Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 6 novembre 2017, n. 5121. Il termine di novanta giorni contenuto nel comma 10 dell’art. 12 del d.Lgs. 387/2003

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L’allegato 3 al predetto d. M. 10 settembre 2010, (recante “Criteri per l’individuazione di aree non idonee”) infine, prevede che: L’individuazione delle aree e dei siti non idonei mira non già a rallentare la realizzazione degli impianti, bensì ad offrire agli operatori un quadro certo e

chiaro di riferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti.

L’individuazione delle aree non idonee dovrà essere effettuata dalle Regioni con

propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione

ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le modalità indicate al

paragrafo 17 e sulla base dei seguenti principi e criteri:

a) l’individuazione delle aree non idonee deve essere basata esclusivamente su

criteri tecnici oggettivi legati ad aspetti di tutela dell’ambiente, del paesaggio e

del patrimonio artistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del

territorio e del sito;

b) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei deve essere differenziata con

specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto;

c) ai sensi dell’articolo 12, comma 7, le zone classificate agricole dai vigenti

piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei;

d) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei non può riguardare porzioni

significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela

dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi

nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da

specifiche e motivate esigenze di tutela. La tutela di tali interessi è infatti

salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate, nei casi

previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle Regioni, agli enti locali

ed alle autonomie funzionali all’uopo preposte, che sono tenute a garantirla

all’interno del procedimento unico e della procedura di Valutazione dell’Impatto

Ambientale nei casi previsti. L’individuazione delle aree e dei siti non idonei

non deve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di

accelerazione e semplificazione dell’iter di autorizzazione alla costruzione e

all’esercizio, anche in termini di opportunità localizzative offerte dalle specifiche

caratteristiche e vocazioni del territorio;

e) nell’individuazione delle aree e dei siti non idonei le Regioni potranno tenere

conto sia di elevate concentrazioni di impianti di produzione di energia da fonti

rinnovabili nella medesima area vasta prescelta per la localizzazione, sia delle

interazioni con altri progetti, piani e programmi posti in essere o in progetto

nell’ambito della medesima area;

f) in riferimento agli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti

rinnovabili, le Regioni, con le modalità di cui al paragrafo 17, possono

procedere ad indicare come aree e siti non idonei alla installazione di specifiche

tipologie di impianti le aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle

trasformazioni territoriali o del paesaggio, ricadenti all’interno di quelle di

seguito elencate, in coerenza con gli strumenti di tutela e gestione previsti

dalle normative vigenti e tenendo conto delle potenzialità di sviluppo delle

diverse tipologie di impianti:

– i siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO, le aree ed i beni

di notevole interesse culturale di cui alla Parte Seconda del D.Lgs. n. 42 del

2004, nonché gli immobili e le aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai

sensi dell’art. 136 dello stesso decreto legislativo; – zone all’interno di coni visuali la cui immagine è storicizzata e identifica i

luoghi anche in termini di notorietà internazionale di attrattiva turistica;

– zone situate in prossimità di parchi archeologici e nelle aree contermini ad

emergenze di particolare interesse culturale, storico e/o religioso;

– le aree naturali protette ai diversi livelli (nazionale, regionale, locale) istituite

ai sensi della Legge n. 394/1991 ed inserite nell’Elenco Ufficiale delle Aree

Naturali Protette, con particolare riferimento alle aree di riserva integrale e di

riserva generale orientata di cui all’articolo 12, comma 2, lettere a) e b) della

legge n. 394/1991 ed equivalenti a livello regionale;

– le zone umide di importanza internazionale designate ai ai sensi della

convenzione di Ramsar;

– le aree incluse nella Rete Natura 2000 designate in base alla direttiva

92/43/CEE (Siti di importanza Comunitaria) ed alla direttiva 79/409/CEE (Zone

di Protezione Speciale);

– le Important Bird Areas (I.B.A.);

– le aree non comprese in quelle di cui ai punti precedenti ma che svolgono

funzioni determinanti per la conservazione della biodiversità (fasce di rispetto o

aree contigue delle aree naturali protette); istituende aree naturali protette

oggetto di proposta del Governo ovvero di disegno di legge regionale

approvato dalla Giunta; aree di connessione e continuità ecologico-funzionale

tra i vari sistemi naturali e seminaturali; aree di riproduzione, alimentazione e

transito di specie faunistiche protette; aree in cui è accertata la presenza di

specie animali e vegetali soggette a tutela dalle Convenzioni internazionali

(Berna, Bonn, Parigi, Washington, Barcellona) e dalle Direttive comunitarie

(79/409/CEE e 92/43/CEE), specie rare, endemiche, vulnerabili, a rischio di

estinzione;

– le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità

(produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G.,

produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto

paesaggistico-culturale, in coerenza e per le finalità di cui all’art. 12, comma 7,

del decreto legislativo n. 387 del 2003 anche con riferimento alle aree, se

previste dalla programmazione regionale, caratterizzate da un’elevata capacità

d’uso del suolo;

– le aree caratterizzate da situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico

perimetrate nei Piani di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) adottati dalle competenti

Autorità di Bacino ai sensi del D.L. n. 180/1998 e s.m.i.;

– zone individuate ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs. n. 42 del 2004 valutando la

sussistenza di particolari caratteristiche che le rendano incompatibili con la

realizzazione degli impianti.”.

4.3. Le disposizioni surrichiamate non escludono quindi, seppure con particolari limiti e condizioni, uno specifico potere regionale in materia di individuazione di siti non idonei: la critica incentrata sullo straripamento di potere è quindi destituita di fondamento, mentre la carenza di indicazione in ordine a singole prescrizioni viziate (ed allo specifico danno da esse arrecate alla singola iniziativa progettata dalla parte appellante) implica la inammissibilità di tali articolazioni delle censure.

4.3.1. Deve quindi evidenziarsi che le più radicali censure contenute nel ricorso di primo grado erano in parte qua ammissibili, ma infondate, come del pari infondato è l’odierno appello nella parte in cui ribadisce tale versante di critica ancorandolo ad un barrage temporale: il comma 10 dell’art. 12 del d.Lgs. 387/2003 (“in Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali”) non può infatti essere interpretato nel senso preclusivo ad ogni successiva determinazione regionale.

Il termine di novanta giorni condiziona il potere regionale, nel senso che in carenza di una determinazione regionale che intervenga nel succitato termine, debbano comunque trovare applicazione le linee-guida nazionali (e ciò per evitare che si creino fasi di ingiustificato stallo nei procedimenti autorizzativi: si veda sul punto Corte Costituzionale, 6 maggio 2010, n. 168).

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