Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 20 dicembre 2017, n. 5982. Le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità

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8.2. A ciò si aggiunge che il Collegio, in relazione all’esame della censura svolta, non può non condividere il consolidato orientamento giurisprudenziale, già fatto proprio anche dal Giudice di primo grado, secondo cui l’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione è espressione dell’ampia discrezionalità amministrativa di cui sono fornite le commissioni esaminatrici per lo svolgimento della propria funzione, con la conseguenza che le relative scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti (ex pluribus, Consiglio di Stato, IV, 27 novembre 2008, n. 5862; 8 giugno 2007, n. 3012; 11 aprile 2007, n. 1643; 22 marzo 2007, n. 1390; 17 settembre 2004, n. 6155; 17 maggio 2004, n. 2881; 10 dicembre 2003, n. 8105; 2 marzo 2001, n. 1157).
In conclusione, la dichiarata sufficienza e idoneità dei criteri individuati dalla commissione conduce, pertanto, ad escludere l’operare dell’ipotesi derogatoria e, conseguentemente, ad affermare la non sindacabilità degli stessi da parte del giudice amministrativo.
9. Con una serie di motivi, in parte sovrapponibili, l’appellante censura il giudizio della Commissione valutatrice, sottolineando l’esistenza di macroscopici vizi di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà manifesta, perplessità e sviamento, irrazionalità arbitrarietà e disparità di trattamento.
Come detto, i vari motivi possono essere cumulati in un’unica richiesta, del ricorrente al Collegio, volta ad ottenere un sindacato giurisdizionale per il controllo della corrispondenza, in punto di fatto, tra i rilievi della commissione e gli elaborati del ricorrente e, più in generale, sulla logicità di quei rilievi, sulla loro rispondenza a parametri valutativi generali, sulla sufficienza della motivazione complessiva da essi desumibile, posta a fondamento della valutazione di inidoneità.
9.1. A tal fine, appare in primo luogo utile riportare integralmente il contenuto del giudizio di inidoneità reso dalla Commissione nei confronti dell’appellante, che si sostanzia delle seguenti argomentazioni:
a) per l’atto mortis causa, che “con riferimento al legato a favore di Ce., che la disposizione è formulata in maniera atecnica e criticabile e che la parte teorica è insufficiente riguardo al legato di datio in solutum”;
a) per l’atto di diritto commerciale, che “il candidato non menziona le accettazioni degli eredi e soprattutto l’accettazione beneficiata del minore, esponendo così l’atto alle conseguenti incertezze; inoltre, il candidato parla di conferimento dell’azienda, incompatibile con la natura della trasformazione e non prevede il collegio sindacale. Anche nell’atto in esame la parte teorica non dà conto delle questioni sottese agli argomenti richiesti”;
b) per l’atto inter vivos, che lo stesso è “gravemente insufficiente, in quanto il candidato ha redatto un atto che non realizza le finalità pratiche richieste dalla traccia, avendo predisposto una vendita con riserva di proprietà, che, come strutturata, si pone in contrasto con il meccanismo della prelazione previsto dalla legge, che presuppone, per la sua operatività, il verificarsi dell’effetto traslativo. La commissione rileva altresì che la tecnica utilizzata è del tutto inadeguata e che nella parte teorica si tratta in maniera gravemente insufficiente della vendita con riserva di proprietà”.

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