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3.4. Nel caso di specie, con il motivo riproposto il dott. Ca. lamenta:
– per un verso, che “le sottocommissioni presso la Corte di Appello di Bari hanno prima individuato i tre elaborati di ogni candidato e poi li hanno inseriti in una busta a cui hanno assegnato un numero, tanto che ad ogni candidato corrisponde una busta numerata” e, poi, “le sottocommissioni presso la Corte di Appello di Firenze, prima di valutare ogni elaborato, erano consapevoli del numero della busta”, di modo che “la correzione degli elaborati non è quindi avvenuta in modo anonimo, regola che sarebbe stata rispettata, ad esempio, nel caso la sottocommissione di Firenze fosse venuta a conoscenza del numero identificativo dopo le operazioni di correzione”;
– per altro verso che, “anche se lo svolgimento di dette operazioni possa essere avvenuto in conformità a quanto dispone l’art. 22, co. 4, r.d. n. 37 del 1934, che prevede il rimescolamento delle “buste stesse prima di apporvi il predetto numero progressivo”, sussiste in ogni caso il pericolo di segnalazione di alcune buste nonostante il rimescolamento, le quali sono comunque individuate e non anonime”. Pertanto, secondo la parte, “la procedura seguita dalle sottocommissioni viola in ogni caso la regola dell’anonimato perché l’ìndicazione di un numero riconducibile ad un singolo candidato determina il pericolo di segnalazione di alcune buste; di tal guisa detta procedura, pur conforme al r.d. n. 37 del 1934, viola direttamente la prescrizione dell’art. 97 Cost. con riferimento all’imparzialità dell’amministrazione”.
Solo successivamente (memoria del 2 maggio 2017), l’appellato precisa che la violazione della regola dell’anonimato dipenderebbe dal fatto che la III sottocommissione di Firenze “avrebbe dovuto venire a conoscenza del numero identificativo solo dopo l’apertura della busta e le relative operazioni di correzione”, ma ciò non è avvenuto perché “la commissione a Bari ha inserito sulla e non nella busta il numero progressivo, violando radicalmente la procedura e, quindi, la regola dell’anonimato”.
In definitiva, da un lato si lamenta in via generale la “insufficienza” della procedura, come disciplinata dall’art. 22, co. 4, r.d. n. 37/1934, a garantire l’imparzialità; dall’altro lato, si lamenta una non conformità di quanto in concreto effettuato dalle sottocommissioni proprio in riferimento al predetto art. 22, co. 4.
Quanto al primo aspetto, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato l’adeguatezza della procedura di cui all’art. 22 r.d. n. 37/1934 (v. Cons. Stato, sez. IV, n. 558/2017 cit.) a preservare la regola dell’anonimato.
Quanto agli aspetti specifici, ciò che il candidato lamenta non è l’omissione del cd. “rimescolamento”, ovvero l’attribuzione del numero alla busta “finale” dopo avere staccato i tagliandi dalle singole buste, ma il fatto che l’attribuzione stessa di un numero alla busta rende quest’ultima potenzialmente “attribuibile” ad uno specifico candidato, così violandosi la regola dell’anonimato, e ciò a maggior ragione se il numero è apposto all’esterno (“sulla” busta) e non all’interno (“nella” busta).
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