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6. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
7. Il Collegio riconosce la correttezza della pronuncia impugnata, della quale intende condividere, oltre alla decisione finale, anche l’impostazione di base di analisi del ricorso.
7.1. Invero, dall’esame complessivo delle molteplici censure, parzialmente sovrapponibili, avanzate dalla parte appellante è possibile estrapolare, nell’ottica di un approccio sintetico, i seguenti motivi di appello:
a) erroneità dei criteri di correzione predeterminati dalla Commissione;
b) richiesta di un sindacato giurisdizionale volto al controllo della corrispondenza, in punto di fatto, tra i rilievi della commissione e gli elaborati del ricorrente e, più in generale, sulla logicità di quei rilievi, sulla loro rispondenza a parametri valutativi generali, sulla sufficienza della motivazione complessiva da essi desumibile, posta a fondamento della valutazione di inidoneità.
c) disparità di trattamento tra candidati in relazione alla correzione dell’atto di diritto civile.
8. In merito alla prima censura attinente alla asserita erroneità dei criteri di correzione, occorre ricordare che la commissione esaminatrice, con il verbale n. 7 del 14 marzo 2011, ha predeterminato i criteri per la valutazione degli elaborati, ai sensi del comma 2 dell’art. 10 del d.lgs. n. 166/2006, stabilendo di considerare prioritariamente:
“a) la rispondenza dell’elaborato al contenuto della traccia;
b) l’aderenza delle soluzioni adottate alle norme e ai principi dell’ordinamento giuridico;
a) la corrispondenza delle soluzioni all’interesse delle parti, quale manifestato al notaio dai contraenti e disponesti;
b) l’adeguatezza delle tecniche redazionali, anche nella prospettiva della chiarezza espositiva dell’atto”.
Dalla lettura dei criteri emerge, pertanto, la loro sufficienza e idoneità ai fini della corretta valutazione degli elaborati, con ciò rendendo possibile la verificabilità della rispondenza dell’elaborato alla traccia fornita, dell’aderenza delle soluzioni prospettate ai principi e alle norme dell’ordinamento giuridico, del rispetto delle tecniche redazionali che assistono la formazione degli atti notarili e della corrispondenza delle soluzioni all’interesse delle parti.
8.1. Il verbale n. 7/2011 ha inoltre stabilito che:
“…l’esame degli elaborati possa terminare anche prima della correzione del terzo elaborato, e comunque di dover dar luogo a giudizio negativo, nell’ipotesi in cui nella correzione di uno qualsiasi degli elaborati si verifichi una delle seguenti circostanze:
1) errata interpretazione, ovvero comunque travisamento della traccia, tali da far pervenire il candidato alla formulazione di un atto che non realizza le finalità pratiche indicate dalle parti;
2) contraddittorietà tra le soluzioni adottate, ovvero tra esse o una di esse, e le relative ragioni giustificative; mancanza di adeguata giustificazione delle soluzioni adottate;
3) omessa trattazione di argomenti richiesti in parte teorica ovvero gravi carenze emergenti nella trattazione degli stessi;
4) gravi, non occasionali, errori di grammatica o di sintassi”.
Ciò facendo, la Commissione, in adempimento del disposto di cui all’art. 11, comma 7 del d.lgs. 24 aprile 2006, n. 166, provvedeva ad individuare criteri specifici alla stregua dei quali considerare la presenza di “nullità o gravi insufficienze”, tali da postulare un giudizio di inidoneità preclusivo del giudizio finale complessivo sin dalla lettura del primo elaborato, oppure a seguito della correzione del secondo elaborato.
Ne consegue che, anche in relazione a tale categoria di criteri, le determinazioni assunte dalla Commissione nel citato verbale, ponendosi peraltro a completamento delle linee direttive espresse con la sopracitata griglia generale di criteri, appaiono ampiamente idonee ad orientare la stessa nella correzione degli elaborati.
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