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b) nel non aver dichiarato inammissibili i motivi aggiunti proposti contro la d.i.a. del 2009, atto di parte privata e non provvedimento amministrativo, dunque insuscettibile di annullamento da parte del g.a.;
c) nel non avere dichiarato la tardività degli ultimi motivi aggiunti nella parte rivolta a censurare la pretesa mancata dimostrazione della legittimità urbanistica del fabbricato in questione, che avrebbe dovuto essere rivolta avverso i precedenti titoli edilizi e, nel merito, sarebbe comunque infondata.
6. La signora Ri. si è costituita in giudizio (nel giugno del 2012) per resistere all’appello senza svolgere difese.
7. Con atto depositato in data 9 marzo 2017 l’appellante, premessa l’avvenuta scomparsa del difensore costituito della parte appellata, ha riassunto il giudizio interrotto ai sensi dell’art. 80 c.p.a.
8. La signora Ri. si è quindi costituita in giudizio con un nuovo difensore.
9. Il Comune di (omissis) si è anch’esso costituito in giudizio con memoria di stile svolgendo le proprie difese, in adesione all’appello, con successiva memoria.
10. Con memoria depositata il 28 luglio 2017, la signora Ri. ha argomentato le proprie difese sostenendo anzi tutto l’inammissibilità dell’appello per il suo carattere generico e confuso, non distinto in fatto e diritto e segnato dalla presenza di motivi intrusi.
11. Nel merito, l’appello sarebbe infondato perché:
a) il permesso di costruire del 2008 e la d.i.a. del 2009 sarebbero in sostanziale collegamento con il permesso impugnato con il ricorso introduttivo e sarebbero stati viziati della stesse ragioni di illegittimità dedotte nei confronti di questo, sicché sarebbe superfluo discorrere di autonomi profili di censura rispetti a quelli avanzati nella forma della illegittimità derivata;
b) anche limitandosi alla configurazione che ne dà la d.i.a. del 2009, l’intervento avrebbe richiesto il rilascio del permesso di costruire comportando la modifica della destinazione d’uso e l’alterazione dell’aspetto esteriore dell’immobile; il corpo di fabbrica centrale, del quale sarebbe stato denunziato il mutamento di destinazione d’uso, sarebbe a soli tre metri dal confine, in violazione della prescrizione della normativa di piano; per la sua natura, l’intervento non avrebbe potuto essere assentito con d.i.a., ma avrebbe richiesto il permesso di costruire;
c) in conformità dell’orientamento assunto dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 15/2011, l’impugnazione della d.i.a., proposta anteriormente all’entrata in vigore della modifica all’art. 19, co. 6 ter, della legge n. 241/1990, introdotta con il decreto-legge n. 138/2011, andrebbe riqualificata come domanda volta a contestare la decisione della p.a. di non vietare l’attività oggetto della dichiarazione;
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