Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 23 maggio 2017, n. 2415

E’ legittimo il diritto di un componente del consiglio di istituto e della giunta di ottenere copia di precisi atti di entrambi gli organi, in riferimento a riunioni cui aveva partecipato, per poterne disporre ai fini di una più attenta verifica, atteso che l’approfondimento può aver luogo non necessariamente in occasione delle riunioni cui partecipa e in sede di apposizione della firma

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 23 maggio 2017, n. 2415

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.

sul ricorso numero di registro generale 4386 del 2016, proposto da: Pi. Me., rappresentato e difeso dall’avvocato Re. La., con domicilio eletto presso lo studio Al. Bi. in Roma, via (…);

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., Istituto Au. Co. Ma. Te. di Ca., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE VI n. 01996/2016, resa tra le parti, concernente diniego accesso agli atti del consiglio si istituto per il triennio 2013-2015

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Istituto Au. Co. Ma. Te. di Ca.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati Re. La. e Fe. Ba. dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

1.Pi. Me., nella qualità di componente del consiglio dell’istituto sc. “Ma. Te. di Ca.”, propose istanza di accesso agli atti del consiglio, relativi al triennio precedente alla nomina (verbali, delibere e allegati; mandati di pagamento e relative fatture).

Il dirigente scolastico espresse diniego, stante il difetto di esplicitazione dell’interesse concreto e si riservò di rivalutare l’istanza in esito a tale esplicitazione.

2. Il Tar adito rigettò il ricorso con la sentenza, indicata in epigrafe.

Il primo giudice, facendo applicazione degli artt. 22 e 24 della legge n. 241 del 1990, ha messo in evidenza la mancata esplicitazione nella richiesta di un interesse, serio, personale, concreto, non emulativo. Ha escluso il diritto all’accesso finalizzato ad un controllo generalizzato delle amministrazioni pubbliche. Ha ritenuto non applicabile alla specie l’art. 43 del dlgs. n. 267 del 2000, concernente i consiglieri comunali, trattandosi di fattispecie ontologicamente differenti.

3.Avverso la suddetta sentenza il Me. ha proposto appello. Riprendendo la tesi sostenuta dinanzi al Tar, lamenta la mancata considerazione della specifica qualità dell’istante: non quivis de populo, ma componente di un organo collegiale della P.A. Secondo l’appellante, il rapporto specifico con l’amministrazione, derivante dalla qualità di componente dell’organo collegiale, sarebbe in sé sufficiente a superare il divieto del controllo generalizzato dell’attività amministrativa e non vi sarebbe la necessità di dedurre alcuna concreta ragione e alcun specifico interesse.

La tesi, che avrebbe trovato anche delle conferme giurisprudenziali, si fonderebbe: – sull’art. 10 del dlgs n. 297 del 1994, che ricomprende tra le funzioni del consiglio di istituto l’approvazione del programma annuale proposto dalla giunta esecutiva (bilancio di previsione e del conto consuntivo), con conseguente interesse a disporre degli atti (del consiglio precedente) per una attenta verifica e per studi ed approfondimenti; – su una nota del ministero n. 1404 del 21 maggio 1980, dove si prevede che gli atti degli organi collegiali sono a disposizione dei membri; il possibile rilascio di copia in relazione alle funzioni che sono chiamati a svolgere.

4. Le amministrazioni appellate hanno argomentato per il rigetto dell’appello.

Hanno sostenuto che, anche nel caso di componente di un organo collegiale, è indefettibile la dimostrazione di un interesse specifico. Altrimenti, si legittimerebbe l’accesso generale in funzione del ruolo ricoperto a tutti i componenti degli organi collegiali della P.A., introducendo uno strumento di controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione. D’altra parte, sostengono, proprio la mancata motivazione dell’istanza e la mancata specificazione del nesso con la funzione esercitata, tradisce la finalità esplorativa e di controllo ex post sull’operato del consiglio di istituto precedente.

5.L’appello è privo di pregio e va rigettato.

La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione degli artt. 22 e 24 della legge n. 241 del 1990, rispetto ad una istanza di accesso mancante della specificazione di un interesse concreto, avanzata da un componente di un organo collegiale della scuola in riferimento alla attività svolta dallo stesso organo nella precedente composizione.

Infatti, riconoscere, come chiede l’istante, un diritto di accesso indistinto alla documentazione dell’attività collegiale svolta dallo stesso organo nel mandato precedente, fondato sulla qualifica di componente dell’organo svolgente le stesse funzioni, significherebbe ammettere un atipico e nuovo controllo generalizzato, tradendo e snaturando la funzione stessa del diritto di accesso, per come voluto dal legislatore e vivente nella interpretazione della giurisprudenza.

5.1. In questa direzione vanno anche le pronunce richiamate dall’appellante.

5.1.1.Infatti, questo Consiglio ha ritenuto legittimo il diritto di un componente del consiglio di istituto e della giunta di ottenere copia di precisi atti di entrambi gli organi, in riferimento a riunioni cui aveva partecipato, per poterne disporre ai fini di una più attenta verifica, atteso che l’approfondimento può aver luogo non necessariamente in occasione delle riunioni cui partecipa e in sede di apposizione della firma (CdS, VI, n. 3042 del 2005 e, ancora prima, ibidem, n. 7283 del 2003).

All’evidenza, si tratta di un principio non applicabile alla specie, atteso che la decisione riguarda una richiesta di atti specifici, alla cui deliberazione il richiedente aveva partecipato.

5.1.2. Lontane dalla specie ora esaminata, sono poi le altre due sentenze richiamate dall’appellante. Laddove si riconosce ad un componente del collegio dei docenti, il diritto di conoscere la delibera del consiglio di istituto contenente i criteri di attribuzione delle classi ed il parere espresso per l’attribuzione dei docenti alle classi (Tar Sicilia n. 155 del 2007). Dove si decide il caso di un genitore componente del consiglio di istituto, che richiede di prendere visione di atti relativi a compensi del personale erogati sul fondo scolastico, vantando l’interesse qualificato dell’approvazione del rendiconto contabile (Tar emilia romagna n. 820 del 2001).

6. Le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore delle amministrazioni appellate, degli onorari, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre accessori come per legge, e spese prenotate a debito. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Marco Buricelli – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere

Dario Simeoli – Consigliere

Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore

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