Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 10 gennaio 2018, n. 90. Le fasce di rispetto individuano dunque le distanze minime a protezione del nastro stradale dall’edificazione e coincidono con le aree esterne al confine stradale finalizzate alla eliminazione o riduzione dell’impatto ambientale

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Avverso tale decisione, ha proposto appello il sig. Ma., deducendo un solo, complesso mezzo di gravame:
1) Error in judicando. Erroneità, illogicità, insufficienza della motivazione, errore sui presupposti, ingiustizia manifesta.
L’errore in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado è quello di avere sottovalutato il fatto che egli svolge principalmente l’attività di manutenzione e soccorso stradale immediato la quale, alla stregua della Circolare n. 5980/1970, rientra tra quelle assentibili nell’area di interesse, tant’è che egli è già stato autorizzato e tuttora prosegue a svolgere in tale zona la propria occupazione.
L’intervento proposto, comunque, rimarrebbe soltanto un intervento di ammodernamento e messa in sicurezza della struttura preesistente, risultando funzionale alla sola attività di soccorso stradale, rispetto alla quale, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di prime cure, l’attività di custodia dei veicoli sequestrati assumerebbe carattere meramente secondario. Ciò, senza dire che il progetto prevede un maggiore arretramento dal ciglio stradale rispetto alle opere già assentite ed esistenti.
Si sono costituiti, per resistere, l’An. e il Comune di (omissis).
Quest’ultimo ripropone – in limine – quanto già dedotto in primo grado, ad integrazione della motivazione del provvedimento impugnato, ovvero che afferendo l’intervento in oggetto alla demolizione di manufatti per i quali, ancora oggi, risulta pendente il procedimento di condono edilizio ai sensi della l. n. 724/94, nonché alla conseguente realizzazione di un nuovo impianto produttivo, fino alla definizione di tale procedimento non è comunque possibile rilasciare alcun permesso
Nel merito, sottolinea che l’intervento progettato non può essere assimilato ad un “impianto per la gestione della rete stradale”, trattandosi di un vero e proprio impianto produttivo di dimensioni rilevanti, comprendente un complesso di manufatti destinati alla custodia dei veicoli, una serie di uffici per la gestione dei servizi, un deposito, una pensilina con pannelli fotovoltaici di circa 1.014 mq, e, soprattutto, un alloggio custode. Di fatto, le opere a realizzarsi risultano funzionalmente connesse all’attività di sequestro, custodia e confisca amministrativa.
In vista della pubblica udienza del 14.12.2017, il sig. Ma. ha depositato una memoria, replicando ai rilievi del Comune in ordine alla pendenza dell’istanza di condono (che, invece sarebbe intervenuto da tempo, come si ricaverebbe dai documenti 8 e 9 del fascicolo di primo grado) e ribadendo le proprie argomentazioni e conclusioni.
L’appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 14.12.2017.
2. In via preliminare, è bene precisare che – nonostante alcuni fugaci cenni contenuti nella parte in fatto – non sono stati espressamente e specificamente riproposti i motivi del ricorso di primo grado assorbiti dal TAR, così come invece richiesto dall’art. 101, comma 2, nonché dall’art. 40, comma 1, lett. d) c.p.a., applicabile al processo d’appello in virtù del rinvio c.d. interno di cui all’art. 38 del codice (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. sez. III, 12/07/2017, n. 3427).
La riproposizione in appello di “tutte le domande e le eccezioni, in rito ed in merito, sollevate nel giudizio di primo grado”, assorbiti o non esaminati dal Tar, è onere che va assolto mediante richiamo specifico dei motivi già articolati con il ricorso di primo grado, così da consentire alle controparti di esercitare con pienezza il proprio diritto di difesa e, al giudice dell’appello, di avere il quadro chiaro del thema decidendum devoluto nel giudizio di secondo grado, sul quale egli è tenuto a pronunciarsi; di conseguenza un rinvio indeterminato alle censure assorbite ed agli atti di primo grado che le contenevano, privo della precisazione del loro contenuto, è inidoneo ad introdurre nel giudizio d’appello i motivi in tal modo (solo genericamente e/o ambiguamente) richiamati (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. IV, 31 agosto 2016, n. 3735).
Nel caso di specie, il tema devoluto in appello rimane quindi limitato a quello dell’assentibilità dell’intervento progettato in relazione alla sua pretesa funzionalizzazione all’attività di soccorso immediato degli utenti della strada (che il sig. Ma. afferma essere la sua attività principale), per effetto del sovraordinato quadro normativo quale interpretato dalle disposizioni contenute nella circolare 30 dicembre 1970, n. 5980, dell’allora Ministero dei Lavori Pubblici.
2.1. Nel merito, l’appello è infondato e deve essere respinto.
E’ inutile quindi indugiare sulla questione – riproposta in appello dal Comune di (omissis) – relativa all’asserito, perdurante carattere abusivo dell’intervento cui si riferisce l’istanza di p.d.c. in esame.

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