Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 6 novembre 2017, n. 5121. Il termine di novanta giorni contenuto nel comma 10 dell’art. 12 del d.Lgs. 387/2003

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4. L’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. [In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.] Il rilascio dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Fatto salvo il previo espletamento, qualora prevista, della verifica di assoggettabilità sul progetto preliminare, di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non può essere superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti dall’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale.

4-bis. Per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa, ivi inclusi gli impianti a biogas e gli impianti per produzione di biometano di nuova costruzione, e per impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto.

5. All’installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività.

6. L’autorizzazione non può essere subordinata nè prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.

7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici.

Nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.

[ 8. Gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza complessiva non superiore a 3 MW termici, sempre che ubicati all’interno di impianti di smaltimento rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, nel rispetto delle norme tecniche e prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’articolo 31 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, attività ad inquinamento atmosferico poco significativo ed il loro esercizio non richiede autorizzazione. E’ conseguentemente aggiornato l’elenco delle attività ad inquinamento atmosferico poco significativo di cui all’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991. ]

9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza della ripartizione di cui all’articolo 10, commi 1 e 2, nonché di quanto disposto al comma 10.

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali.”;

b) l’art. 17 del d M. 10 settembre 2010, a propria volta, così stabilisce: “17. Aree non idonee

17.1. Al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio

degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni

delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono

procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di

specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al presente punto e

sulla base dei criteri di cui all’Allegato 3. L’individuazione della non idoneità

dell’area è operata dalle Regioni attraverso un’apposita istruttoria avente ad

oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del

paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari

locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di

protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di

specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero,

pertanto, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di

autorizzazione. Gli esiti dell’istruttoria, da richiamare nell’atto di cui al punto

17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna area individuata come non

idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la

descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione

individuati nelle disposizioni esaminate.

17.2. Le Regioni e le Province autonome conciliano le politiche di tutela

dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle

energie rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenti con la quota

minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden

sharing), in applicazione dell’articolo 2, comma 167, della legge n. 244 del

2007, come modificato dall’articolo 8-bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13,

di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, assicurando uno

sviluppo equilibrato delle diverse fonti. Le aree non idonee sono, dunque,

individuate dalle Regioni nell’ambito dell’atto di programmazione con cui sono

definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di

burden sharing fissati in attuazione delle suddette norme. Con tale atto, la

regione individua le aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente

già previsto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico obiettivo

assegnatole.

17.3. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 8-bis della legge

27 febbraio 2009, n. 13, di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2008,

n. 208, le Regioni possono individuare le aree non idonee senza procedere alla

contestuale programmazione di cui al punto 17.2. Entro 180 giorni dall’entrata

in vigore del sopraccitato decreto ministeriale le Regioni provvedono a

coniugare le disposizioni relative alle aree non idonee nell’ambito dell’atto di

programmazione di cui al punto 17.2, anche attraverso opportune modifiche e

integrazioni di quanto già disposto.”

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