Compravendita delle azioni di una società

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 giugno 2021| n. 17053.

In tema di compravendita delle azioni di una società, che si assume stipulata ad un prezzo non corrispondente al loro effettivo valore, senza che il venditore abbia prestato alcuna garanzia in ordine alla situazione patrimoniale della società stessa, il valore economico dell’azione non rientra tra le qualità di cui all’art. 1429, n. 2, c.c., relativo all’errore essenziale, essendo la determinazione del prezzo delle azioni rimessa alla libera volontà delle parti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha considerato priva di rilievo la circostanza che il valore delle azioni, oggetto della cessione, fosse inferiore al corrispettivo pattuito, a causa dell’esistenza di debiti non dichiarati nel bilancio pubblicato).

Ordinanza|16 giugno 2021| n. 17053. Compravendita delle azioni di una società

Data udienza 4 dicembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita di beni societari – Trasferimento di quote societarie – Risoluzione del contratto – Acquisito dello status di socio – Debiti sociali non dichiarati – Interpretazione dell’art. 1429 co. 2 c.c. – Assenza espressa di clausole di garanzia – Libera volontà delle parti – Errore determinato dal consenso – Operatività della buona fede contrattuale – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 4571-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS)O;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1796/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 22/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.

Compravendita delle azioni di una società

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Jose’ GARAY, con ricorso ex articolo 702-bis c.p.a., evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bergamo, (OMISSIS) chiedendo la risoluzione del contratto di trasferimento di quota societaria stipulato fra le parti il 19.11.2012 per inadempimento grave dell’intera obbligazione di pagamento da parte dell’acquirente, con tutti gli effetti di cui all’articolo 1418 c.c. oltre ai danni, che -nella resistenza del convenuto, il quale deduceva l’esistenza di debiti sociali non dichiarati – veniva accolta.
In virtu’ di appello interposto da (OMISSIS), la Corte di appello di Brescia, nella resistenza dell’appellato, con sentenza n. 1796/2018, in parziale accoglimento del gravame, confermava la pronuncia di risoluzione del contratto di cessione della quota sociale (OMISSIS) s.n.c. per inadempimento grave dell’acquirente, escludendo pero’ l’effetto ripristinatorio delle posizioni in mancanza di una specifica ed espressa domanda dell’appellato in tal senso.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione l’originario convenuto, fondato su tre motivi.
(OMISSIS) e’ rimasto intimato.
Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore del ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
In prossimita’ dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato il deposito di memoria illustrativa.
Atteso che:
– con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1440 e 1175 c.c. – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 – per avere il ricorrente formulato sin dall’atto di citazione in primo grado domanda di condanna al risarcimento del danno per dolo incidente per avere il cedente dolosamente taciuto l’esistenza di debiti in sede di trattative che avrebbero inciso sulla determinazione del prezzo di vendita dell’azienda. Diversamente la Corte territoriale ha ritenuto insussistente la responsabilita’ precontrattuale nel caso di specie per essere il cedente comunque solidalmente responsabile per i debiti antecedenti alla cessione, senza tenere in alcun conto che la responsabilita’ risarcitoria ex articolo 1440 c.c. sarebbe ricollegabile all’articolo 1337 c.c. a prescindere dalla infondatezza della eccezione proposta ex articolo 1460 c.c.. Di seguito il ricorrente formula elenco delle posizioni debitorie a suo dire sottaciute dalla controparte.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce l’omessa pronuncia ex articolo 112 c.p.c. quale error in procedendo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, per avere la corte di appello erroneamente ritenuto assorbito ogni motivo di impugnazione con il rigetto della domanda ex articolo 1460 c.c., per essere differenti i presupposti per la domanda risarcitoria ex articoli 1440 e 1175 c.c..
Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1460 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 Infatti il socio cessionario ben poteva sospendere il pagamento del prezzo atteso che dopo la stipula del contratto di cessione delle quote si era palesata l’esistenza di debiti il cui ammontare era “di molto superiore rispetto a quello dichiarato dal cedente”.
I tre motivi – da trattare unitariamente per la evidente connessione argomentativa che li avvince – non possono trovare ingresso per essere manifestamente infondati.
Va premesso che in materia di compravendita delle azioni di una societa’, che si assuma stipulata ad un prezzo non corrispondente al loro effettivo valore, senza che il venditore abbia prestato alcuna garanzia in ordine alla situazione patrimoniale della societa’ stessa, il valore economico dell’azione non rientra tra le qualita’ di cui all’articolo 1429 c.c., n. 2, relativo all’errore essenziale (Cass.29.8.1995 n. 9067). Occorre a tal fine tenere presente l’oggetto della causa, vale a dire la compravendita delle azioni di una societa’, che si assume stipulata ad un prezzo che non corrispondeva al loro effettivo valore – non interessa, in questa ottica, se cio’ sia dipeso da false informazioni sociali nell’ipotesi in cui il venditore non abbia prestato alcuna garanzia in ordine alla situazione patrimoniale della societa’.
La soluzione del problema si sposta, quindi, dal piano societario a quello dell’esame del contratto di compravendita – che pure abbia ad oggetto azioni di una societa’ – secondo i comuni principi inerenti alla vendita, nella quale non sia prestata alcuna garanzia particolare da parte del venditore.
I principi dettati in materia non mutano per il solo fatto che si tratta della vendita di azioni di societa’.
Sotto il profilo dell’errore, la circostanza che il bilancio della societa’ pubblicato prima della vendita sia falso e nasconda quella situazione in forza della quale si deve applicare la disciplina in materia di riduzione e perdita del capitale so’ciale non implica il riferimento ad una qualita’ delle azioni nel senso di cui all’articolo 1429 c.c., n. 2. Tale norma fa riferimento a due elementi: il comune apprezzamento o il riferimento alle circostanze.
Il primo profilo tiene conto della tipica destinazione economica della cosa, e cioe’ la sua destinazione oggettiva a realizzare il tipico scopo del contratto prescelto.
Deve, pertanto, trattarsi di caratteristiche inerenti alla cosa, che non consentono margini di opinabilita’, in quanto non dipendono da una valutazione estimativa, e cioe’ da un criterio di apprezzamento del bene, alla stregua della pura e semplice “convenienza” dell’affare, nell’economia di una delle parti.
Diversamente opinando, si fornirebbe tutela ad un’errata applicazione dell’autonomia contrattuale, e cioe’ ai motivi che inducono a contrattare, nonche’ alle personali valutazioni, di cui ciascun contraente deve assumersi il rischio.
Infatti, se per comune apprezzamento dovesse intendersi il prezzo che l’insieme degli operatori, e cioe’ il mercato di quel tipo di cose, attribuisce alle cose stesse, con riguardo alla vendita, l’articolo 1474 c.c. anziche’ applicarsi alle sole ipotesi dalla norma indicate, sarebbe di applicazione generalizzata, perche’ il difetto di coincidenza fra il prezzo di mercato od il giusto prezzo ed il prezzo contrattuale consentirebbe sempre la possibilita’ di annullare il contratto.
L’impossibilita’ di tutelare i meri errori di valutazione, che influiscono soltanto sul prezzo, dipende dalla stesso sistema dell’autonomia contrattuale che riserva alla sfera dei motivi individuali, ed irrilevanti, l’apprezzamento in ordine all’utilita’ dell’affare.
Con riguardo alle azioni di societa’, le qualita’ delle stesse che, secondo il comune apprezzamento, devono ritenersi determinanti del consenso, debbono, pertanto, limitarsi a quelle che attengono alla funzione tipica delle azioni predette, e cioe’ all’insieme delle facolta’ e dei diritti che esse conferiscono al loro titolare, nella struttura della societa’, senza alcun riguardo al valore di mercato di esse, quale puo’ risultare dal bilancio, dallo stato patrimoniale della societa’ e da tutti gli altri elementi che influiscono sul loro valore (Cass. 21 giugno 2006 n. 5773; Cass. 13 dicembre 2006 n. 26690). Proprio la varieta’ di detti elementi interni ed esterni – quali ad es. la possibilita’ di sviluppo dell’attivita’ economica, la congiuntura di mercato, l’appartenenza della societa’ ad un gruppo piuttosto che ad un altro – impedisce di inserire il valore economico dell’azione nell’ambito delle sue qualita’ nel senso di cui all’articolo 1429 c.c. ovvero, ai sensi dell’articolo 1497 c.c., quanto alla risoluzione per difetto di “qualita’” della cosa venduta. Il contraente che compra (o vende) le azioni, infatti, non puo’ essere esposto al rischio di veder annullato il negozio che ha concluso ad un prezzo concordato, mediante un’azione di annullamento che pretenda di basarsi su di una revisione del prezzo, tramite la revisione degli atti contabili, per dimostrare quello che non e’ altro che un errore di valutazione.
Ne’, in tale ambito, si puo’ distinguere fra le oscillazioni di valore che rientrano nell’ambito degli elementi discrezionalmente valutabili e quelle che dipendono dall’esistenza di circostanze tali da portare ad una modifica della funzionalita’ della societa’, quale e’ la perdita del capitale che impone la sua messa in liquidazione. Si tratta, infatti, di una differenza di “misura” che non incide sul contenuto giuridico delle azioni, quale titolo della partecipazione alla societa’. Si possono, infatti, ritenere rilevanti le caratteristiche che identificano le diverse categorie di azioni fornite di diritti diversi, ma non le utilita’ economiche – e cioe’ le aspettative di profitto – che l’acquirente di azioni si prefigge nella sua decisione di acquisto.
L’articolo 1429 c.c., n. 2, fa, inoltre, riferimento alle circostanze, e cioe’ non alle valutazioni soggettive del singolo contraente, ma alle caratteristiche concrete del contratto, nel quale possono rientrare dati di fatto e/o criteri di stima influenti sul valore della cosa venduta.
Ora, non puo’ dubitarsi che una cosa e’ la vendita di azioni, un’altra la vendita di beni della societa’ – contratti del tutto autonomi e distinti -, posto che diverso e’ il bene oggetto della compravendita.
In questa ottica, emerge, in maniera netta, la differenza tra vendita dell’azione – cui consegue l’acquisto della status di socio ed anche la misura della partecipazione del nuovo socio nella s.n.c. – e la vendita dell’intero patrimonio o di singoli beni della societa’. Infatti, solo in quest’ultimo caso, oggetto della vendita sono i beni della societa’, e, quindi, non possono non trovare applicazione le garanzie dovuta dal venditore, con riferimento al patrimonio sociale. Nella vendita di azioni, la disciplina giuridica, invece, si ferma all’oggetto immediato e, cioe’ all’azione oggetto del contratto, mentre non si estende alla consistenza od al valore dei beni costituenti il patrimonio, a meno che l’acquirente, per conseguire tale risultato, non abbia fatto ricorso ad un’espressa clausola di garanzia, frutto dell’autonomia contrattuale, che consente alle parti di rafforzare, diminuire, od escludere convenzionalmente la garanzia, in modo da ricollegare esplicitamente il valore dell’azione al valore dichiarato del patrimonio sociale.
Non esiste alcuna norma, infatti, che preveda, in ipotesi di vendita di azioni, il riferimento al dato dell’esattezza e della veridicita’ del bilancio, quale necessario parametro del valore reale delle azioni.
La conseguenza e’ che, anche nella compravendita delle azioni, in mancanza di specifiche garanzie, assunte dal venditore, la determinazione del prezzo delle azioni e’ rimessa alla libera volonta’ delle parti, con conseguente irrilevanza dell’errore in ordine al valore reale dell’azione.
Con riferimento, poi, al dolo, che puo’ comportare – secondo la giurisprudenza di legittimita’ l’annullamento del contratto in relazione ad ogni tipo di errore determinante del consenso (Cass.21 gennaio 1996 n. 5773; Cass. 5 febbraio 2007 n. 2479), deve precisarsi che non si nega in astratto la possibilita’ che la compravendita di azioni possa essere affetta dal vizio costituito dal dolo determinante, ma si precisa che il semplice mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della societa’ non sono da sole sufficienti. In sostanza, ricorre il dolus malus solo se, tenuto conto delle circostanze di fatto e delle qualita’ e condizioni dell’altra parte, il mendacio sia accompagnato da malizie ed astuzie volte a realizzare l’inganno voluto ed idonee in concreto a sorprendere una persona di normale diligenza.
Cio’ vuol dire che il dolo e’ rilevante, e la parte ingannata riceve protezione, soltanto se la buona fede non sia costituita da negligenza o da ignoranza.
Passando all’esame della fattispecie concreta, deve, in via preliminare, rilevarsi che il ricorrente indulge, nell’esposizione dei motivi, ad una “rivisitazione” nella ricostruzione dei fatti di causa che appartiene al giudice di merito e non e’ consentita in questa sede, se la motivazione e’ esente da vizi logici e giuridici. Infatti, i motivi di ricorso per cassazione, con i quali la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non possono essere intesi a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte.
In caso contrario, infatti, il motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, ovvero di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di Cassazione.
Al riguardo questa Corte ha chiarito, anche a Sezioni Unite, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. Un. 27 dicembre 2019 n. 34476; Cass. 8 novembre 2019 n. 28887).
In particolare le doglianze contenute nell’odierno ricorso, sotto l’apparente deduzione del vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realta’ verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui e’ originata l’azione, tralasciando di considerare che il fatto storico non puo’ identificarsi con il difettoso esame delle risultanze istruttorie.
In breve, la censura sottoposta trapassa il modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’articolo 360 c.p.c., n. 5, perche’ pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti, senza neppure confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza gravata.
Invero, il ricorso neanche deduce che vi siano state dichiarazioni mendaci od omissione sulla situazione patrimoniale della societa’ accompagnate da malizie e astuzie volte a realizzare l’inganno e a sorprendere una persona di normale diligenza, riferendo esclusivamente della consapevolezza della esistenza di ulteriori posizioni debitorie della societa’ da parte del cedente. E per tale ragione la Corte di merito ha ritenuto non legittimamente esercitata l’eccezione di cui all’articolo 1460 c.c. e per l’effetto ha ritenuto grave l’inadempimento del ricorrente relativo alla sospensione del pagamento del prezzo pattuito.
Di siffatta argomentazione il ricorrente non tiene alcun conto nelle censure qui formulate.
In conclusione, non puo’ trovare ingresso, anche alla luce del regime di sindacato minimale ex articolo 360 c.p.c., n. 5 novellato.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Non essendo state svolte difese dalla controparte rimasta intimata, non vi e’ pronuncia sulle spese processuali.
Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorsot
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1-qualer, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1 comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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