Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 16 ottobre 2017, n. 4787. La scelta di non aggiudicazione “non deriva dai vizi che inficiano gli atti di gara predisposti dalla stazione appaltante né da una rivalutazione dell’interesse pubblico che con essi si voleva perseguire

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5.- Avverso la sentenza l’appellante insorgeva, rappresentandone i seguenti errori:

a) nella parte in cui aveva respinto l’eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione della clausola VI.3.10 del bando (che sanciva “la facoltà di interrompere o annullare in qualsiasi momento la gara in base a valutazioni di propria esclusiva competenza, senza che i concorrenti [potessero] vantare diritti o aspettative di sorta”);

b) nella parte in cui aveva dichiarato la nullità della stessa clausola (in quanto, per un verso, confliggente – in attitudine ad elidere la responsabilità precontrattuale – con l’art. 1229 Cod. civ. e, per altro verso, idonea a prefigurare una “condizione risolutiva meramente potestativanulla ai sensi dell’art. 1355 Cod. civ.): e ciò senza tener conto della perfetta conformità e sovrapponibilità della regola operativa all’art. 81, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 (a sua volta ribadita dall’art. 95, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016, con la sola ed aggiuntiva imposizione dell’obbligo, nella specie comechessia rispettato ante litteram, di espressa indicazione nel bando di gara o nella lettera di invito);

c) nella parte in cui aveva respinto l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse in capo a St. (quanto alla astratta insuscettibilità dell’accoglimento della domanda, stante la natura dell’accordo-quadro e l’esclusione del minimo garantito, a prefigurare un utile accesso al bene della vita);

d) nella parte in cui aveva respinto l’eccezione di inammissibilità delle censure, in quanto attinenti a valutazioni discrezionali riservate alla stazione appaltante ed insuscettibili di sindacato giurisdizionale (dolendosi, per di più, che la sentenza avesse acquisito e sanzionato l’esercizio della facoltà di non addivenire alla aggiudicazione nei termini di un potere di fatto sottratto da limiti ed obblighi motivazionali: i quali invece sarebbero stati rispettati);

e) nella parte in cui – in travisamento dei fatti, violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato, violazione e falsa applicazione dell’art. 81, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 – aveva ritenuto ex se illegittima la contestata determinazione soprassessoria (per un verso non si sarebbe affatto trattato di abusiva revoca di una disposta aggiudicazione, ma di mancata aggiudicazione e per un altro le relative motivazioni, frutto di concreto apprezzamento degli interessi tecnici ed economici in gioco, erano state evidenziate);

f) nella parte in cui era disposta la condanna al risarcimento dei danni, in carenza dei presupposti.

6.- La società appellata resiste anche sulla base di una prospettazione dei fatti alternativa a quella dell’appellante. Alla pubblica udienza del 28 settembre 2017 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

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