Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 9 ottobre 2017, n. 4671. In caso di trasferimento ex art. 33, comma 5, della l. n. 104/1992

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8.1. A seguito del decesso del genitore, occorso in data 25 agosto 2014, l’Amministrazione ha comunicato all’interessato l’avvio del procedimento volto alla revoca del trasferimento, essendone venuto meno l’unico presupposto.

8.2. Il sig. -OMISSIS- ha fatto allora pervenire le proprie osservazioni, rappresentando in particolare che sua madre, a seguito del decesso del coniuge, avrebbe avuto una recrudescenza dei problemi psicologici (determinatisi in passato al momento della scomparsa, sempre per fibrosi cistica, del primogenito); inoltre, il fratello più giovane, anch’egli malato di fibrosi cistica e perciò già riconosciuto invalido (pur se ancora ai sensi dell’art. 3, comma 1, della l. n. 104) nonché unico familiare convivente con la madre, non solo non sarebbe stato in grado di prestarle la necessaria assistenza ma, di contro, avrebbe avuto bisogno lui stesso di essere seguito.

9. Tali tragiche reiterate evenienze, nonché il successivo riconoscimento del carattere di gravità della disabilità che affligge il fratello minore del ricorrente (circostanze che certamente e doverosamente saranno tutte apprezzate dall’Amministrazione), non possono, tuttavia, avere rilievo nell’ambito del presente giudizio.

10. Il trasferimento ex art. 33, comma 5, della l. n. 104, come noto, è disposto a vantaggio e nell’interesse esclusivo non dell’Amministrazione ovvero del richiedente, ma del disabile: il movimento, dunque, ha natura strumentale ed è intimamente connesso con la persona dell’assistito.

10.1. Si è, in particolare, di fronte ad un movimento non definitivo, ma subordinato ad un presupposto di fatto esterno ed estraneo all’ambito lavorativo, la cui perdurante presenza è condizione non solo per l’iniziale disposizione del trasferimento, ma anche per la sua perdurante efficacia.

10.2. Tale natura funzionalizzata del trasferimento è in re ipsa e non necessita, come viceversa da ultimo eccepito dal sig. -OMISSIS-, di un’espressa indicazione nel provvedimento che lo dispone, trattandosi di un dato costitutivo, di un tratto genetico, di un carattere consustanziale del movimento.

10.3. Il decesso del disabile, pertanto, svuota ab interno la funzione stessa del provvedimento, irrimediabilmente privato della propria costitutiva ragione d’essere, e, dunque, impone all’Amministrazione la revoca del movimento a suo tempo disposto: l’interesse pubblico all’ottimale allocazione del personale, non più compresso dal concorrente interesse alla cura del disabile, di rilievo parimenti pubblico in virtù della qualificazione normativa recata dalla l. n. 104, torna, infatti, a riespandersi pienamente.

11. Orbene, nel valutare la revoca del provvedimento l’Amministrazione non può prendere in considerazione elementi diversi da quelli sulla cui base fu disposto l’originario movimento.

11.1. A dispetto del nomen juris, invero, la revoca in esame non presenta tratti di discrezionalità: si tratta, di contro, di un atto doveroso nell’an e vincolato nel quomodo, d’indole decadenziale, con cui l’Amministrazione, sulla scorta del venir meno dell’unico presupposto fattuale posto a fondamento di una precedente determinazione di mobilità che, altrimenti, non sarebbe stata assunta, ricostituisce lo status quo ante, non essendovi più alcun motivo per continuare a mortificare l’interesse pubblico all’ottimale allocazione del personale ed il concorrente interesse individuale degli altri dipendenti allo scrutinio, in condizioni di parità, delle proprie istanze di trasferimento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, ord. 18 dicembre 2015, n. 5620; ord. 26 febbraio 2016, n. 653; ord. 15 settembre 2017, n. 3871).

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