Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 16 ottobre 2017, n. 4787. La scelta di non aggiudicazione “non deriva dai vizi che inficiano gli atti di gara predisposti dalla stazione appaltante né da una rivalutazione dell’interesse pubblico che con essi si voleva perseguire

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e) che per il medesimo ordine di ragioni, anche l’offerta economica di St. aveva ottenuto, in quanto unica offerta presente, il punteggio massimo previsto (ossia, 40 punti), nonostante i valori proposti fossero, in realtà, fuori mercato;

f) che – in tale situazione – la stazione appaltante (non ritenendo, in definitiva, tecnicamente idonea né economicamente conveniente l’offerta, nei termini in cui era stata formulata) aveva deciso di avvalersi, al fine di “verificare la possibilità di migliorar[la]”, della facoltà di negoziare l’offerta con l’unico concorrente in gara, in conformità alla richiamata clausola IV.2 della lettera d’invito (ciò che sarebbe valso, per un verso, ad escludere “per definizione” che quest’ultimo potesse assumere la posizione di aggiudicatario provvisorio e, per altro verso, a chiarire che ad una proposta di aggiudicazione si sarebbe potuto addivenire solo qualora la attivata fase di negoziazione si fosse conclusa con successo, prospetticamente superando il giudizio negativo circa la ritenuta assenza di convenienza e idoneità dell’offerta);

g) che – a fronte dell’esito negativo del tentativo di negoziazione, imputabile all’indisponibilità del concorrente a effettuare rilanci “significativi” – la stazione appaltante non aveva potuto che prendere atto che la concorrente aveva presentato, di fatto, “un’offerta superiore all’obiettivo economico di Tr.” (in quanto, per un verso, significativamente superiore, sotto il profilo quantitativo, al budget assegnato per l’acquisito dei treni oggetto del lotto n. 3 e, per altro verso, asseritamente non giustificata, sotto il profilo qualitativo, da particolari caratteristiche prestazionali dei convogli offerti, stante l’evidenziata scarsa rispondenza dei parametri tecnici);

h) che – fallito l’invito a modificare in senso migliorativo il parametro del “prezzo unitario per la fornitura di ciascun convoglio” (che la St. si era mostrata disponibile a ridurre di un modesto 0,7%, aprendo a più incisive rimodulazioni solo alla inaccettabile condizione dell’acquisto di un numero minimo garantito di treni, come tale precluso dal tenore della lex specialis ed evidentemente contrario all’inderogabile canone della par condicio) – l’ulteriore interlocuzione negoziale era stata orientata alla formulazione di un’offerta migliorativa sia del prezzo unitario, sia degli indici di affidabilità e disponibilità dei treni (e ciò nella argomentata prospettiva di concedere alla concorrente la possibilità di elaborare una proposta che presentasse un equilibrio tecnico/economico soddisfacente per la stazione appaltante, disponibile, a questo punto, anche ad accettare riduzioni di prezzo poco significative, purché accompagnate da miglioramenti performanti dei parametri tecnici);

i) che – a presa d’atto del fallimento anche dell’ulteriore trattativa (che aveva visto la concorrente riformulare l’offerta tecnica in termini, per un verso, ritenuti “poco apprezzabili” e, per altro e più incisivo verso, comechessia nuovamente ed implausibilmente condizionati “a lotti minimi di fornitura non previsti nelle condizioni di gara” e l’offerta economica in misura esigua e ancora “fuori mercato”) – la stazione appaltante si era, da ultimo, indotta (nell’esercizio della facoltà scolpita all’art. 81, 3° comma del d.lgs. n. 163 del 2006 non meno che, nei sensi rammentati, dalla lex specialis di procedura) alla definitiva adozione della delibera di non aggiudicazione (n. 170 del 28 settembre 2016), le cui ragioni giustificative – già desumibili dalla ostensibile scansione degli atti di gara – erano state comunque partecipate con comunicazione via mail inviata dal RUP il 6 ottobre successivo.

4.- Sulle esposte premesse, l’appellante lamentava che la sentenza impugnata (equivocando i reali termini della vicenda procedimentale, erroneamente ricostruiti nei sensi di una insussistente revoca della mai disposta aggiudicazione definitiva) avesse inopinatamente accolto il ricorso proposto, avverso la rammentata delibera di non aggiudicazione, dalla St., altresì accogliendo la domanda di risarcimento del danno per equivalente (e con ciò disattendendo sia la natura formale dell’illegittimità dichiarata, sia la natura dell’accordo-quadro oggetto di gara, senza minimo garantito e quindi senza nessuna aspettativa consolidata in capo alla ricorrente).

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