Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 23 maggio 2017, n. 2412

L’omessa traduzione dei provvedimenti in lingua conosciuta dallo straniero rende nulli i provvedimenti impugnati non essendo superabile dalla traduzione in lingua nota alla maggioranza della popolazione del paese di origine, senza motivare che essa sarebbe nota anche all’interessato

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 23 maggio 2017, n. 2412

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1979 del 2017, proposto da:

Ab. Kh. Sa., rappresentato e difeso dagli avvocati Si. Gi., Ro. Or., con domicilio eletto presso lo studio Si. Gi. in Roma, via (…);

contro

Ministero Interno, Questura Bergamo, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza breve del T.A.R. Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 378/2017, resa tra le parti, concernente un diniego del rinnovo del permesso di soggiorno per richiesta di asilo;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2017 il Cons. Pierfrancesco Ungari e udita per l’appellante l’avvocato Si. Gi., per sé e per Ro. Or.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Si discute della giurisdizione sull’impugnazione dei decreti con cui la Questura di Bergamo, in data 1 febbraio 2017, ha archiviato la richiesta di rinnovo del permesso soggiorno presentata dall’odierno appellante (ex art. 11, comma 1, lettera a), del d.P.R. 349/1999 – vale a dire per “richiesta di asilo, per la durata della procedura occorrente, e per asilo”), e, in data 1 aprile 2017, gli ha ordinato di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni.

2. L’odierno appellante, pendente dinanzi alla Corte d’appello di Brescia il suo ricorso avverso il diniego di protezione internazionale emesso dalla Commissione territoriale, ha impugnato i decreti del Questore dinanzi al TAR di Brescia.

3. Il TAR di Brescia, con la sentenza appellata (I, n. 378/2017), ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione ex art. 11, comma 2, cod. proc. amm., sottolineando il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. Civ. SS.UU. n. 19393/2009 e n. 11535/2009; Cons. Stato, III, n. 4324/2014, n. 1398/2014, n. 2524/2013 e n. 4714/2012) secondo il quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sull’impugnazione del provvedimento del Questore di diniego e/o revoca del permesso di soggiorno per motivi umanitari ex art. 5, comma 6, del d.lgs. 286/1998, in caso di rigetto, da parte della Commissione Territoriale competente, della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato (a partire dal 20 aprile 2005, data dalla quale trova applicazione la disciplina dettata dall’art. 1-quater del d.l. 416/1989, conv. nella legge 39/1990, introdotto dall’art. 32, comma 1, lett. b), della legge 189/2002 – tuttora vigente, in quanto l’art. 40 del d.lgs. 25/2008 ha abrogato esclusivamente l’art. 1 quater, cit., e non anche l’art. 32, comma 1, lett. b), citt.).

4. Il TAR ha poi precisato che l’impugnazione del provvedimento questorile 1 febbraio 2017 Cat. Q2/2-IMM/2017/RL (di archiviazione della richiesta di permesso di soggiorno per richiesta di asilo), spetta alla Corte d’Appello di Brescia, essendo essa già investita della controversia in ordine al diniego di protezione internazionale espresso dalla Commissione territoriale; mentre quella del provvedimento questorile 1 aprile 2017 Cat.2^/IMM/2017/PA, che è meramente esecutivo del provvedimento prefettizio di espulsione emesso contestualmente al precedente, spetta al Giudice di Pace di Bergamo (dinanzi al quale, secondo lo stesso ricorrente, è stata impugnata l’espulsione).

5. Infine, il TAR ha respinto l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

6. Nell’appello, vengono prospettate le censure appresso sintetizzate.

6.1. La sentenza Cass. SS.UU. n. 19393/2009, posta dal TAR a fondamento della pronuncia, afferma che la disciplina dell’art. 32 della legge 189/2002 si applica dalla data del 20 aprile 2005, mentre per le richieste di riconoscimento proposte anteriormente si applica la disciplina previgente.

Ma detta pronuncia si riferisce ad una domanda anteriore alla predetta data; viceversa, le sentenze delle SS.UU. n. 22217/2006 e n. 12976/2016, invocate nel ricorso, si riferiscono alla disciplina oggi vigente, ed affermano chiaramente la distinzione tra la giurisdizione del giudice ordinario sui provvedimenti di espulsione, e quella del giudice amministrativo sui provvedimenti del Questore in materia di titoli di soggiorno.

6.2. I provvedimenti del Questore di Bergamo sono manifestamente erronei in quanto basati sul falso presupposto che il giudizio presso la Corte d’appello di Brescia sia stato definito, mentre è ancora in corso ed è stato provato dinanzi al TAR.

6.3. La omessa traduzione dei provvedimenti in lingua conosciuta dallo straniero (il wolof) rende nulli i provvedimenti impugnati (cfr. in ordine al decreto di espulsione, sulla base dell’art. 13, comma 7, del d.lgs. 286/1998, Cass., VI, n. 18268/2016) non essendo superabile dalla traduzione in lingua francese, in quanto nota alla maggioranza della popolazione del paese di origine (Senegal), senza motivare che essa sarebbe nota anche all’interessato (cfr. Cass., n. 22145/2016, relativamente ad un caso analogo concernente la Tunisia).

7. L’appellante ribadisce la richiesta di ammissione al patrocinio gratuito.

8. L’appello è manifestamente infondato.

8.1. Il Collegio non può che ribadire l’orientamento cui ha aderito la sentenza appellata, secondo il quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sull’impugnazione del provvedimento del questore di diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari, richiesto ex art. 5, comma 6, del d.lgs. 286/1998, all’esito del rigetto, da parte della Commissione territoriale competente, della domanda di riconoscimento dello “status” di rifugiato, in quanto, nel quadro delineato dall’art. 32 del d.lgs. 25/2008, di attuazione della Direttiva 2005/85/CE, le Commissioni territoriali sono espressamente tenute, quando non accolgano la domanda di protezione internazionale, a valutare, per i provvedimenti di cui all’art. 5, comma 6, cit., le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali, mentre al questore non è più attribuita alcuna discrezionalità valutativa in ordine all’adozione dei provvedimenti riguardanti i permessi umanitari; ciò in coerenza con il rilievo che la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo, da annoverarsi tra i diritti umani fondamentali garantiti dagli art. 2 Cost. e 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e, pertanto, non degradabile ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, cui può demandarsi solo l’accertamento dei presupposti di fatto legittimanti la protezione umanitaria, nell’esercizio di una mera discrezionalità tecnica, essendo il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate riservato al legislatore (cfr., oltre alle sentenze citate dal TAR, recentemente, Cass. Civ. SS.UU. n. 5059/2017; Cons. Stato, III, n. 3825/2015 e n. 4413/2014).

8.2. Non intaccano tale conclusione le pronunce invocate dall’appellante.

Infatti, la questione della successione delle diverse discipline nel tempo appare del tutto irrilevante, poiché la controversia in esame, in quanto originata dal diniego di un’istanza di permesso di soggiorno presentata dall’appellante alla Questura di Bergamo in data 15 settembre 2015, rientra pacificamente nell’ambito temporale di applicabilità della disciplina suddetta, nella formulazione vigente.

D’altro canto, le sentenze della Cassazione n. 22217/2006 e n. 12976/2016, riguardano la diversa problematica della distinzione della giurisdizione tra le impugnazioni dei provvedimenti relativi al titolo di soggiorno e quelli di espulsione dello straniero (peraltro, anch’essa ormai oggetto di orientamento consolidato), che non riguarda la controversia in esame.

8.3. Appare altresì irrilevante ogni considerazione sullo stato del giudizio dinanzi al giudice ordinario, che potrebbe anche risultare travisato nel provvedimento impugnato, ma non certo nella sentenza appellata, dove anzi lo stato del giudizio viene rimarcato (§ 7, che richiama i § 6.3. e 6.4.), e che comunque non appare tale da poter incidere sulla giurisdizione.

9. Non può essere valutata, in quanto attinente al merito, la censura che fa leva sulla omessa traduzione in una lingua conosciuta dallo straniero (circostanza la cui rilevanza, peraltro, in linea di principio viene dal giudice amministrativo limitata alla decorrenza del termine di impugnazione).

10. Nulla per le spese, in assenza di costituzione di controparte.

11. Considerato che la decisione è basata su giurisprudenza consolidata, la sentenza va confermata, anche per quanto concerne il diniego di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando la declinatoria della giurisdizione disposta dalla sentenza appellata.

Nulla per le spese.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari – Presidente

Raffaele Greco – Consigliere

Massimiliano Noccelli – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore

Stefania Santoleri – Consigliere

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