Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 16 ottobre 2017, n. 4787. La scelta di non aggiudicazione “non deriva dai vizi che inficiano gli atti di gara predisposti dalla stazione appaltante né da una rivalutazione dell’interesse pubblico che con essi si voleva perseguire

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1.- L’appello è fondato e merita di essere accolto.

2.- Nell’ordine logico delle questioni devolute con l’appello, appare prioritaria quella con la quale l’appellante Tr. censura la sentenza perché fondata su un presupposto insussistente in fatto ed erroneo in diritto: che la ricorrente originaria avrebbe rivestito la posizione di aggiudicataria (definitiva o provvisoria) e la stazione appaltante avrebbe adottato un atto di revoca dell’aggiudicazione.

3.- Il motivo è fondato.

La scansione degli atti di procedura – che emerge dalla esposta narrativa in fatto e appare corroborata dalla relativa documentazione in atti – conferma, in effetti, che la finale determinazione assunta da Tr. non si atteggiasse in termini di “revoca” di una disposta aggiudicazione (né provvisoria né, men che mai, definitiva). Si trattava, in realtà, di una mera interruzione del procedimento, giustificata dai negativi esiti dell’interlocuzione negoziale, finalizzata al dialettico esperimento della possibilità di concordare una rimodulazione migliorativa dell’offerta economica e, alternativamente o cumulativamente, un perfezionamento dell’offerta tecnica.

In tal senso, non ha fondamento l’assunto dell’appellata, che assume di essere stata aggiudicataria provvisoria, solo perché aveva superato la fase di valutazione dell’offerta da parte della commissione di gara.

Invero, la stazione appaltante, secondo la clausola IV.2 della lettera d’invito, ha esercitato la facoltà di procedere a negoziare l’offerta iniziale dell’unico concorrente in gara.

Solo all’esito della fase di negoziazione la stazione appaltante avrebbe, se del caso, scelto l’offerta migliore ed, eventualmente, disposto l’aggiudicazione. Con l’avvio della fase di negoziazione, in effetti, le valutazioni e le posizioni precedentemente acquisite dai concorrenti cessano di spiegare effetti, perché si dà luogo a una fase selettiva ulteriore, di natura negoziale: solo all’esito della quale – se positivamente conclusa – si giunge davvero all’aggiudicazione (prima provvisoria e poi definitiva) del contratto.

4.- In ogni caso – e indipendentemente dal detto rilievo – la complessiva ratio decidendi della sentenza è informata, in guisa assorbente, alla ritenuta nullità (come tale suscettibile di rilievo officioso) della clausola del bando che legittimava, letta in chiave potestativa, la determinazione di non aggiudicare la gara: nullità argomentata sul plurimo e concorrente assunto:

a) della sua attitudine ad operare – sotto un profilo strutturale ed in quanto “lasciata esclusivamente all’arbitrio della stazione appaltante” – alla stregua di una “condizione risolutiva meramente potestativa”, come tale nulla ai sensi dell’art. 1355 Cod. civ.;

b) del suo pregiudiziale contrasto, sotto un profilo funzionale, “con i principi di correttezza e buona fede” in senso oggettivo (idonei ad imporre la valutazione comparativa dei confliggenti interessi sostanziali delle parti, dandone riscontro giustificativo);

c) della sua contrarietà alla regola inderogabile dell’art. 1229 Cod. civ. (di suo preclusiva di esclusioni o limitazioni preventive di responsabilità per dolo o colpa grave o per violazione di norme di ordine pubblico), e ciò nel duplice ritenuto senso dell’illegittima sottrazione all’obbligo di giustificazione e della arbitraria elisione (quanto meno) delle regole di responsabilità precontrattuale.

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