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9.2. Occorre, a questo punto, richiamare il principio costantemente ribadito in giurisprudenza, che questa Sezione – come già espresso in precedenza (Cons. Stato, Sez. IV, 05/01/2017, n. 11) – ritiene pienamente condivisibile, secondo il quale: “le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile. Ne consegue che il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità, vizio la cui sostanza non può essere confusa con l’adeguatezza della motivazione, ben potendo questa essere adeguata e sufficiente e tuttavia al tempo stesso illogica; stante, invero, il diverso rilievo ed ambito concettuale, che assumono i due vizi, l’uno non può essere arbitrariamente dedotto dall’altro e, soprattutto, un giudizio critico negativo reso dalla Commissione esaminatrice mediante punteggio numerico non risulta affetto né da profili di insufficienza, né da profili di irrazionalità solo perché il giudice, senza rilevare alcuna concreta eclatante discrasia tra la votazione negativa attribuita e il contenuto degli elaborati, decida di sostituire (indebitamente) la propria competenza a quella specifica riconosciuta dall’ordinamento alla Commissione, invadendo gli ambiti di discrezionalità tecnica alla stessa riservati.” (Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 871).
9.3. Peraltro, con riferimento specifico al concorso notarile, tali principi sono stati di recente ribaditi da questa Sezione, che, con la sentenza 30/08/2017, n. 4107, ha chiarito che “in materia di pubblici concorsi (nella specie, notarili) le commissioni esaminatrici, chiamate a fissare i parametri di valutazione e poi a giudicare su prove di esame o di concorso, esercitano non una ponderazione di interessi, ma un’amplissima discrezionalità tecnica, sulla quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere in particolari ipotesi-limite, riscontrabili dall’esterno e con immediatezza dalla sola lettura degli atti (errore sui presupposti, travisamento dei fatti, manifesta illogicità o irragionevolezza); costituiscono, pertanto, espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica, culturale ovvero attitudinale dei candidati, tanto il momento (a monte) dell’individuazione dei criteri di massima per la valutazione delle prove, quanto quello (a valle) delle valutazioni espresse dalla commissione giudicatrice; da ciò discende che sia i criteri di giudizio, sia le valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo se non nei limitati casi in cui l’esercizio del potere discrezionale trasmodi in uno o più dei vizi sintomatici dell’eccesso di potere (irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti), i quali – tipicamente – rappresentano vizi della funzione (rectius, della disfunzione) amministrativa, per essere stato, il potere, scorrettamente esercitato o finalizzato al raggiungimento di finalità estranee a quella della scelta dei soggetti più idonei a ricoprire la funzione”.
9.4. Venendo al caso di specie, questo Collegio, esprimendosi in relazione al giudizio reso dalla Commissione sulle tre prove scritte del candidato, non ravvisa gli estremi dell’eccesso di potere per manifesta illogicità ovvero profili di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti, con ciò fuoriuscendosi dai limiti del sindacato di legittimità del giudice amministrativo.
9.5. Le pretese dell’appellante, invero, sono tutte dirette ad ottenere una riedizione delle valutazioni espresse dall’Amministrazione, con ciò, tuttavia, finendo per richiedere l’esercizio di un inammissibile sindacato giurisdizionale che, travalicando il giudizio di legittimità, si ingerirebbe nella discrezionalità amministrativa della commissione di concorso.
9.6. Tali considerazioni, peraltro, possono essere senza dubbio estese anche alle valutazioni espresse dalla Commissione sull’atto di diritto civile, in relazione alle quali l’appellante sostiene che, essendo stato ricondotto l’elaborato alle “ipotesi eccezionali di estrema gravità” (nella forma del “travisamento della traccia”), all’onere motivazionale particolarmente puntuale e incisivo sussistente in capo alla Commissione corrisponderebbe un “più penetrante e rigoroso sindacato del Giudice, seppure nei limiti di sindacabilità”.
Non convince, infatti, la tesi del ricorrente che vorrebbe qualificare i dedotti errori commessi sul punto dalla Commissione alla stregua delle ipotesi di manifesta illogicità, erroneità o irragionevolezza che, integrando l’ipotesi eccezionale, darebbero adito al sindacato giurisdizionale. Invero, anche l’asserita contrarietà del criterio logico-giuridico utilizzato dalla Commissione al dettato normativo, alla giurisprudenza, alla dottrina ed alla prassi notarile, non presenta i caratteri tali da rendere l’errore riscontrabile ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti.
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