Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 10 aprile 2015, n. 1841

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8058 del 2009, proposto da:

Mo.Ma., rappresentato e difeso dall’Avv. Lu.Ro., del Foro di Rovereto, con domicilio eletto presso l’Avv. Fr.Va. in Roma, Via (…);

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via (…);

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. – DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00185/2009, resa tra le parti, concernente diniego del rinnovo del permesso di soggiorno

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 marzo 2015 il Cons. Massimiliano Noccelli e udito, per il solo Ministero appellato, l’Avvocato dello Stato Pa.Sa.;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il sig. Mo.Ma., cittadino marocchino regolarmente residente in Italia sin dal 28.5.2002, ha richiesto alla Questura di Trento il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, ma la Questura, con decreto n. Cat. A.11.2008/84/Imm., ha rigettato la sua richiesta sul rilievo che egli fosse stato condannato per traffico di sostanze stupefacenti.

2. Contro tale provvedimento l’interessato ha proposto ricorso al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, lamentando la violazione dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. 286/1998 e, più in particolare, la mancata considerazione dei legami familiari, e ne ha chiesto l’annullamento.

3. Nel giudizio di primo grado si è costituita l’Amministrazione appellata per resistere all’avversario ricorso.

4. Con sentenza n. 185 del 12.6.2009 il Tribunale ha respinto il ricorso, compensando le spese di lite.

5. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’interessato, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. 286/1998 da parte del primo giudice, e ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma.

6. Si è costituita, con mera memoria di stile, l’Amministrazione appellata.

7. Con ordinanza n. 5354 del 28.10.2009 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione.

8. Infine nella pubblica udienza del 5.3.2015, sentita la difesa erariale sola comparsa, la causa è stata assunta in decisione.

9. L’appello è infondato e va respinto.

9.1. Il T.R.G.A. di Trento ha respinto il ricorso dell’interessato ritenendo che le ripetute condanne, riportate da questi, per spaccio di sostanze stupefacenti, implicando una valutazione ex lege della sua pericolosità sociale, siano ostative al rinnovo del permesso di soggiorno e, altresì, indicative di un mancato inserimento sociale che attesta la non meritevolezza della sua permanenza nel Paese, che pure gli ha consentito di studiare e di acquisire un diploma in una scuola ad indirizzo professionale.

9.2. Il primo giudice, inoltre, ha valutato come del tutto irrilevante la situazione dei suoi vincoli familiari, tenuto conto che non risulta che egli abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare (o che sia un familiare ricongiunto) e che in Italia è ospitato, a far data dal 3.7.2006, dallo zio paterno, con il consegno dei genitori che, però, risiedono in Marocco e ai quali non potrà ricongiungersi.

9.3. L’appellante ha tuttavia dedotto, in senso contrario, di avere importanti vincoli familiari in Italia e non solo con lo zio, ma anche con la zia e i cuginetti, e che il suo nucleo familiare sarebbe ormai in Italia e non in Marocco.

9.4. Inoltre, egli osserva, avrebbe riportato un solo precedente penale e non due, come si legge nel provvedimento questorile, e che gli sarebbe stata riconosciuta per tale fatto l’attenuante speciale della lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, che starebbe a dimostrare l’assenza di un’indole delinquenziale, risultando anzi, al contrario, che egli abbia conseguito la licenza media e il diploma di scuola professionale, con intraprendenza e volontà di inserirsi fattivamente nel mondo del lavoro.

10. Entrambi i rilievi, sui quali si basa l’unico motivo di gravame inerente alla violazione dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. 286/1998, sono infondati.

10.1. Quanto al primo, infatti, la giurisprudenza di questa Sezione è ormai costante nel ribadire che, come già accaduto in numerosi precedenti (v., sul punto, anche Cons. St., sez. III, 29.4.2014, n. 2205), la valutazione della pericolosità in concreto, da parte dell’autorità questorile, deve essere compiuta solo per quanti abbiano in Italia i legami familiari previsti dall’art. 29 del d. lgs. 286/1998, con esclusione di ogni altro vincolo di consanguineità, poiché, come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 202/2013, il superamento dell’automatismo espulsivo e la conseguente necessità di valutare tale pericolosità, che l’art. 5, comma 5, del d. lgs. 286/1998 riconosce in favore di chi abbia ottenuto un formale provvedimento di ricongiungimento familiare, può estendersi, pena l’irragionevole disparità di trattamento, solo a “chi, pur versando nelle condizioni sostanziali per ottenerlo, non abbia formulato istanza in tal senso”.

10.2. Se lo straniero, come nel caso di specie, non ha (o non ha allegato né provato di avere) alcuno dei legami familiari, espressamente e tassativamente previsti dall’art. 29 del d. lgs. 286/1998, che lo pongono nelle medesime condizioni sostanziali di chi avrebbe titolo ad ottenere formalmente il ricongiungimento, egli non può invocare l’applicazione dell’art. 5, comma 5, del medesimo d. lgs. 286/1998, anche dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 202/2013, né lamentarne la violazione da parte dell’autorità amministrativa che abbia fatto doverosa applicazione, in ipotesi di condanna penale, dell’automatismo espulsivo (Cons. St., sez. III, 12.11.2014, n. 5566).

10.3. Ne discende che, seppur con le esposte precisazioni, non è affetta da error in iudicando la sentenza che abbia ritenuto legittimo il provvedimento con il quale il Questore, in applicazione dell’automatismo espulsivo, abbia rifiutato il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato nei confronti dello straniero, non avente alcuno dei legami familiari previsti dall’art. 29 del d. lgs. 286/1998 e condannato, anche ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per uno dei reati previsti dall’art. 4, comma 3, del medesimo d. lgs. 286/1998.

10.4. La particolare gravità del reato posto in essere dell’odierno appellante e, in particolare, lo spaccio di sostanze stupefacenti – espressamente ricompreso tra quelli ostativi di cui all’art. 4, comma 3, del d. lgs. 186/1998 – osta nel caso di specie al rinnovo del permesso, come ha correttamente rilevato il Questore nel decreto impugnato e il T.A.R. nella sentenza gravata, essendo indice di una pericolosità sociale, presunta ex lege, che lascia fondatamente supporre il suo mancato inserimento nel tessuto sociale.

10.5. Mancato inserimento, occorre qui aggiungere a confutazione del secondo motivo di critica svolto nella censura, che è anche confermato nei fatti dal rilievo che, come risulta dal provvedimento di unificazione delle pene concorrenti adottato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento (doc. 14 fasc. ricorrente in prime cure), egli risulta essere stato condannato dal G.I.P. presso detto Tribunale una seconda volta nel novembre del 2007, per lo stesso tipo di reato, seppure in continuazione con la condanna precedentemente inflitta, appena cinque mesi prima, il 21.6.2007.

10.6. La continuazione applicata dalla Procura tra le due condanne, lungi dal dimostrare che il fatto di spaccio sia unico ed episodico, dimostra che l’interessato per ben due volte ha posto in essere condotte penalmente rilevanti, confermando, ove ve ne fosse bisogno, la corretta valutazione del T.R.G.A. di Trento circa la non meritevolezza della sua permanenza nel territorio nazionale.

10.7. A fronte di tali decisive considerazioni il fatto che il giudice penale gli abbia riconosciuto l’attenuante per la lieve entità del fatto, prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, è del tutto irrilevante o comunque, per la reiterazione delle condotte, recessivo nel caso di specie.

11. In conclusione, per le ragioni esposte, la sentenza impugnata merita piena conferma, dovendosi in toto respingere l’appello, né sussistono, d’altra parte, i presupposti per sollevare la questione di legittimità dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. 286/1998, pur prospettata dall’appellante, per la manifesta infondatezza della stessa, alla luce del diritto vivente formatosi in coerenza alla pronuncia n. 202/2013 della Corte costituzionale, sopra richiamata.

12. Le spese del presente grado di giudizio, attesa la gravità del caso e la solo formale costituzione del Ministero dell’Interno, possono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani – Presidente

Salvatore Cacace – Consigliere

Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore

Alessandro Palanza – Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere

Depositata in Segreteria il 10 aprile 2015.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *