Compensazione dei crediti se e’ controversa l’esistenza del controcredito opposto

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 13 febbraio 2019, n. 4158.

La massima estrapolata:

In tema di compensazione dei crediti, se e’ controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro gia’ pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non puo’ pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perche’ quest’ultima, ex articolo 1243 c.c., comma 2, presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale e’ fatta valere, mentre non puo’ fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, resta pertanto esclusa la possibilita’ di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, ed e’ parimenti preclusa l’invocabilita’ della sospensione contemplata in via generale dall’articolo 295 c.p.c. o dall’articolo 337 c.p.c., comma 2, in considerazione della prevalenza della disciplina speciale dell’articolo 1243 c.c.

Ordinanza 13 febbraio 2019, n. 4158

Data udienza 14 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. Iannello Emilio – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25545/2016 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS), in persona del suo curatore pro tempore Avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania, n. 139/2016, pubblicata il 31 marzo 2016;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 dicembre 2018 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

RILEVATO IN FATTO

1. All’esito di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il Tribunale di Catania, sezione distaccata di Acireale, con sentenza dell’8/5/2012, revocato il decreto ingiuntivo in conseguenza del parziale accoglimento dell’opposizione, ha condannato l’opponente (OMISSIS) al pagamento in favore dell’opposta, (OMISSIS), dell’importo di Euro 14.300, quale corrispettivo per l’organizzazione di due ricevimenti, rigettando l’eccezione di compensazione parziale opposta dal (OMISSIS) con il credito da lui vantato per l’importo di Euro 12.500 in relazione ai canoni dovuti per la locazione dell’immobile nel quale si erano svolti i ricevimenti.
2. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Catania ha confermato tale decisione rilevando che “parte appellante, nell’invocare l’eccepita estinzione per compensazione dei due debiti, avrebbe dovuto dimostrare la sussistenza dei presupposti della prospettata compensazione volontaria, unica ipotesi di compensazione ravvisabile nella fattispecie, atteso peraltro che l’altro credito contestato (avente ad oggetto il pagamento dei canoni del contratto di locazione) non e’ suscettibile di compensazione legale, in considerazione della sua illiquidita’, ne’ di compensazione giudiziale, poiche’ potra’ essere liquidato soltanto in altro giudizio”.
Ha poi escluso potesse assumere rilevanza la scrittura transattiva del 19/6/2009 pure invocata dall’appellante, in quanto inammissibilmente prodotta solo in grado d’appello.
Ha infine ritenuto inammissibile il primo motivo di gravame “col quale – si legge in sentenza – l’appellante discetta(va) sul suo stesso comportamento stragiudiziale e su quello della (OMISSIS) (in tesi, n.d.r.) incompatibili con l’esistenza del credito vantato da quest’ultima”, in quanto “assolutamente generico ed inconducente”.
3. Avverso tale decisione (OMISSIS) propone ricorso per cassazione con due mezzi, cui resiste la curatela del fallimento intimato, depositando controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato:
1 – Violazione e falsa applicazione degli articoli 1241, 1242 e 1243 c.c., articoli 1218 e 2697 c.c., articolo 112 c.p.c., tutti con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Lamenta il ricorrente che i giudici d’appello, esaminando la “domanda di compensazione” (cosi’ testualmente in ricorso) principalmente sotto il profilo della compensazione volontaria, hanno erroneamente negato che potessero aver luogo la compensazione legale o quella giudiziale, senza tuttavia verificare la sussistenza dei relativi presupposti, rinvenibili – egli afferma – nella fattispecie in esame.
Rileva in particolare, quanto al requisito della liquidita’ del credito opposto in compensazione, che lo stesso doveva ritenersi provato con il deposito in giudizio del contratto di locazione dal quale risultava il debito medesimo, certo nel suo ammontare ed esigibile, non potendo di contro ascriversi ad esso opponente (come ritenuto dal primo giudice) l’onere anche di dimostrare il mancato pagamento del debito di controparte.
Soggiunge che, comunque, andava in subordine nella specie operata una compensazione giudiziale, sussistendone i presupposti: pur ritenendo il debito illiquido, la Corte territoriale – sostiene il ricorrente – avrebbe potuto infatti provvedere al suo accertamento ed alla sua liquidazione, avendo a disposizione tutti gli strumenti per potervi procedere.
2. Il secondo motivo e’ cosi’ rubricato:
2. – Violazione e falsa applicazione degli articoli 1252, 2727 e 2729 c.c., dell’articolo 1362 c.c., comma 2, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Lamenta il ricorrente che erroneamente e senza alcuna Motivazione la Corte d’appello ha ritenuto generico e inconducente, e pertanto inammissibile, il motivo di gravame (il primo) con il quale si iterava la prospettazione della rilevanza indiziaria di molteplici comportamenti delle parti rispetto all’obiettivo probatorio della sussistenza tra le parti di un accordo di compensazione tra i rispettivi debiti.
Soggiunge poi, quanto all’accordo transattivo, che indipendentemente dalla non ammessa produzione del relativo documento, il suo contenuto doveva ritenersi accertato, quale fatto pacifico tra le parti, all’esito dell’istruttoria espletata nel corso del giudizio di primo grado.
3. E’ inammissibile il primo motivo.
Dietro la prospettata valutazione di norme, si contesta la ricognizione della fattispecie concreta quale operata in sentenza.
Si desume infatti da questa, alla stregua di accertamento di fatto, che il credito opposto in compensazione era contestato in separato giudizio (la cui esistenza e’ peraltro incidentalmente ammessa dallo stesso ricorrente, nella illustrazione del secondo motivo).
L’assunto, posto a fondamento del ricorso, secondo cui invece sussistevano nella specie i presupposti della compensazione legale o, in subordine, di quella giudiziale, non si confronta con tale accertamento ovvero si risolve nella mera apodittica asserzione contraria della certezza e liquidita’ del credito.
Posti tali accertamenti fattuali, e’ appena il caso di soggiungere che la sentenza impugnata si conforma al principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte, secondo cui “in tema di compensazione dei crediti, se e’ controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro gia’ pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non puo’ pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perche’ quest’ultima, ex articolo 1243 c.c., comma 2, presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale e’ fatta valere, mentre non puo’ fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, resta pertanto esclusa la possibilita’ di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, ed e’ parimenti preclusa l’invocabilita’ della sospensione contemplata in via generale dall’articolo 295 c.p.c. o dall’articolo 337 c.p.c., comma 2, in considerazione della prevalenza della disciplina speciale dell’articolo 1243 c.c.” (Cass. Sez. U. 15/11/2016, h. 23225).
4. E’ altresi’ inammissibile il secondo motivo, per difetto di specificita’ e autosufficienza, in palese violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6.
Non viene specificato quando e quali atti siano stati acquisiti al giudizio idonei a dimostrare gli elementi fattuali di cui si lamenta la mancata considerazione, ne’ se e in che termini la questione sia stata dedotta nel giudizio di appello.
Peraltro gli elementi in questione, sommariamente descritti a pag. 17, primo capoverso, del ricorso, appaiono di assai dubbia rilevanza, se non addirittura in contraddizione con l’obiettivo dimostrativo perseguito (tra essi infatti menzionandosi anche il pagamento da parte della pretesa debitrice della “intera somma di Euro 30.000, senza eccepire il proprio presunto credito prima di rilasciare l’immobile”).
5. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
Ricorrono le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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