Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 28 novembre 2017, n. 5575. È illegittimo il decreto ministeriale n. 144/2015 che ha approvato il Regolamento per il conseguimento del titolo di Avvocato specialista

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1.2. Con separati ricorsi, alcune associazioni professionali di categoria e singoli professionisti hanno impugnato il d.m. n. 144/2015, proponendo articolate censure.

2. Con ricorso n. r.g. 15057/2015 l’A.N.A.I – Associazione nazionale avvocati italiani e l’avvocato Ma. De. Ti., quale presidente e legale rappresentante p.t. nonché in proprio, hanno impugnato il regolamento con quattro motivi di doglianza.

2.1. Con sentenza 14 aprile 2016, n. 4427, il T.A.R. per il Lazio, sez. I, ha accolto la seconda censura, respingendo le altre e compensando fra le parti le spese di giudizio.

2.2. Il Tribunale regionale ha ritenuto che la previsione dell’art. 6, comma 4, del regolamento (“Nel caso di domanda fondata sulla comprovata esperienza il Consiglio nazionale forense convoca l’istante per sottoporlo ad un colloquio sulle materie comprese nel settore di specializzazione”) sarebbe intrinsecamente irragionevole per genericità in quanto non chiarirebbe nulla circa il contenuto del colloquio, le qualifiche e le competenze degli esaminatori, le modalità di svolgimento della prova. Essa conferirebbe perciò al Consiglio nazionale forense una altissima discrezionalità operativa, possibile fonte di confusione interpretativa e distorsioni applicative anche in punto di concorrenza fra avvocati e comunque in assoluta contraddizione con la funzione del regolamento come descritta dall’art. 9 della legge, cioè quella di individuare un procedimento di conferimento definito in maniera precisa e dettagliata, a tutela dei consumatori utenti e degli stessi professionisti che intendano conseguire il titolo.

3. Con ricorso spedito per la notifica il 28 ottobre 2016, il Ministero della giustizia ha interposto appello avverso la sentenza n. 4427/2016, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva (ricorso n. r.g. 2016/8715).

3.1. L’Amministrazione ha sostenuto che il T.A.R. non avrebbe valutato la disposizione censurata nel quadro dell’intera cornice legislativa e regolamentare di riferimento (in particolare, in relazione agli artt. 9, commi 2, 4 e 5 della legge; agli artt. 2, comma 2, 6, commi 2, 4 e 5, 7, comma 12, 8, 9, 11, 12, comma 3, e 14 del decreto ministeriale). La nuova normativa contemplerebbe un doppio canale per il conseguimento del titolo di avvocato specialista: da un lato la frequenza di un percorso formativo almeno biennale e la positiva attestazione dell’esito positivo attraverso il superamento di prove scritte e orali; dall’altro la comprovata esperienza nel settore di specializzazione, subordinata alla sussistenza e alla verifica di determinati requisiti, affidata al C.N.F. Il colloquio presso quest’ultimo – determinato nel contenuto in funzione del settore di specializzazione e delle produzioni del candidato e, quanto alle modalità, dall’evidente significato della nozione, distinta da quella di prova orale – rappresenterebbe uno strumento ragionevole e adeguato di valutazione in contraddittorio delle aspecifica professionalità in questione.

3.2. L’A.N.A.I. e l’avvocato Ma. De. Ti. si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello, osservando che il Ministero avrebbe impugnato la sentenza di primo grado con ricorso notificato oltre sei mesi dopo la pubblicazione della sentenza e sostenendo che le argomentazioni svolte dall’Amministrazione non sarebbero in grado di superare la chiarissima lacuna del regolamento censurata dal primo giudice.

3.3. Alla camera di consiglio del 19 gennaio 2017, sulla richiesta e l’accordo delle parti, la causa è stata rinvia al merito.

3.4. Con memoria depositata il 6 ottobre 2017, il Ministero ha rilevato che, in mancanza di appello incidentale, si sarebbe formato il giudicato sui capi della sentenza sfavorevoli ai ricorrenti in primo grado e ha insistito per l’accoglimento del proprio gravame.

3.5. All’udienza pubblica del 9 novembre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

4. Con ricorso n. r.g. 13957/2015 l’O.U.A. – Organismo unitario dell’avvocatura italiana e l’avvocato Mi. Ca., in proprio e nella qualità di presidente e legale rappresentante p.t., hanno impugnato il regolamento con sette motivi di doglianza.

4.1. Si sono costituiti ad adiuvandum l’Associazione giovani amministrativisti e l’Ordine degli avvocati di Lecce.

4.2. Si sono costituiti ad opponendum l’Unione delle camere penali italiane, l’A.G.I. – Avvocati giuslavoristi italiani, l’A.I.F. – Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori, l’U.N.C.A.T. – Unione nazionale camere avvocati tributaristi.

4.3. Con sentenza 14 aprile 2016, n. 4424, il T.A.R. per il Lazio, sez. I, ha respinto le eccezioni di inammissibilità degli interventi ad opponendum spiegati e di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse; nel merito, ha accolto la terza censura, rigettando le altre e compensando fra le parti le spese di giudizio.

4.4. Il Tribunale regionale ha ritenuto che la previsione dell’art. 3 del regolamento, circa la suddivisione dei settori di specializzazione, sarebbe intrinsecamente irragionevole e arbitraria, illogicamente omissiva di discipline giuridiche oggetto di codificazione (diritto dei consumatori) o oggetto di giurisdizioni dedicate (Corte dei conti). Inoltre non sarebbe possibile coglierne il principio logico di base, posto che la suddivisione adottata non corrisponderebbe a un criterio codicistico né a quello delle competenze dei vari organi giurisdizionali né all’elenco degli insegnamenti universitari. Tanto avrebbe già osservato il Consiglio di Stato in sede consultiva sullo schema di regolamento, con rilievi cui il Ministero si sarebbe adeguato in maniera solo parziale, mentre – alla luce della perseguita finalità di rendere il mercato delle prestazioni legali più leggibile per i consumatori – non sarebbe condivisibile l’argomentazione difensiva secondo cui la censura si risolverebbe in una valutazione di merito riservata all’Amministrazione.

4.5. Con ricorso spedito per la notifica tra il 28 e il 30 ottobre 2016, il Ministero della giustizia ha interposto appello avverso la sentenza n. 4424/2016, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva (ricorso n. r.g. 2016/8716).

4.6. L’Amministrazione ha sostenuto che il regolamento avrebbe integralmente recepito le sollecitazioni espresse dal C.N.F. e dalle competenti Commissioni permanenti dei due rami del Parlamento e si sarebbe pienamente adeguato al parere del Consiglio di Stato. Ferma la necessità di mantenere la tradizionale tripartizione nei settori del diritto civile, penale e amministrativo, la scelta degli ambiti di specializzazione sarebbe stata dettata dalla necessità di individuarne alcuni connotati da una più marcata specificità alla luce delle competenze giurisdizionali, del criterio codicistico e della legislazione speciale. Il T.A.R. avrebbe inammissibilmente ritenuto di sindacare valutazioni tecniche e scelte di merito compiute dal regolatore.

4.7. Gli originari ricorrenti non si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello.

4.8. Alla camera di consiglio del 19 gennaio 2017, sulla richiesta e l’accordo della sola parte presente, la causa è stata rinviata al merito.

4.9. Con memoria depositata il 6 ottobre 2017, il Ministero ha rilevato che, in mancanza di appello incidentale, si sarebbe formato il giudicato sui capi della sentenza sfavorevoli ai ricorrenti in primo grado e ha insistito per l’accoglimento del proprio gravame.

4.10. All’udienza pubblica del 9 novembre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

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