere precisato che questa prova può essere anche di carattere indiziario, ma ai sensi dell’art. 2729 Cod. civ. gli indizi devono essere gravi, precisi e concordanti al fine di supportare un ragionamento probatorio di tipo induttivo fondato su elementi dotati di un rilevante grado di attendibilità circa il fatto ignoto da provare (in questo senso: Cons. Stato, V, 12 ottobre 2016, n. 4225).

3.1. Poste queste premesse di ordine generale e passando ai fatti di causa, un primo dato da evidenziare è che la ricevuta in data 23 giugno 2015 rilasciata da ARCADIS al Consorzio In. in occasione dell’accesso agli atti del sub-procedimento di verifica ex art. 48 del Codice dei contratti pubblici dei requisiti di qualificazione si limita ad attestare il rilascio di “copia degli atti amministrativi inerenti la richiesta in oggetto”, e cioè la precedente istanza ostensiva dell’odierna appellante del 15 giugno, relativa appunti agli atti in questione.

In applicazione dei principi sopra enunciati deve quindi concludersi che questo documento, non corredato da un elenco degli atti rilasciati all’istante, non realizza la prova piena che tutta la documentazione sia stata fornita.

3.2. Occorre allora verificare se a questa prova possa essere ottenuta in via induttiva, ai sensi del sopra richiamato art. 2729 del Codice civile.

La risposta al riguardo deve essere negativa.

3.3. Dagli atti del presente giudizio (ivi compresi quelli depositati in primo grado) risulta certamente che il Consorzio In. abbia ripetutamente sollecitato la ARCADIS ad escludere la Si. dalla gara per difetto dei requisiti che la stessa avrebbe dovuto comprovare in sede di verifica ex art. 48 d.lgs. n. 163 del 2006. Del pari risulta che al momento della proposizione del ricorso il medesimo Consorzio fosse a conoscenza dell’atto conclusivo del sub-procedimento, costituito dalla nota istruttoria n. di prot. 6362 del 3 giugno 2015 (recte: nota della Regione Campania n. 37911 di pari data), che – come evidenzia l’aggiudicataria Si. – figura tra gli atti impugnati con il ricorso (epigrafe a pag. 2), ed è ad esso allegato (doc. n. 8).

3.4. Dal complesso della documentazione finora esaminata può trarsi una prima conclusione: al momento del ricorso, notificato il 13 luglio 2015, il Consorzio In. era a conoscenza della verifica positiva della verifica dei requisiti di qualificazione attraverso, oltre che l’aggiudicazione definitiva, la nota conclusiva e la documentazione alla quale aveva fatto accesso.

Il ricorso quindi contiene un’unica censura – qui non riproposta – di violazione dell’art. 48 cod. contratti pubblici per asserita insufficienza dei servizi di progettazione ex art. 252 d.p.r. n. 207 del 2010 svolti dalla mandante del raggruppamento aggiudicatario SC. s.r.l., anche in avvalimento con l’ing. Fe. Ch.; insufficienza sia in relazione al valore dei lavori in termini assoluti (€ 15.273.171,14, per la classe III, categoria a), secondo l’ordinamento professionale degli ingegneri e architetti), sia con riguardo ai servizi “di punta” (€ 4.58.951,34).

3.5. Per contro, solo nei motivi aggiunti (notificati il 21 settembre 2015) sono formulate le ulteriori censure qui riproposte, che il Consorzio In. afferma di avere potuto dedurre in seguito al deposito di ulteriore documentazione da parte dell’amministrazione resistente (cfr. l’incipit della parte “in fatto” dei motivi).

3.6. Al riguardo, nei motivi in questione il Consorzio In. allega che nel deposito presso il Tribunale amministrativo effettuato il 25 luglio 2015, l’Avvocatura dello Stato distrettuale ha prodotto “una tabella riassuntiva dei requisiti di cui si discute, unitamente a due certificati privati, rilasciati da R.C.M. Costruzioni s.r.l., attestanti il possesso, da parte di SC., dei requisiti nella classe III, categoria a)”. Nel prosieguo della narrativa il Consorzio deduce quindi che in sede di gara la controinteressata Si. non ha esibito la tabella, relativa ai servizi di progettazione svolti per lavori appartenenti alla classe III, categoria a), nel rispetto del termine perentorio previsto dall’art. 48 d.lgs. n. 163 del 2006, e che i due certificati rilasciati da committenti privati “non sono affatto spendibili al fine di far conseguire il requisito di qualificazione alla società di progettisti”.

Da qui la deduzione delle conseguenti censure.

3.7. In particolare, con il primo motivo aggiunto la violazione del termine perentorio ai sensi della citata disposizione è fatta discendere dal notevole ritardo con cui l’aggiudicataria ha esibito alla stazione appaltante la documentazione comprovante lo svolgimento da parte della mandante SC. dei servizi di progettazione per lavori appartenenti alla classe III, categoria a), e precisamente solo in riscontro alla nota dell’ARCADIS del 29 maggio 2015, laddove l’inziale richiesta della medesima stazione appaltante di comprova dei requisiti risale al 28 luglio 2014. Nel secondo motivo il Consorzio In. ha invece dedotto che i servizi di progettazione svolti dalla mandante per committenti privati, di cui ai due certificati conosciuti a posteriori, non potessero essere utilizzati per la qualificazione, secondo quanto previsto dall’art. 263, comma 2, del regolamento di attuazione del previgente codice dei contratti pubblici (d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207), come interpretato da questo Consiglio di Stato nella sentenza di questa V Sezione del 22 maggio 2015, n. 2567.

4. Così riassunto lo svolgimento dei fatti di causa, innanzitutto escludersi che dalla nota istruttoria del 3 giugno 2015 conclusiva del sub-procedimento di verifica possa ricavarsi in via induttiva la prova che il Consorzio In. fosse a conoscenza di tutti gli atti del procedimento ex art. 48 Cod. contratti pubblici.

Tale documento reca in realtà solo l’esito conclusivo (positivo) della verifica dell’avvenuto svolgimento dei servizi di progettazione da parte della mandante del raggruppamento aggiudicatario SC. e dell’ausiliario ing. Chiatto, ma da questa non è possibile risalire alla conoscenza completa dell’intero sub-procedimento di verifica dei requisiti, tanto più che nel caso di specie tale segmento della gara è stato alquanto articolato e si è protratto per diversi mesi, con richieste di chiarimenti della ARCADIS successive rispetto alle prove inizialmente fornite dal raggruppamento con capogruppo la Si..

4.1. Quindi, contrariamente a quanto deduce quest’ultima, non costituiscono circostanze indiziarie sufficientemente gravi e precise le plurime sollecitazioni del Consorzio alla ARCADIS, inviate nel corso del sub-procedimento di verifica ex art. 48 d.lgs. n. 163 del 2006, affinché questa escludesse il raggruppamento aggiudicatario dalla gara per difetto dei requisiti di qualificazione dei propri progettisti.

A tale riguardo, quest’ultima richiama la documentazione depositata davanti al Tribunale amministrativo il 25 novembre 2015, in seguito alla proposizione dei motivi aggiunti.

Sennonché le note del Consorzio (datate 27 gennaio, 13 marzo e 13 aprile 2015) fanno riferimento a documenti specifici, concernenti i requisiti di qualificazione dell’ausiliario ing. Fernando Chiatto. Per contro, come sopra accennato, le censure formulate nei motivi aggiunti attengono ad altri profili, ed in particole sono dirette a censurare lo svolgimento del sub-procedimento di verifica ex art. 48 del Codice dei contratti pubblici e la qualificazione della mandante ausiliata SC.

4.2. Altri elementi di carattere indiziario muniti dei requisiti di cui all’art. 2729 Cod. civ. più volte richiamato non ve ne sono, per cui l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti non può essere accolta.

5. Tanto meno può essere accolta in virtù dell’onere di diligenza invocato dalla Si..

Sul punto è agevole osservare che il Consorzio In. non è stato negligente, ma – al contrario – prima di proporre il ricorso ha formulato istanza di accesso agli atti di gara, dopo soli tre giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione definitiva, e nel rispetto del termine decadenziale di trenta giorni ha proposto ricorso sulla base della documentazione conosciuta in occasione dell’accesso avvenuto il 23 giugno 2015.

A questo punto occorreva provare che il ricorrente conoscesse tutti gli atti di gara ed in particolare del sub-procedimento di verifica ex art. 48, ma come sopra rilevato questa decisiva prova non è stata fornita dalle parti resistenti a ciò onerate.

6. Può dunque passarsi ad esaminare l’appello nel merito.

6.1 Con il primo motivo il Consorzio In. ripropone la violazione dell’art. 48 più volte citato. Secondo l’appellante il raggruppamento aggiudicatario avrebbe violato il termine previsto dal comma 2 di tale disposizione, qualificato come perentorio dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (sentenza 25 febbraio 2014, n. 10), essendo trascorsi circa dieci mesi dall’iniziale richiesta di ARCADIS al momento in cui è stata fornita a quest’ultima la prova dei servizi di progettazione della mandante SC..

6.2 Il motivo è infondato oltre che inammissibile per difetto di specificità ex art. 101, comma 1, del Codice del processo amministrativo.

6.2.1 Sotto il primo profilo, dalla documentazione agli atti del giudizio risulta che la prima richiesta di comprova risale al 28 luglio 2014 (nota di prot. 8303). Essa è stata riscontrata tempestivamente. La Si. ha infatti fornito alla ARCADIS la documentazione richiesta il 7 agosto immediatamente successivo.

La stazione appaltante non ha tuttavia ritenuto che tale documentazione fosse esauriente, tant’è vero che con nota del 5 novembre 2014 (prot. n. 11837) la Si. è stata richiesta di integrare, in dichiarata applicazione dell’art. 46 Cod. contratti pubblici, quanto già prodotto, in particolare per quanto riguarda i servizi di progettazione dichiarati dall’ausiliario ing. Chiatto.

A quella ora descritta ha fatto seguito un’ultima richiesta di chiarimenti (nota della Regione Campania di prot. 297421 del 29 aprile 2015), nella quale si dà atto di una “segnalazione di altro operatore economico partecipante alla procedura di gara”, e si richiede in particolare di specificare se un servizio di progettazione dichiarato dall’ausiliario deve essere imputato per l’intero valore dei lavori o pro quota con altri progettisti (committente IBI s.p.a.), nonché di specificare la difformità tra l’ammontare dei servizi per lavori appartenenti alla categoria III, classe a), dichiarati in sede di gara (€ 2.033.020,54) e le certificazioni acquisite in sede di verifica (per complessivi € 681.836,51).

6.2.2. La Si. ha quindi riscontrato entrambe le richieste di integrazione/chiarimenti nei termini di 10 giorni dal rispettivo ricevimento, e precisamente il 13 novembre 2014 e 9 maggio 2015.

6.3. Nondimeno, l’appellante sostiene che il termine perentorio di legge sia stato violato, perché occorre avere riguardo all’iniziale richiesta di comprova e rispetto ad essa è pacifico che il raggruppamento aggiudicatario non ha documentato lo svolgimento dei servizi di progettazione per l’intero importo dei lavori di classe III, categoria a), dichiarato in sede di domanda partecipazione alla gara.

6.4. La censura è per questa parte inammissibile ai sensi dell’art. 101, comma 1, del Cod. proc. amm. poc’anzi richiamato.

Il Tribunale amministrativo ha statuito sul punto quanto segue: “la stazione appaltante ha depositato la tabella riepilogativa allegata alla nota della società STCV prot. n. 63/2015 dell’8 maggio 2015, trasmessa all’esito di richieste di chiarimenti avanzate dalla stazione appaltante, tra le quali quella inoltrata in data 29 aprile 2015. Dall’esame di tale tabella è possibile desumere la piena corrispondenza tra i valori delle attività di progettazione svolte nel decennio dalla società e il totale dichiarato di euro 7.435.025 (cfr. documentazione depositata da Arcadis in data 25 luglio 2015), importo che sommato ai servizi di progettazione messi a disposizione dell’impresa ausiliaria Ing. Fe. Ch. (euro 8.220.669,00) raggiungono l’importo richiesto dalla lettera ‘p’ del disciplinare. Per quanto rileva nel presente giudizio, secondo l’a.t.i. aggiudicataria la non corrispondenza tra il contenuto della dichiarazione ed il grafico era da imputarsi a mero errore materiale, non essendo stata trasmessa per mero disguido una pagina della tabella (cfr. nota citata della società ST. prot. n. 63/2015 dell’8 maggio 2015). Dalla medesima documentazione versata in atti da Arcadis emerge altresì il possesso del requisito di cui alla lett. ‘q’ riferito ai n. 2 servizi “di punta” tra quelli svolti nel decennio antecedente la pubblicazione del bando di gara. Tali servizi sono indicati nelle pagine 2 e 3 della tabella e vanno identificati, rispettivamente, nell’attività di progettazione esecutiva afferente il programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambiente dell’area delle manifatture cotoniere s.p.a. “MC.” di (omissis) (committente privato “Commerciale Salerno” – importo di euro 2.033.186,18) e nella progettazione definitiva riferita ai lavori di riconversione irrigua e sistemazione idraulica zona (omissis) (committente pubblico “Consorzio Generale Bonifica Inferiore del Volturno” – importo di euro 2.862.665,81) “.

Rispetto a questa analitica ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza, che nel complesso priva di rilevanza ai fini del possesso sostanziale dei requisiti di qualificazione errori di carattere meramente materiale in cui l’aggiudicataria Si. è incorsa, non si registra nel motivo in esame una critica specifica dalla quale siano enucleabili possibili errori logico-giuridici della sentenza stessa. In sostanza, il motivo d’appello prescinde dal capo di sentenza contro il quale è rivolto ed così si pone al di fuori dello schema tipico dell’appello, mezzo di controllo della corretta applicazione delle norme giuridiche e dei fatti rilevanti nella controversia da parte del giudice di primo grado (secondo giurisprudenza incontrastata di questo Consiglio di Stato, da ultimo: Cons. Stato, III, 10 agosto 2016, n. 3586, 16 giugno 2016, n. 2682; IV, 26 settembre 2016, n. 3936; V, 31 agosto 2016, n. 3746, 26 luglio 2016, n. 3346, 31 marzo 2016, n. 1268; VI, 31 agosto 2016, n. 3767, 30 giugno 2016, n. 2947, 28 giugno 2016, n. 2851, 23 giugno 2016, nn. 2782 e 2808, 19 gennaio 2016, n. 158).

7. Residua l’esame del secondo motivo d’appello, con cui il Consorzio In. ribadisce l’assunto secondo cui ai fini della qualificazione dei progettisti, i servizi svolti per committenti privati non possono essere utilizzati se i lavori non siano stati ultimati, come stabilito da questa Sezione nella citata sentenza del 22 maggio 2015, n. 2567. Nel caso di specie si tratta dei servizi svolti dalla mandante SC. per la R.C. Co. s.r.l. consistenti nelle progettazioni esecutive per la realizzazione del centro commerciale “Le Co.” e dell’edificio “Cr.”, in Salerno.

7.1. Questo motivo è fondato perché i principi espressi dalla pronuncia ora richiamata sono condivisi da questo Collegio, mentre non lo sono le contrapposte argomentazioni difensive (pur pregevolmente) esposte dalla difesa della stazione appaltante e dell’aggiudicataria Si..

7.2. Deve premettersi in fatto che contrariamente a quanto sostiene Si. i lavori relativi ai servizi di progettazione svolti per detti committenti privati non sono stati ultimati. La circostanza è infatti riconosciuta dallo stesso consulente tecnico dell’aggiudicataria a sostegno dell’assunto (infondato) secondo cui la qualificazione dovrebbe essere riconosciuta in proporzione allo stato di avanzamento dei lavori progettati al momento della partecipazione alla gara qui in contestazione.

7.3. Ciò precisato, e passando alla questione di diritto, come accennato questo Collegio intende dare continuità ai principi espressi dalla citata sentenza della V Sezione n. 2567 del 22 maggio 2015, e in particolare intende aderire all’interpretazione che in questa pronuncia è stata data all’art. 263, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, secondo cui i servizi di progettazione svolti per committenti privati rilevano ai fini della qualificazione nelle procedure di affidamento di contratti pubblici solo se i lavori sono stati ultimati. Non è invece condivisa l’opposta tesi, espressa sempre da questa V Sezione, con sentenza del 10 febbraio 2015, n. 692, su cui si fonda invece la pronuncia del Tribunale amministrativo, in base alla quale anche per i servizi di progettazione svolti in favore di privati l’ultimazione dei lavori non avrebbe rilevanza ai fini della qualificazione in procedure di affidamento di contratti pubblici.

Decisiva al riguardo è la formulazione letterale della disposizione regolamentare, che solo per i servizi di progettazione eseguiti nei confronti di committenti pubblici esclude la rilevanza della “mancata realizzazione dei lavori” oggetto della progettazione. Per questi ultimi la norma in esame richiede che i servizi in questione – indicati attraverso il rinvio al precedente art. 252 (rubricata “Affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”) – “sono quelli iniziati, ultimati e approvati nel decennio o nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, ovvero la parte di essi ultimata e approvata nello stesso periodo per il caso di servizi iniziati in epoca precedente”.

7.4. Insomma, la fattispecie dell’art. 263, comma 2, si compone del periodo finale relativo ai servizi di progettazione svolti per committenti privati, ma – come chiarito dal precedente di questa V Sezione cui si aderisce – quest’ultimo riguarda un precetto autonomo e distinto da quello precedente e relativo ai servizi di progettazione per committenti pubblici e per esso non è riprodotta una disposizione analoga a quella che consente di prescindere dall’ultimazione dei lavori.

7.5. Inoltre, la sentenza n. 2567 del 2015 evidenzia che questa diversità di trattamento “rinviene la sua giustificazione nella diversità soggettiva dei destinatari dei servizi di progettazione”, ed in particolare trae fondamento dalla circostanza che la pubblica amministrazione “offre garanzie di certificazione anche in mancanza della concreta attuazione del progetto”, laddove le medesime garanzie in caso di servizi di progettazione svolti per committenti privati possono essere ricavate solo se le attività progettuali affidate da questi “abbiano ricevuto concreto svolgimento mediante l’esecuzione dei lavori”.

7.6. A questo specifico riguardo, si deve precisare che a differenza di quanto avviene in ambito privato, l’attività progettuale delle stazioni appaltanti pubbliche è (rectius: era) oggetto di un’analitica disciplina normativa nel previgente regime dei contratti pubblici, sia nel codice di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (capo IV – rubricato “Servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria” – della parte II, relativa ai contratti d’appalto nei settori ordinari), che nel relativo regolamento di attuazione approvato con il d.P.R. n. 207 del 2010 (l’intero titolo II – “progettazione e verifica del progetto” della parte II, relativa ai contratti nei settori ordinari).

In particolare, ai fini della soluzione controversa nel presente giudizio rileva l’attività di verifica e validazione dei progetti che la stazione appaltante deve compiere prima dell’approvazione e del successivo affidamento dei contratti. Secondo la definizione contenuta nell’art. 45, comma 1, del regolamento la verifica “è finalizzata ad accertare la conformità della soluzione progettuale prescelta alle specifiche disposizioni funzionali, prestazionali, normative e tecniche contenute nello studio di fattibilità, nel documento preliminare alla progettazione ovvero negli elaborati progettuali dei livelli già approvati”. Inoltre, ai sensi del successivo art. 52 le verifiche condotte sulla documentazione progettuale per ciascuna fase, in relazione al livello di progettazione, sono svolte con riferimento ai seguenti aspetti: “a) affidabilità; b) completezza ed adeguatezza; c) leggibilità, coerenza e ripercorribilità; d) compatibilità”. All’esito di queste verifiche il responsabile unico del procedimento era tenuto ad emettere la validazione, la quale secondo l’art. 55 “è l’atto formale che riporta gli esiti delle verifiche” e costituisce il presupposto necessario per avviare “la fase dell’affidamento dei lavori” (art. 59, comma 2).

7.7. All’esito di questa ricognizione della normativa del tempo, risulta evidente che il fondamento giustificativo dell’irrilevanza dell’ultimazione dei lavori sancita dall’art. 263, comma 2, per il solo caso di servizi di progettazione svolti per committenti pubblici è riconducibile all’attività di verifica e validazione dei progetti che questi ultimi sono tenuti e svolgere, il cui superamento, e la conseguente approvazione dei progetti ai fini dell’affidamento dei lavori, fornisce adeguate garanzie di capacità tecnico-professionale dei progettisti in successive gare per l’esecuzione di servizi analoghi.

Correlativamente, l’assenza di simili obblighi di verifica preventiva in capo ai privati viene recuperato dall’art. 263, comma 2, ai fini della qualificazione dei progettisti, in base all’unica alternativa possibile, consistente nell’ultimazione dei lavori. Solo questa circostanza consente infatti di avere (in via retrospettiva) adeguate garanzie circa l’affidabilità, adeguatezza e coerenza dei servizi di progettazione svolti.

Alla luce dei rilievi ora svolti deve escludendosi che questo differente trattamento dei servizi di progettazione in base alle caratteristiche soggettive del committente sia “irrazionale e discriminatorio”, come invece sostiene la controinteressata Si..

7.8. In senso contrario a quanto finora osservato non possono essere addotte le modalità di prova dello svolgimento di questi servizi previste dalla norma in esame, su cui le appellate insistono.

A tale riguardo, il fatto che in alternativa al certificato di collaudo dei lavori l’art. 263, comma 2, preveda che lo svolgimento dei servizi di progettazione per committenti privati, dichiarato ai fini dell’ammissione alla gara sulla base dei certificati di “buona e regolare esecuzione” rilasciati da questi ultimi, possa poi essere provato attraverso “gli atti autorizzativi o concessori (…) ovvero tramite copia del contratto e delle fatture relative alla prestazione medesima”, non consente di sovrapporre il profilo del possesso del requisito di capacità tecnica sul piano sostanziale rispetto al distinto aspetto della prova di esso. Nell’ambito di queste prove acquisite “su richiesta della stazione appaltante”, quindi, dovrà comunque emergere la necessaria dimostrazione che i lavori progettati sono stati realizzati completamente.

In altri termini, i documenti elencati dall’art. 263, comma 2, costituiscono strumenti di cui l’amministrazione si avvale ai fini della verifica del possesso del requisito di qualificazione, essendo poi rimesso a quest’ultima di accertare in concreto quale capacità dimostrativa tali mezzi di prova abbiano rispetto al profilo di ordine sostanziale sopra accennato.

7.9. Da ultimo, va precisato che, diversamente da quanto sostiene la Si., l’interpretazione della citata disposizione del regolamento di cui al d.P.R. n. 207 del 2010 che qui si intende privilegiare non determina alcuna lesione dei principi di certezza, trasparenza e parità di trattamento in materia di contratti pubblici recentemente affermati dalla Corte di giustizia europea nella sentenza del 2 giugno 2016 (C-27/15).

Infatti, a differenza della fattispecie in relazione alla quale sono stati affermati i principi in questione – in cui la sanzione dell’esclusione dalla gara per difetto dei relativi requisiti partecipativi non era prevista nel bando, né era evincibile in modo chiaro dalla normativa primaria – nel caso oggetto del presente giudizio l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore della Si. consegue al riscontro in sede giurisdizionale del difetto di un requisito di partecipazione che avrebbe dovuto essere accertato nel corso dell’apposita verifica in ambito di gara (ex art. 48 Cod. contratti pubblici) se la norma regolamentare applicabile al riguardo fosse stata correttamente interpretata.

Più precisamente, nel caso di specie l’interpretazione innovativa e tale da integrare in modo non conforme ai principi di certezza e trasparenza i contenuti della lex specialis non è la conseguenza (id est: l’esclusione dalla gara), dal momento che è incontroverso che essa discende dalla mancata prova del possesso del requisito di capacità tecnica nella fase di gara deputata alla verifica di esso, ma è il presupposto di tale conseguenza ad essere al centro dell’operazione interpretativa, e cioè la norma di ordine sostanziale relativa al requisito oggetto di verifica.

8. Passando alle ulteriori difese delle appellate, non si ravvisano innanzitutto i presupposti per deferire la questione controversa all’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, in ragione dell’opposto principio affermato da questa Sezione con sentenza del 10 febbraio 2015, n. 692, e cioè che anche in caso di servizi di progettazione svolti per committenti privati non sarebbe necessaria l’ultimazione dei lavori.

Come più volte affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, nel processo amministrativo le ipotesi di deferimento della causa all’Adunanza plenaria sono soltanto due, cioè quella facoltativa di cui all’art. 99, comma 1, Cod. proc. amm., che ricorre quando si riscontri un contrasto di giurisprudenza reale o potenziale e la Sezione che lo rileva non intende seguire l’indirizzo consolidato, e quella obbligatoria di cui all’art. 99, comma 3, che ricorre quando la Sezione intende rimettere in discussione un principio di diritto già enunciato dall’Adunanza plenaria (sul punto cfr., da ultimo Cons. Stato, III, 1 aprile 2016, n. 1307; V, 23 settembre 2015, n. 4441 e 22 settembre 2015, n. 4419).

Pacifica nel caso di specie l’insussistenza di quest’ultima ipotesi, il Collegio non ritiene di avvalersi della facoltà discrezionale prevista per la prima evenienza, considerato che il contrasto è interno alla Sezione.

9. In conclusione, l’appello va accolto e in riforma della sentenza di primo grado deve del pari essere accolto il ricorso del Consorzio stabile In. ed annullati gli atti con esso impugnati.

L’indubbia complessità delle questioni controverse, oggetto di pronunce giurisprudenziali di segno opposto – come in precedenza rilevato -, giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso del Consorzio stabile In., annullando gli atti con esso impugnati.

Compensa tra tutte le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini – Presidente

Fabio Franconiero – Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

Alessandro Maggio – Consigliere

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