Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 4 gennaio 2018, n. 59. È illegittima l’esclusione dalla gara del soggetto debitore di imposta al quale non è stata notificata la cartella esattoriale.

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Invero, a differenza di quanto dedotto dall’appellante, nella nozione stessa di “falsità” di cui alla lettera g) dell’art. 38 cit. è implicito un profilo di consapevolezza della non corrispondenza al vero di quanto dichiarato, atteso che la norma, lungi dal fare semplice riferimento al fatto storico – di per sé oggettivo – dell’inadempimento tributario, presuppone che questo sia stato “definitivamente accertato” (come si è detto, a seguito di un provvedimento amministrativo – da notificarsi preventivamente all’interessato – ormai divenuto inoppugnabile o la cui legittimità sia stata accertata con provvedimento giudiziale passato in giudicato).
Non è per contro pertinente il richiamo dell’appellante al precedente di Cons. Stato, III, 14 dicembre 2011, n. 6569, trattandosi, da un lato, di pronuncia di inammissibilità emessa all’esito di un giudizio revocatorio (per tale non statuente sul merito del giudizio rescissorio), dall’altro avente comunque ad oggetto una fattispecie del tutto diversa da quella di cui attualmente si verte.
Con il quarto motivo di appello viene infine dedotta la violazione dell’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, in relazione all’attivazione, da parte della stazione appaltante, del soccorso istruttorio in favore della Er. di Sc. Ro..
Invero, il motivo di appello, prima ancora che infondato, è formulato in modo perplesso.
Non è infatti chiaro se oggetto della censura sia l’attivazione del soccorso istruttorio (istituto che è peraltro dubbio sia stato realmente utilizzato, nel caso di specie, non avendo la stazione appaltante chiesto all’aggiudicataria di integrare una documentazione ipoteticamente carente, bensì essendosi limitata a chiedere chiarimenti per poi rivolgersi direttamente al concessionario della riscossione, ai fini delle proprie valutazioni), ovvero l’assenza – in capo ad Er. – di “inderogabili requisiti di moralità”, nella specie messi in dubbio dal ricorso alla rateizzazione di quanto dovuto a titolo di imposte, sintomo di scarsa liquidità finanziaria di quest’ultima.
A riprova della disorganica sovrapposizione fra diverse questioni, nel testo del gravame, è la successiva considerazione per cui “nel caso di specie anche laddove si volesse dare significato giuridico, nonostante quanto sopra esposto, alla tardiva ammissione alla rateizzazione, tale circostanza avrebbe dovuto essere ben valutata dalla stazione appaltante, dovendo considerare in prima ipotesi, si ritiene da un lato la patrimonializzaizone dell’impresa, e dall’altro l’entità del debito e l’importo delle rate mensili, oltre che è evidente assicurarsi che i pagamenti delle singole rate fossero effettivamente effettuati, perché anche il mancato pagamento di una sola rate potrebbe essere sintomo di perdita della necessaria affidabilità, prescritta dalla norma in questione”.
Tale norma, per l’appellante, sarebbe giustappunto l’art. 38, comma 1 lett. g) del d.lgs. n. 163 del 2006, volta a scongiurare “di sottoscrivere un contratto con una parte che versi in stato di difficoltà o di insolvenza per far fronte alle proprie obbligazioni”.
Per l’effetto, conclude l’appellante, l’aggiudicazione disposta dal Mibact sarebbe illegittima, in quanto “l’ammissione alla rateizzazione del debito iscritto a ruolo non poteva ritenersi di per sé e senza ulteriori assidui controlli, elemento sufficiente a dimostrare il possesso del requisito e/o la dovuta affidabilità per lo svolgimento dell’appalto”.
Alla luce di tale conclusione, il motivo d’appello appare inammissibile, essendo volto a censurare – sotto un profilo eminentemente di merito – una valutazione tecnico-discrezionale rimessa all’amministrazione, che certo non può essere sostituita dal giudice amministrativo con il proprio giudizio.
Del resto, tale motivo di gravame risulta anche generico, dal momento che parte appellante neppure individua delle specifiche carenze nell’operato dell’amministrazione, limitandosi, del pari inammissibilmente, ad affermare la necessità di ulteriori – ma non meglio precisati – controlli.
Conclusivamente, alla luce di quanto sopra rilevato, l’appello va respinto.
Nulla va però deliberato in merito alle spese di lite, non essendosi costituite in giudizio le parti appellate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere, Estensore

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