Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 6 novembre 2017, n. 5121. Il termine di novanta giorni contenuto nel comma 10 dell’art. 12 del d.Lgs. 387/2003

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DIRITTO

1.L’appello è infondato e va respinto, nei sensi di cui alla motivazione che segue. La sentenza va quindi confermata, sia pure con le integrazioni motivazionali che verranno di seguito precisate.

1.1.Preliminarmente, il Collegio evidenzia che:

a) a mente del combinato disposto degli artt. artt. 91, 92 e 101, co. 1, c.p.a., farà esclusivo riferimento ai mezzi di gravame posti a sostegno dei ricorsi in appello, senza tenere conto di ulteriori censure sviluppate nelle memorie difensive successivamente depositate, in quanto intempestive, violative del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali (cfr. ex plurimis Cons. Stato Sez. V, n. 5865 del 2015);

b) la causa appare sufficientemente istruita, e le censure proposte sono in massima parte di natura giuridica, dal che discende la superfluità dei richiesti supplementi istruttori (verificazione);

c) non v’è spazio per la ipotizzata declaratoria di improcedibilità dell’appello (ovvero financo del ricorso di primo grado) sollecitata dalla appellata regione Puglia, anche in occasione del deposito documentale in ultimo dalla stessa effettuato, in quanto:

I) per tradizionale quanto granitica giurisprudenza, l’interesse al ricorso, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno di tali momenti (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 475/92).

b) parimenti, costituisce jus receptum quello per cui eventuali cause di improcedibilità dedotte dalle parti vadano valutate con rigore, al fine di evitare che simili pronunce inverino, nella sostanza, un diniego di giustizia;

II) nel caso di specie, la vibrata affermazione di parte appellante di avere un persistente interesse a coltivare l’appello, e la evidenza riposante nella circostanza che certamente non tutte le richieste di autorizzazione per impianti Fer dalla stessa presentate siano state positivamente assentite (neppure la regione Puglia si è spinta ad affermare ciò) inducono ad escludere che anche la produzione documentale in ultimo effettuata dalla Regione consenta di dichiarare improcedibile l’appello.

2. Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), in ordine logico è prioritario l’esame delle censure volte a dolersi della statuizione di inammissibilità pronunciata dal T.a.r., in quanto soltanto laddove eventualmente quest’ultima venisse rimossa potrebbe essere esaminato dal Collegio (direttamente, e senza dichiarare la nullità della sentenza di primo grado con restituzione della causa al T.a.r. ex art. 105 del c.p.a.)il merito delle censure prospettate dall’appellante società.

2.1.Ciò premesso, l’appello è in parte qua solo parzialmente fondato: la sola circostanza che le sopravvenute disposizioni della deliberazione della Giunta regionale n. 176 del 16 febbraio 2015, con la quale è stato definitivamente approvato il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale della regione Puglia (PPTR) siano state opposte all’appellante quale elemento ostativo alla realizzazione di richieste autorizzative di impianti Fer dalla stesse proposte, implica che la legittimazione attiva dell’appellante sia innegabile e la statuizione di inammissibilità vada rimossa Nè la circostanza che tali disposizioni non fossero le uniche che ostavano alla realizzazione degli impianti, non può inficiare detta conclusione.

3. Contrariamente a quanto ritenuto dal T.a.r., infatti, la concorrente (ancorchè non esclusiva) idoneità lesiva delle prescrizioni impugnate legittima la parte istante ad agire in giudizio: rimuovendo tale causa ostativa, infatti, essa potrebbe determinarsi a presentare un progetto che non impinga in ulteriori criticità in relazione a differenti disposizioni (nel caso di specie secondo l’argomentare della sentenza di primo grado “gli indirizzi di tutela o con le NTA del PUTT aree classificate inidonee dal r.r. 24/2010 o, ancora, le NTA del PUG di Troia”).

4. Così corretta la motivazione della sentenza, sul punto, occorre interrogarsi su un ulteriore profilo di ammissibilità dell’originario ricorso di primo grado, puntualmente sollevato dalla regione Puglia nel proprio controricorso (e comunque rilevabile ex officio).

Affermata, in astratto, la legittimazione della parte odierna appellante a promuovere l’impugnazione, appare necessario poi esaminare, infatti, gli ulteriori requisiti di ammissibilità del ricorso, riposanti nell’interesse in concreto (attualità della asserita lesione subita) e nella specificità delle censure contenute nel ricorso medesimo (e dell’odierno appello) in relazione alla individuazione delle prescrizioni asseritamente lesive.

4.1. A tale proposito, devono essere immediatamente segnalati due angoli prospettici da esaminare accuratamente, che – ad avviso del Collegio – costituiscono altrettante “anomalie” dell’odierno procedimento, in quanto:

a) sotto un primo profilo, la parte odierna appellante non ha impugnato nell’odierno procedimento singoli provvedimenti e pareri negativi che asseritamente si sarebbero fondati sulle prescrizioni del Piano impugnato e sugli atti (parimenti impugnati) a questo connessi;

b) conseguentemente, non soltanto il Collegio non potrebbe scrutinare tali singole prescrizioni (asseritamente) lesive, ma – come può evincersi dalla lettura del ricorso di primo grado, e del ricorso in appello – le stesse non sono state neppure specificamente segnalate. La parte appellante, in sostanza, si duole genericamente di un supposto straripamento di competenze da parte del PPTR, di un implementamento delle prescrizioni impeditive alla realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, ed elenca (sistematicamente nelle “note” contenute nell’appello) singole indicazioni contenute nella relazione generale, ma non deduce neppure una singola ipotesi specifica, né chiarisce in che termini detta specifica prescrizione lederebbe il proprio specifico interesse (es: la prescrizione x, in punto di tutela delle lame, lede l’interesse dell’appellante y, in quanto impedisce la realizzazione dell’impianto Z da ubicarsi nella località W);

c) ne deriverebbe pertanto che la statuizione dispositiva di un ipotetico accoglimento dovrebbe essere estesa a tutte le prescrizioni contenute negli atti impugnati nelle quali è contenuta una disposizione che “interessa” la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile (anche, in teoria, non intersecante alcuna delle richieste di autorizzazione avanzate dalla parte odierna appellante) e ciò appare già prima facie inammissibile (sul punto, che riveste importanza nodale, ci si soffermerà di nuovo di qui a breve);

d) sotto un secondo angolo visuale (che tuttavia appare recessivo) la prospettazione del ricorso di primo grado e dell’appello è incentrata sul presupposto che le suddette prescrizioni impeditive contenute nel PPTR, ed integranti un (in tesi illegittimo) incremento delle prescrizioni impeditive alla realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile abbiano natura vincolante (e pertanto immediatamente lesiva): ma la tesi è contestata dalla regione Puglia che nella memoria depositata in data 10.9.2016 ha fatto presente che le Linee Guida allegate al PPTR integrerebbero mere “raccomandazioni” emanate ai sensi dell’art. 143, comma 8 del T.U. Ambiente.

4.2. Quanto al primo complesso profilo oggetto di disamina, si osserva che – in conseguenza di quanto si è in premessa evidenziato- la prospettazione contenuta nel ricorso in appello (e, prima, nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado) è ammissibile solo in parte; invero, una volta che non sono state indicate le singole prescrizioni lesive, e che non è stato dedotto, contro ciascuna di esse, alcuno specifico motivo di censura teso a dimostrarne la illogicità, irrazionalità, etc, la doglianza appare inammissibile per genericità, almeno in parte.

E del pari si osserva che – nel momento in cui non è stato chiarito quale prescrizione impeditiva attinga direttamente l’interesse della parte appellante, determinando l’impossibilità, in capo a quest’ultima di ottenere il bene della vita cui aspira – risulta carente in concreto, l’interesse a proporre l’impugnazione.

L’unico profilo ammissibile – e sul quale di seguito ci si pronuncerà- fonderebbe sulla radicale tesi secondo la quale il PPTR non avrebbe potuto contenere alcuna misura che conducesse ad un incremento delle ipotesi ostative alla realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile in quanto integrante violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, dell’art. 17 del d M. 10 settembre 2010 e dell’allegato 3 al predetto decreto 10 settembre 2010 del Ministero dello sviluppo economico recante “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.

4.2.1. Ora, anche ammesso (ma così per il vero non è) che la parte odierna appellante avesse in concreto realmente dimostrato che a cagione delle prescrizioni del PPTR sia preclusa in “enormi parti del territorio regionale” la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile (l’appellata regione sostiene, in contrario senso, che il PPTR non abbia imposto alcun vincolo ulteriore rispetto a quelli indicati dal Regolamento regionale n. 24 del 2010) ed anche ammesso (ma così non è) che avesse dimostrato che a cagione di taluna di dette prescrizioni le è stato impedito di realizzare un certo impianto, ubicato in una certa località (così inverandosi quella “concreta lesione” che è presupposto di ammissibilità del ricorso di primo grado) si osserva che la radicale tesi secondo la quale alla regione Puglia fosse del tutto impedito di introdurre nel proprio PPTR ogni e qualsiasi disposizione preclusiva alla realizzazione di tale tipologia di impianti è infondata, in quanto:

a) l’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003,n. 387 così dispone: “1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.

2. Restano ferme le procedure di competenza del Mistero dell’interno vigenti per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

3. La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione o dal Ministero dello sviluppo economico entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all’articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. Per gli impianti offshore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.

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