Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 6 ottobre 2017, n. 4659.  E’ inammissibile una domanda di annullamento di una d.i.a., atto che ha natura oggettivamente e soggettivamente privata.

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d) respinge l’eccezione di inammissibilità formulata dall’appellante e dal Comune avverso i motivi proposti in primo grado contro il permesso n. 62/2008 e fondati solo sull’illegittimità derivata in quanto entrambi i permessi di costruire devono intendersi sostanzialmente ritirati (e comunque divenuti inefficaci per decorso del tempo) nel senso che – come sostengono in più occasioni sia l’appellante (pag. 7 dell’appello) sia il Comune, che ne condivide le tesi (pag. 7 della memoria del 27 luglio scorso) – ciascun progetto, con il relativo titolo sostituisce il precedente e oggetto del giudizio è, in conclusione, la d.i.a. del 2009; le opere assentite da tali permessi, pertanto, non sono comunque in alcun modo attuabili;

d) di conseguenza, dichiara improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso di primo grado e il primo atto di motivi aggiunti rivolti, rispettivamente, avverso il permesso di costruire del 2007 e quello del 2008.

15. Così detto, in parte, del primo motivo dell’appello, appare più liquido – secondo le coordinate interpretative dettate dall’Adunanza plenaria 27 aprile 2015, n. 5 – il secondo motivo di censura incentrato sull’inammissibilità dell’impugnativa diretta della d.i.a. del 2009 da parte della signora Ri..

15.1. Il T.a.r. non ha valutato l’eccezione in quanto ha erroneamente ritenuto che la caducazione dei due permessi di costruire si ripercuotesse inevitabilmente pure sulla d.i.a. In questo non può essere seguito perché, come detto prima, la d.i.a. è l’unico titolo edilizio efficace e oggetto del giudizio.

15.2. Il motivo è fondato.

15.3. L’art. 19, co. 6 ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, aggiunto dall’art. 6, co. 1, lett. c), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, stabilisce che “la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

15.4. Secondo l’orientamento della Sezione (28 aprile 2017, n. 1967; 9 maggio 2017, n. 2120; 5 luglio 2017, n. 3281):

a) la giurisprudenza del Consiglio di Stato, anche in epoca anteriore alla ricordata modifica legislativa, ha ritenuto inammissibile una domanda di annullamento di una d.i.a., atto che ha natura oggettivamente e soggettivamente privata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 settembre 2008, n. 4513; sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1474; sez. IV, 13 maggio 2010, n. 2919);

b) tale giurisprudenza si è formata in epoca anteriore e coeva a quella dell’atto impugnato;

c) è evidente la naturale portata retroattiva della norma sancita dal citato art. 19, co. 6 ter;

d) pertanto essa si è sovrapposta al principio di diritto circa la conversione della domanda, enunziato dall’Adunanza Plenaria del 29 luglio 2011, n. 15 (che pure ha confermato la natura privatistica della d.i.a.), richiamata dalla parte appellata nella memoria del 28 luglio scorso;

e) non può valere in contrario la circostanza che, in primo grado, la signora Ri., oltra a impugnare direttamente la d.i.a., abbia chiesto l’accertamento dell’illegittimità del comportamento tenuto dal Comune, perché la domanda non rientra comunque nello schema dell’art. 19, co. 6 ter, dal quale, in presenza dell’inerzia del Comune a rispondere a una specifica diffida del confinante, deriva solo la possibilità di attivare la procedura ex art. 117 c.p.a. in vista della nomina di un commissario che prenda in esame la diffida e provveda su di essa.

16. Una volta dichiarati improcedibili ricorso principale e primo atto di motivi aggiunti, la ritenuta inammissibilità del secondo atto di motivi aggiunti di primo grado, esaminata in ordine logico in via preliminare, rende superfluo l’esame degli ulteriori motivi di appello.

17. Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è fondato e va pertanto accolto. Di conseguenza, in parziale riforma della sentenza impugnata, devono essere dichiarati improcedibili il ricorso di primo grado e il primo atto di motivi aggiunti, inammissibile il secondo atto di motivi aggiunti.

18. Considerata la complessità della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti, ciascuna delle quali è da considerarsi soccombente ai fini del carico del contributo unificato anticipato in relazione all’instaurazione del rispettivo grado di giudizio e di cui, pertanto, sopporta definitivamente l’onere.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara:

a) improcedibili il ricorso principale e il primo atto di motivi aggiunti di primo grado;

b) inammissibile il secondo atto di motivi aggiunti.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Dispone che il contributo unificato resti a carico di ciascuna delle parti che lo ha corrisposto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Giuseppe Castiglia – Consigliere, Estensore

Luca Lamberti – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere

Giuseppa Carluccio – Consigliere

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