Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 17 ottobre 2017, n. 4803. L’imprenditore (specie se in forma societaria), in quanto soggetto che esercita professionalmente un’attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto

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6.2.- L’applicazione di tali principi al caso di specie conduce alle seguenti conclusioni:
a) va esclusa la possibilità di riconoscere, automaticamente e forfettariamente, a titolo di lucro cessante una somma corrispondente al 10% dell’importo dei lavori;
b) non è stata fornita la prova del c.d. danno curriculare;
c) sussistono i presupposti per applicare la detrazione relativa al c.d. aliunde perceptum. Rileva, a tal fine, la considerazione: “secondo cui l’imprenditore (specie se in forma societaria), in quanto soggetto che esercita professionalmente un’attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative dalla cui esecuzione trae utili. Pertanto, in mancanza di prova contraria, che l’impresa che neghi l’aliunde perceptum può fornire anche sulla base dei libri contabili, deve ritenersi che essa abbia comunque impiegato proprie risorse e mezzi in altre attività, dovendosi quindi sottrarre al danno subito per la mancata aggiudicazione l’aliunde perceptum, calcolato in genere in via equitativa e forfettaria. Del resto -e si è al secondo ordine di considerazioni – nell’ambito delle gare d’appalto, tale conclusione risulta avvalorata dalla distinta, concorrente circostanza che, da un lato, non risulta ragionevolmente predicabile la condotta dell’impresa che immobilizza le proprie risorse in attesa dell’aggiudicazione di una commessa, o nell’attesa dell’esito del ricorso giurisdizionale volto ad ottenere l’aggiudicazione, atteso che possono essere molteplici le evenienze per cui potrebbe risultare non aggiudicataria della commessa stessa (il che corrobora la presunzione); dall’altro che, ai sensi dell’art. 1227, secondo comma, c.c., il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno, sicché il comportamento inerte dell’impresa ben può assumere rilievo in ordine all’aliunde percipiendum”. (cfr. Adunanza Plenaria n. 2 del 2017).
6.3.- In definitiva, esclusa la possibilità di applicare la percentuale del 10%, e riconosciuta la particolare difficoltà di fornire una prova puntuale del relativo importo, tale utile non può che essere determinato in via equitativa (art. 2056 c.c.) nella misura del cinque per cento del valore dell’appalto (determinato in ragione del ribasso offerto in gara dall’avente diritto), da cui va però detratto un ulteriore 2% per cento, in quanto deve presumersi che l’impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori ovvero che avrebbe potuto riutilizzare, usando l’ordinaria diligenza dovuta al fine di non concorrere all’aggravamento del danno.
6.4.- Ai fini dell’integrale risarcimento del danno, che costituisce debito di valore, occorre riconoscere, inoltre, al danneggiato sia la rivalutazione monetaria (secondo l’indice medio dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat), che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi (determinati in via equitativa assumendo come parametro il tasso di interesse legale) calcolati sulla somma periodicamente rivalutata, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione del danno, sia, infine, gli interessi legali sulla somma complessiva dal giorno della pubblicazione della sentenza (che con la liquidazione del credito ne segna la trasformazione in credito di valuta) sino al soddisfo.
7.- La liquidazione delle spese del doppio grado di giudizio segue la regola generale della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 1611 del 2017, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la controparte appellata al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio in favore della società appellante, che si liquida in ? 4.500,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere, Estensore

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